Tuoni e lampi che preannunciano una tempesta. Il titolo rosso sangue sullo schermo. Infine, un mucchio di teschi al suolo. Inizia così 300, l'epico film di Zack Snyder, il regista che proprio con questo film iniziò una carriera composta da trasposizioni di celebri fumetti, che porta sul grande schermo la storia di sangue, guerra e onore disegnata nel 1998 da Frank Miller. Un fumetto atipico, dal formato orizzontale e di conseguenza già di per sé cinematografico. La storia di 300 spartani che sono pronti al sacrificio pur di fermare, per poco tempo, l'avanzata dei persiani di Serse, ha il sapore delle storie leggendarie, quelle atemporali, memorabili. Una storia con un'unica parola chiave: gloria. E gloria fu: la scelta stilistica di Snyder di prendere le tavole del fumetto e applicarle quasi completamente al medium cinematografico (un po' come accadde già con un altro adattamento di un'opera di Miller, quel Sin City diretto da Robert Rodriguez qualche anno prima) si dimostra vincente. 300, nella sua finzione anche visiva, nelle sue esagerazioni, nel suo tono così esaltato vince clamorosamente la scommessa. Impossibile arrivare al finale del film senza provare quel brivido di piacere e di emozione che solo i grandi film sanno dare. È bene ricordare, però, che non esiste gran finale senza prima una lenta preparazione che riesce, attraverso varie sequenze, a costruirlo. Riavvolgiamo il nastro e scopriamo insieme le 5 scene nel film che contribuiscono a creare in 300 un finale veramente memorabile.
1. Il prologo: uomo contro natura
Il film inizia con un prologo che ci catapulta subito nella mentalità di Sparta. I neonati vengono esaminati e, se troppo deboli o malformi, vengono gettati da una rupe; i bambini vengono abituati al combattimento e alla violenza e crescono nella convinzione che dare la vita per Sparta è simbolo di gloria eterna. Con l'utilizzo dei rallenty (marchio di fabbrica di Snyder in questo film), una bellissima fotografia di Larry Fong e una musica che, man mano che procede il racconto, si fa sempre più epica, il prologo procede sottolineando la natura guerriera degli spartani. Fino ad arrivare alla celebre sequenza con la belva sotto la neve, vera e propria metafora del film. Il bambino - che scopriremo poi essere il protagonista Leonida - riuscirà a sconfiggere la furia incanalandosi all'interno di un crepaccio, similmente a quanto accadrà durante tutto il corso del film. Inoltre, non è casuale la scelta di mostrare la prova finale dell'addestramento come la vittoria dell'uomo sulla natura: in questo modo ci viene fatto notare come gli spartani siano capaci di elevarsi, di essere oltre-uomini, al di fuori delle regole prestabilite del mondo e della natura delle cose. Si crea subito un conflitto tra il destino a cui l'uomo non può sfuggire (la natura, più tardi impersonificata dai persiani di Serse) e la volontà dell'uomo che vuole ribellarsi ergendosi come essere superiore. Come a dire che in 300 si mette in mostra l'eterna lotta esistenziale del genere umano.
2. 'Questa è Sparta!': sacro e profano
La "Sacra Sparta" (così viene nominata nel film) illuminata dal sole, dai colori dorati a sottolineare la sua appartenenza a qualcosa di divino riceve la visita di un messaggero persiano, allo stesso modo sacro e intoccabile essendo semplicemente un ambasciatore. Ma le leggi di Sparta appartengono a un altro mondo. Con le sue leggi (le donne parlano perché mettono al mondo gli spartani; anche i messaggeri rispondono delle loro azioni), i suoi motti ("Rispetto e onore") e gli sguardi duri degli uomini che la abitano, Sparta ha una reputazione da mantenere: quella di posto sacro e inviolabile. La sottomissione non è contemplata. Arriviamo, quindi, a quella scena così memorabile e citata, che ha dato vita a meme e parodie e che dà inizio al film vero e proprio: Leonida con un calcio, gridando "Questa è Sparta!", getta il messaggero persiano sul fondo di un pozzo. Un gesto che dà inizio a una guerra tra uomini che si credono divini (lo stesso Serse è ricoperto d'oro e si crede superiore ai comuni mortali). Il gesto di Leonida, però, nasconde un significato che lo condanna alla morte: andando contro le leggi della natura condannando a morte il messaggero che, secondo le usanze, sarebbe intoccabile al pari di un vero dio, Leonida compie un atto profano in nome di una sacralità che però è decisa unicamente dagli stessi spartani. Commette il solito peccato di hybris, di eccessivo orgoglio e prevaricazione delle leggi del mondo che, nella tradizione della tragedia greca, può concludersi solo con un contrappasso negativo e che dà inizio alla catastrofe. Leonida va contro persino l'antica legge degli Efori che tutti gli uomini sarebbero tenuti a rispettare.
