30 notti con il mio ex, recensione: Edoardo Leo, Micaela Ramazzotti e quelle ferite che fanno crescere

I dialoghi da ricreare, il kintsugi e le riparazioni per poter crescere. Di questo parla 30 notti con il mio ex, il film di Guido Chiesa con Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti. Ora in sala.

Micaela Ramazzoni ed Edoardo Leo in 30 notti con il mio ex

Siamo le nostre ferite. Sembra dirci un po' questo 30 notti con il mio ex, il nuovo film di Guida Chiesa con protagonisti Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti, in sala per PiperFilm che continua il suo interessante cammino nel cinema italiano dopo aver debuttato con l'ultimo lavoro di Paolo Sorrentino, Parthenope, aver presentato al pubblico Diva futura e il nuovo interessante film di Gabriele Mainetti, La città proibita. Un percorso che definisce una linea editoriale e ci presenta uno spaccata sfaccettato di quello che sa proporre il nostro cinema, al quale si aggiunge il film di Chiesa, che mira a parlare con leggerezza di temi molto importanti e delicati.

Un dialogo da ricostruire

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Micaela Ramazzotti in una scena di 30 notti con il mio ex

Bruno e Terry sono separati e il loro rapporto non si è interrotto solo per incomprensioni e conflitti, ma anche per la fragilità psicologica di lei. Quando Terry esce dal suo percorso di recupero emotivo, la figlia di Bruno, Emma, insiste per ospitare la madre con loro per un mese, le 30 notti del titolo. Bruno si lascia convincere dalla ragazza, che sente il bisogno di avere la figura della madre nella propria vita, pensando di poter gestire la situazione, ma la schiettezza e il comportamento esuberante di Terry mettono a dura prova le sicurezze costruite dall'uomo per gestire e arginare le proprie ansie, nonché una vita di cui non è soddisfatto, tra la relazione stagnante con la compagna e un impiego in cui non riesce a lasciare il segno come vorrebbe.

La metafora del kintsugi

La fragilità emotiva da una parte, nel personaggio di Terry interpretato da Micaela Ramazzotti, l'ansia e l'iper controllo come padre di Bruno, del solito efficace Edoardo Leo. Ferite che caratterizzano, che danno un tocco di realtà ai personaggi, che introducono il ragionamento di 30 Notti con il mio Ex sulle secondo opportunità, sui rapporti da ricostruire. Un tema ben rappresentato dalla metafora del kintsugi, l'affascinante tecnica di restauro giapponese che cura le ferite degli oggetti, in origine delle tazze per la cerimonia del tè, con l'oro, per evidenziare invece che nascondere quelle lesioni, perché la loro presenza rende vissuto l'oggetto, dandogli valore, e che dalle ferite possa derivare una crescita, esteriore e interiore.

La tecnica giapponese è così un filo conduttore lungo il film di Guida Chiesa e fa da collante per la storia che ci viene raccontata, un segno dorato che continua a sottolineare ed enfatizzare quanto ci viene introdotto, i diversi aspetti che accompagnano la storia di Terry, Bruno e la figlia Emma. Sono loro al centro, sono i personaggi a incarnare il senso del racconto dai rispettivi punti di vista. Il film mostra infatti anche la difficoltà di comprendere chi sta affrontando o ha affrontato problemi come quelli di Terry, di chi li guarda dall'esterno e non riesce a empatizzare con le loro fragilità, a capire il disagio che provano, rendendo più complesso il loro reinserimento e recupero.

La leggerezza di 30 notti con il mio ex

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Micaela Ramazzotti ed Edoardo Leo in una scena

Il tutto è però affrontato con leggerezza, con un abito da commedia romantica con cui Guido Chiesa cerca di aprire le porte del racconto di 30 notti con il mio ex a un pubblico ampio, a scardinare le resistenze degli spettatori nei confronti di storie dal tono drammatico. Probabile che non ce ne fosse bisogno, che ci si sarebbe potuti affidare all'intensità che Micaela Ramazzotti ed Edoardo Leo ci hanno dimostrato in altre occasioni per affrontare i temi in maniera ancor più profonda e toccante. Ma non ci sentiamo di condannare la scelta della leggerezza, perché è anche importante che di alcuni argomenti si parli in modo da annullare la distanza nei confronti di chi ascolta e l'approccio scelto può riuscire in questo intento.

Conclusioni

Guido Chiesa costruisce il suo 30 notti con il mio ex con tono leggero, ma usa questo approccio per raccontare temi importanti e delicati: si parla infatti di fragilità emotiva e della difficoltà di relazionarsi con chi vive questi disagi da parte di chi li guarda dall'esterno, ma anche di rapporti da ricostruire e delle ferite che ci segnano e ci caratterizzano. Che ci impreziosiscono, come ci dice la riuscita metafora del kintsugi.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • I personaggi e le loro ferite, con cui empatizzare.
  • I temi affrontati, dalla fragilità psicologica ai rapporti da ricostruire.
  • La metafora del kintsugi.

Cosa non va

  • Il tono leggero è una scelta che ha senso, ma forse non indispensabile.
  • Alcune sfumature delle problematiche trattate avrebbero meritato più spazio per essere sottolineate con più efficacia.