L'esempio di Brando ha permesso agli attori di andare aoltre le caratterizzazioni che erano soltanto ben fatte, con una bella dizione e un portamento elegante; ha consentito loro di interpretare non solo il testo raffinato di una sceneggiatura, ma anche il suo sottotesto ruvido e conflittuale. (Richard Schickel)
Un giovane uomo dal passo massiccio si staglia davanti a Blanche DuBois, presentandosi con voce strascicata e con una gomma da masticare fra i denti; dopodiché continua a muoversi per la stanza con un'imponenza quasi ferina, mentre la sua maglietta macchiata di sudore sembra contenerne a stento il torace muscoloso. Il primo ingresso di Stanley Kowalski nella trasposizione cinematografica di Un tram che si chiama Desiderio segna anche l'ingresso del ventiseienne Marlon Brando nell'immaginario culturale del ventesimo secolo: per la statura del personaggio al centro della pièce di Tennessee Williams, ovviamente, ma ancor più per quella presenza sgraziata eppure magnetica, per la capacità di distaccarsi di colpo da un'intera tradizione recitativa, per la sensualità rude e animalesca sprigionata in una manciata di sguardi, di gesti e di battute. Era il 1951, e da allora qualcosa, a Hollywood, sarebbe cambiato per sempre.
Il pioniere di una nuova Hollywood
Nato a Omaha, in Nebraska, il 3 aprile 1924, e cresciuto fra l'Illinois e la California, fin dei tempi delle scuole superiori Marlon Brando dà prova di quel carattere acceso e conflittuale che avrebbe poi trasferito in molti suoi personaggi, tanto da far corrispondere la propria futura immagine d'attore a quella del ribelle per antonomasia. È per seguire le orme della sorella maggiore, Jocelyn, che da ragazzo Brando approda a New York, dove frequenta la celeberrima scuola di recitazione di Stella Adler: sarà attraverso gli insegnamenti della Adler che Marlon affinerà le tecniche del cosiddetto method acting, sviluppando un senso di vivido realismo che avrebbe poi caratterizzato gran parte della sua carriera. Una carriera iniziata con successo nel 1951 come protagonista de Il mio corpo ti appartiene di Fred Zinnemann, ma che l'avrebbe portato a un'immediata consacrazione in virtù del sodalizio con il regista Elia Kazan, il quale avrebbe trovato in Brando l'attore perfetto per una Hollywood in fase di profondo cambiamento.
Se fino ad allora, infatti, il cinema classico si era basato in gran parte sulle rigide regole dei generi e, molto spesso, sul ricercato artificio dei vari registri recitativi, Marlon Brando sarebbe stato il pioniere di una nuova generazione di divi (incluso James Dean) in grado di incarnare una spontaneità e un naturalismo fino ad allora lontanissimi dalle convenzioni hollywoodiane. In mezzo secolo di attività Brando avrebbe recitato in una quarantina di pellicole, molte delle quali indimenticabili; e a dar prova del suo carisma gigantesco basterebbe la breve ma indelebile apparizione nei panni del Colonnello Walter E. Kurtz nel finale di Apocalypse Now, ruolo oscuro e fantasmatico scolpito proprio mediante il volto e la voce di Brando in appena qualche minuto sullo schermo. Oggi, il centenario dell'attore americano ci offre l'occasione di ripercorrere le punte di diamante della sua filmografia con una rassegna, in ordine cronologico, delle interpretazioni più famose di Marlon Brando.
Un tram che si chiama Desiderio
È Stanley Kowalski, il rude cognato della Blanche DuBois di Vivien Leigh, il ruolo che nel 1951 rivela al pubblico mondiale il talento infuocato di Marlon Brando, mediante una performance destinata ad entrare negli annali. Dopo aver già vestito i panni di Stanley sui palcoscenici di Broadway, Brando viene ingaggiato dal regista Elia Kazan anche per l'adattamento cinematografico di Un tram che si chiama Desiderio, capolavoro di Tennessee Williams, incentrato sul coacervo di tensioni emotive e sessuali fra le pareti di un appartamento del quartiere francese di New Orleans, dove Stanley e sua moglie Stella (Kim Hunter) accolgono la fragile Blanche. Dalla sprezzante arroganza alla violenza trattenuta a stento, passando per l'intensità al contempo bestiale e nevrotica delle scene di maggior tensione, in Un tram che si chiama desiderio Brando fornisce una prova d'attore indelebile, che gli varrà la prima delle sue otto nomination all'Oscar e sancirà l'inizio del 'mito'.