3. Combattere gli abomini: perfezione contro deformità
Gran parte del film ha luogo alle Termopili, luogo dove i nostri 300 cercheranno di fermare l'avanzata persiana, giorno dopo giorno. La lunga battaglia è un crescendo di violenza e nemici sempre più pericolosi, sempre più inumani. Un normale esercito di uomini viene seguito da esseri mascherati senz'anima (gli Immortali) e giganti deformi per lasciare spazio, una volta sconfitti, a bestie come rinoceronti corazzati ed elefanti. Si compie uno scontro tra l'uomo perfetto e i freaks della natura, tra perfezione contro deformità (un elemento molto discusso all'uscita del film e che mostra il fianco a critiche di stampo politico), un tema caro a Snyder tanto che lo riprenderà, in maniera più seria e corretta, in Batman v Superman: Dawn of Justice dove il dio Superman è costretto a sacrificarsi contro Doomsday, l'abominio creato da Lex Luthor, un uomo che si ritiene perfetto e superiore al divino. Ma la sfida tra l'uomo perfetto e il deforme, oltre a essere già esplicitato nel prologo, diventa il vero tallone d'Achille di Leonida nel momento in cui rifiuta lo storpio Efialte, volonteroso di combattere e che per vendetta tradirà il suo popolo vendendosi a Serse.
4. La sconfitta e la morte: uomini e dei
Serse, coperto di gioielli d'oro, scende dal suo altissimo carro camminando sopra i suoi schiavi. È un essere a prima vista perfetto, intoccabile, divino, superiore alla media (e infatti è più alto di Leonida). Lo stesso linguaggio aulico da lui utilizzato lo pone in una posizione ultraterrena rispetto agli spartani definendosi egli stesso un dio. La sconfitta e la morte non sono contemplate nella mentalità di Serse, al contrario degli spartani che, invece, concepiscono la morte ma solo come moto d'orgoglio: in entrambi i casi si tratta di ambizione e di sfida alle leggi della natura, in entrambi i casi questi uomini che si credono dei dovranno fare i conti con la loro natura mortale. Nel caso di Serse la ferita alla faccia, lo sfregio che sarà costretto a portare per il resto dei suoi giorni, in bella vista, è un marchio indelebile della sua fallibilità, addirittura peggiore della morte. L'essere sfregiato lo rende, di conseguenza, un deforme, quindi un essere non divino, non perfetto, non intoccabile. Nel caso di Leonida e i suoi 300 uomini, invece, la sfida alle leggi della natura li porterà a morire sotto una pioggia di frecce ovvero qualcosa che cade giù dal cielo, come fosse una punizione mandata direttamente dagli dei.
5. Il finale vero e proprio: vittoria e libertà
Se ci fermiamo al racconto del mito, alla storia tramandata come leggenda, il finale vero e proprio di 300 compie il suo lavoro nel migliore dei modi. Il discorso finale di Delios emoziona e conclude il film con una nota veramente epica. Tuttavia, è bene ricordare che è proprio sulla base tematica che abbiamo fin qui analizzato che quel discorso colpisce così forte. Alla fin fine 300 racconta una storia sì di uomini che si credono dei e sono destinati a morire, ma anche alla capacità di ispirare le generazioni successive proprio in virtù del fatto di aver peccato di hybris. Per dirla in altre parole, l'ambizione di Leonida, il suo sfidare la divinità, ha dimostrato come Serse fosse un falso dio, un uomo come lui che può essere ferito e può morire. Leonida muore, ma ispira tutti i greci che vedono la possibilità di combattere le forze armate di Serse senza sottomettersi e continuare così a vivere nella loro terra senza essere schiavi. Ecco che il film utilizza un racconto epico per parlare di riscattare "il mondo dal misticismo della tirannia" e accompagnarlo "in un futuro più radioso di quanto si possa immaginare". Gli spartani si uniscono ai liberi greci (che a inizio film chiamavano effeminati) per acclamare e volere la libertà del loro popolo. E questa è la vera vittoria.