Settimane e mesi interi trascorsi senza sapere nulla della propria amata figlia, finita nelle mani di rapitori senza scrupoli in uno dei casi che ha più tenuto con il fiato sospeso l'opinione pubblica spagnola. L'incubo di questa ventiduenne ha inizio il 12 aprile del 1993, una data che rimarrà indelebile nella memoria non soltanto dei genitori, ma di una nazione intera che nonostante lo scorrere del tempo non perdette mai la speranza di ritrovarla ancora in vita.
Se volete sapere come sono andate esattamente le cose, questa nuova miniserie true-crime di tre episodi disponibile in esclusiva nel catalogo di Netflix vi darà tutte le risposte che stavate cercando. 900 giorni senza Anabel racconta infatti nelle tre ore circa totali di visioni il drammatico fatto di cronaca che ha visto sua malcapitata protagonista la studentessa universitaria Anabel Segura.
900 giorni senza Anabel: dal principio alla fine
L'inizio di ogni puntata ci ricorda come le numerose conversazioni telefoniche che ascoltiamo alternativamente nel resoconto di quanto avvenuto corrispondano a quelle reali, nelle quali i sequestratori chiedevano un ingente riscatto e dialogavano con il portavoce della famiglia, preoccupato e desideroso di sapere se la giovane fosse ancora viva al momento della chiamata. Una cifra monstre quella pretesa dai criminali, considerato anche il fatto che i coniugi Segura appartenevano sì alla classe agiata ma non erano certo in possesso di così tanto denaro.
Il caso si è complicato ulteriormente quando la stampa ci ha messo lo zampino, mandando all'aria quell'aura di segretezza che le forze dell'ordine avevano tentato di costruire intorno alla vicenda, anche al fine di non insospettire i rapitori che chiedevano con forza - ignari che le autorità fossero state già informate - di escludere categoricamente la polizia dalle indagini, pena gravi conseguenze per Anabel.
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Un tira e molla continuo
Un braccio di ferro estenuante quello che si gioca sulla linea telefonica - ai tempi niente cellulari o internet - e sul tentativo da parte degli investigatori di scoprire tramite la voce dei dettagli, che permettessero di risalire in qualche modo all'identità dei malviventi. Un'impresa investigativa che viene ripercorsa direttamente da alcuni dei reali protagonisti che lavorarono al caso e che lo ricordano come uno dei lavori più complessi ed estenuanti al quale abbiano mai lavorato.
Alle loro interviste si alternano vari filmati d'epoca e di repertorio, che ci mostrano la società spagnola allora contemporanea, con numerose manifestazioni di piazza a supporto della famiglia e un'apprensione generale da parte dell'opinione pubblica, con tanto di trasmissioni simil Chi l'ha visto - per la precisione l'omologa Quién sabe dónde - che in televisione ha cercato di dare una mano per una risoluzione positiva degli eventi. Questa particolare affezione da parte della gente comune era dovuta al fatto che ritenevano come quanto successo alla ragazza potesse accadere chiunque, anche per via di similitudini con rapimenti - o tentativi di - avvenuti in quegli anni.
Dritti alla verità
Ma con lo scorrere dei minuti della miniserie, che corrisponde metaforicamente a quello struggent, infinito, susseguirsi di giorni nella passata realtà, lo spettatore si carica di ansie e di aspettative che culminano poi nell'effettività di quanto avvenne, che naturalmente non vi spoileriamo. Tra sensitivi che hanno lucrato sul caso con presunte "illuminazioni divine", sciacalli che hanno tentato illeciti guadagni truffando la famiglia e parziali errori proprio da parte delle forze dell'ordine, che però non hanno mai mollato un secondo la loro ossessiva ricerca, 900 giorni senza Anabel è una produzione relativamente ligia al rispettivo genere, anche se come spesso in occasioni di questo tipo il rischio è di scavare nel torbido senza mantenere costante la necessaria sensibilità. Un'impressione che qui a tratti si fa più palese del previsto...
Conclusioni
Il rapimento di Anabel Segura per quasi due anni e mezzo ha tenuto l'opinione pubblica spagnola con il fiato sospeso, avvicinando la gente comune al dolore indicibile dei genitori che erano in ansia per le sorti della figliam rapita da chissà chi. Un true-crime che ci accompagna indietro nel tempo, in quell'aprile del 1993 dove tutto ebbe inizio e poi avanti per settimane e mesi, con le indagini della polizia e il dolore della famiglia che fluttuavano tra le varie chiamate dei rapitori e in quei lunghi periodi di silenzio, nella speranza che qualcosa si muovesse per risolvere il caso nel migliore dei modi. Tre ore di visione che sicuramente tengono alta l'attenzione ma non prive di passaggi più monotoni e gratuiti, che non sempre rendono i necessari giustizia e rispetto ai reali, malcapitati, protagonisti della vicenda.
Perché ci piace
- Un caso di cronaca di indubbia presa emotiva.
- Discreta tensione a tema.
Cosa non va
- Una narrazione disomogenea e che manca a tratti di sensibilità.