Un tram che si chiama Desiderio: scivolando dentro l'abisso
Viva Zapata!
Trascorre appena un anno prima della seconda collaborazione sul grande schermo fra Elia Kazan e Marlon Brando, che nel dramma storico Viva Zapata! avrà il compito di prestare il volto a Emiliano Zapata, paladino della Rivoluzione Messicana contro la dittatura di Porfirio Díaz. Sceneggiato da John Steinbeck, Viva Zapata! ripercorre le principali tappe dell'attività e della lotta del protagonista, a cui Brando conferisce un carisma ombroso e un'integrità morale condannata a scontrarsi con le storture e le derive della politica messicana di inizio secolo. Alle prese con un personaggio agli antipodi rispetto allo Stanley di Un tram che si chiama Desiderio, Brando otterrà il il premio come miglior attore al Festival di Cannes 1952, il BAFTA Award e una seconda candidatura all'Oscar.
Fronte del porto
Terza e ultima pellicola realizzata da Elia Kazan insieme a Marlon Brando, nel 1954 Fronte del porto segna il momento di massima popolarità nella prima fase della carriera del divo del Nebraska, grazie a un altro dei suoi ruoli-simbolo: quello di Terry Malloy, ex-pugile che ha appeso i guantoni al chiodo per piegarsi alle richieste di Johnny Friendly (Lee J. Cobb), lo spregiudicato boss a capo del sindacato degli operai portuali del New Jersey, ma si troverà alle prese con un lancinante dilemma etico. Accolto da un enorme successo, ma pure da una discreta dose di controversie (legate in primo luogo alla testimonianza di Kazan davanti alla Commissione per le attività antiamericane), Fronte del porto permette a Brando di ritrarre con struggente partecipazione un personaggio tormentato da inquietudini e sensi di colpa: il risultato è un'interpretazione magistrale, che gli varrà il premio Oscar, il Golden Globe e il BAFTA Award come miglior attore.
Il Padrino
Se negli anni Sessanta la sua stella sembra almeno in parte offuscarsi, con titoli che, salvo rare eccezioni, non riscuotono particolare fortuna, nel 1972 Marlon Brando vive una clamorosa resurrezione artistica grazie a un personaggio a cui, da allora, la sua immagine si legherà in maniera indissolubile: don Vito Corleone, boss della malavita italoamericana nato dalla penna dello scrittore Mario Puzo, ma entrato nell'iconografia del ventesimo secolo proprio in virtù della performance di Brando. Figura pacata e sommessa, ma in grado di sprigionare una sinistra autorevolezza già solo con pochi, incisivi dettagli, don Vito è un'oscura presenza che si avverte per l'intera durata de Il Padrino, pietra miliare con cui Francis Ford Coppola avrebbe sancito un punto di non ritorno non solo nell'ambito della New Hollywood, ma per tutto il cinema americano. Annoverato ancora oggi tra i film più amati di sempre, Il Padrino farà guadagnare a Brando il Golden Globe e un secondo premio Oscar come miglior attore, oggetto di uno storico 'rifiuto' per voce della nativa Sacheen Littlefeather.
Il Padrino, 50 anni dopo: la storia del film che è diventato un cult del cinema
Ultimo tango a Parigi
Ma il 1972, per Marlon Brando, non è solo l'anno de Il Padrino: da lì a pochi mesi, infatti, farà il suo debutto un altro film avviato a conquistare lo statuto del classico, nonché di opera spartiacque nella rappresentazione dell'erotismo sullo schermo. La pellicola in questione è Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, titolo 'maledetto' e bersaglio di innumerevoli tentativi di censura e di boicottaggio, ma che l'anno seguente porterà in sala decine di milioni di spettatori in tutto il mondo, regalando a Brando, ormai alla soglia dei cinquant'anni, un altro personaggio memorabile della sua filmografia: Paul, vedovo americano che, nella vuota solitudine di un appartamento parigino, si abbandona a una relazione sessuale con la giovanissima Jeanne (Maria Schneider). Figura cupa e crepuscolare, immersa in un'aura di silenziosa disperazione, il protagonista di Ultimo tango a Parigi permetterà a Brando, ricompensato con un'altra nomination all'Oscar, di mostrare lati ulteriori di quel talento inarrivabile che l'ha portato a diventare uno dei più grandi attori di ogni epoca.