800 eroi, la recensione: resistenza e patriottismo nel film cinese campione d’incassi

La recensione di 800 eroi, il film cinese campione d'incassi del 2020, che racconta la resistenza di poche centinaia di soldati cinesi durante la battaglia di Shanghai del 1937.

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800 Eroi: un momento del film

Ci sono diversi aspetti che bisogna affrontare nella nostra recensione di 800 eroi, il film cinese diretto da Guan Hu e distribuito nelle sale italiane a partire dal 25 giugno grazie a Notorious Pictures, dopo il debutto al Far East Film Festival. Da un lato c'è l'aspetto drammaturgico: il racconto di sopravvivenza di un manipolo di soldati cinesi durante la battaglia di Shanghai del 1937, un semplice reggimento di poche centinaia di uomini che deve resistere il più a lungo possibile all'interno di un diroccato deposito per fermare l'avanzata giapponese. Poi c'è l'aspetto tecnico: la messa in scena e lo stile registico di Guan Hu, davvero preponderante, che riesce a creare una vera e propria esperienza bellica dove, più che le parole, contano le azioni. Infine, ma non meno importante, c'è l'aspetto propagandistico: il film, soprattutto nella seconda metà, svela definitivamente le carte e si trasforma in un manifesto che onora la patria, dove il singolo è invitato al sacrificio per rendere grande il proprio Paese, dove la guerra è una lotta da ricordare negli anni e il nemico è un avversario che va fieramente fermato. Sono tre aspetti che a volte brillano di luce propria e a volte si parlano e che rendono 800 eroi un film decisamente riuscito, ma forse un po' indigesto per il pubblico occidentale.

Deposito dell'ultima resistenza

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800 Eroi: un'immagine

Siamo a Shanghai nell'autunno del 1937. L'avanzata dell'esercito giapponese, durante la seconda guerra sino-giapponese, è inarrestabile e l'esercito cinese è costretto alla ritirata. Una piccola divisione di uomini, il 524esimo reggimento chiamato anche "Gli ottocento", è costretta a insediarsi nel deposito di Si Hang che sta ai confini della zona di guerra, sulle sponde del fiume Suzhou. Al di là del fiume si trovano le ricche concessioni internazionali, una zona franca dove la guerra non è mai arrivata (e non deve arrivare). Poche decine di metri dividono l'inferno bellico dal paradiso della ricchezza. Inizia così una lunga battaglia di resistenza dell'esercito cinese, che deve difendere il deposito dall'avanzata giapponese come simbolo di sostegno morale per il popolo cinese e, da non sottovalutare, una dimostrazione di forza che può tornare utile al governo per stimolare le trattative con gli alleati. La guerra avviene così sotto gli occhi dei civili che stanno dall'altra parte del fiume, una guerra "in diretta" che pian piano comincia a coinvolgere anche gli spettatori. Nel frattempo i soldati cinesi all'interno del deposito verranno messi costantemente alla prova, sia fisicamente che psicologicamente. In ballo non c'è solo la propria vita, ma l'immagine vittoriosa della Cina stessa.

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Un solo protagonista: la collettività

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800 Eroi: un'immagine del film

Sin dalle prime sequenze in cui il film prepara il terreno a quello che verrà lo spettatore è catapultato all'interno della narrazione che si concentra su un unico protagonista: la collettività. Similmente a quanto successo con Dunkirk di Christopher Nolan, i nomi dei singoli soldati passano velocemente in secondo piano. Nonostante qualche viso diventi ben riconoscibile nel corso della storia, è chiaro che l'interesse di Guan Hu sia rivolto verso l'insieme di persone e non verso l'individuo. Ecco allora che lo spettatore non è tenuto a seguire le vicende di un solo soldato che è costretto a vivere questa situazione, ma l'intero corpus di persone che non solo fanno parte dell'esercito cinese, ma pure sono spettatori stessi come civili. È una battaglia che coinvolge tutti, su diversi piani, ma che ha anche un unico obiettivo: la patria, la Storia, la memoria. Il singolo esiste solo nella misura in cui fa parte di un "noi". L'empatia che 800 eroi vuole stimolare nei confronti dello spettatore non è verso i nomi e i cognomi, ma verso il sentimento di appartenenza alla comunità. Non possiamo che rimanere parecchio sorpresi dal modo in cui il regista riesce a costruire e mettere in scena questa massa di persone. Che si tratti dei soldati durante le battaglie o dei civili che osservano dalla sponda opposta del fiume, si ha sempre l'impressione di un mondo vivo, pulsante, dove le comparse acquistano lo stesso valore di chi si pone in primo piano. Coadiuvato da un'ottima fotografia, lo stile di regia, composto spesso da una macchina da presa che segue e si fa strada lungo uno spazio enorme, passando da un personaggio all'altro, riesce a racchiudere al meglio questo senso collettivo. Un traguardo invidiabile se non fosse che il tutto viene spesso utilizzato a fini propagandistici.

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Tra spirito di resistenza e propaganda pura

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800 Eroi: una sequenza

Ci sono due anime che si confrontano all'interno di 800 Eroi. La prima è quasi umanitaria: affrontare la guerra senza filtri (e di momenti veramente violenti e tosti ce ne sono), mostrarne il lato peggiore e indugiare sulla paura dei soldati, sui loro momenti di incertezza, sugli addii e su quanto la retorica del sacrificio non riesca a fare sempre breccia nel loro cuore. La seconda, invece, fa proprio di quella retorica il suo cavallo di battaglia, evidenziando costantemente lo spirito patriottico e il fatto come la morte possa diventare anche necessaria se è per la Patria. L'equilibrio regge durante la prima ora di film, ma sbanda esageratamente nella seconda metà, quando la propaganda è talmente insistita che risulta, per noi che facciamo parte di un pubblico occidentale con una cultura diversa, sin troppo esagerata. È il maggiore difetto di un film (la cui durata generosa incide parecchio) che, invece, avrebbe tutti gli elementi necessari per elevarsi e riuscire ad emozionare in maniera molto più viscerale qualunque tipo di spettatore. Dedicato quasi esclusivamente al popolo cinese, il film sacrifica alcuni momenti di fortissimo impatto (la sequenza che ha a che fare con una bandiera da issare sarebbe davvero alto cinema) per diventare un'ode verso la Cina stessa. Sino ad arrivare alle didascalie finali che tradiscono un leggero astio non del tutto sopito verso "l'invasore" vantandosi delle cifre dei morti e dei feriti che l'esercito cinese ha inflitto valorosamente.

Conclusioni

Concludiamo la nostra recensione di 800 eroi davvero colpiti dalla messa in scena e dalla regia di Guan Hu. Il film cinese campione d’incassi ha una durata molto generosa, ma è pieno d’azione e sa come catapultare lo spettatore all’interno di una guerra di resistenza. Interessato alla collettività più che al singolo, 800 eroi riesce a coinvolgere anche attraverso scene di massa davvero riuscite. Per questo appare molto ostico riuscire a superare tutta l’enorme campagna di propaganda patriottica che il film sprigiona senza limiti, anche mettendo in secondo piano un più semplice e riuscito racconto di sacrificio.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.7/5

Perché ci piace

  • La messa in scena, soprattutto nelle sequenze di massa, è davvero di prim’ordine.
  • La regia di Guan Hu sa come coinvolgere lo spettatore e catapultarlo all’interno dell’inferno bellico.
  • I momenti in cui esplode l’umanità e la fragilità dei soldati eleva il film.

Cosa non va

  • La propaganda ostentata è davvero troppa, raggiungendo qualche momento di dubbio gusto.
  • La durata di due ore e mezza è un po’ generosa.