"Fondata sul lavoro", dice dell'Italia il primo articolo della Costituzione Repubblicana, un pilastro di progresso e civiltà che da troppo tempo ormai l'acqua cattiva della barbarie corrode alla base, nell'indifferenza di un tempo in cui i diritti si trasformano in chimere.Tra i volti e le voci dei lavoratori che sono la carne e il sangue del cinema di Daniele Segre, tra Dinamite e Sic Fiat Italia, passando per Asuba de su serbatoiu* e Morire di lavoro, passa un ventennio di controrivoluzione dei diritti in Italia, un tempo senza pietà per i vinti
in cui una lotta di classe alla rovescia ha scatenato un'offensiva senza precedenti contro molto di ciò che i nostri padri avevano conquistato in materia di dignità del lavoro.
Una Spoon River che ritroviamo, lucida e diretta, in tante storie di soprusi e diritti negati fino al prezzo della dignità e della vita. Perché, forse, tornare indietro è ancora possibile.
Adesso i quattro documentari Dinamite, Asuba de su serbatoiu, Morire di lavoro e Sic Fiat Italia, insieme al libro "Un cinema sul lavoro, un cinema del lavoro* di
Peppino Ortoleva (con una nota di Tullio Masoni, le schede dei film e la biofilmografia del regista - pp. 80), compongono Vivere e morire di lavoro, opera con 2 DVD e libro edita da Feltrinelli Real Cinema.
Daniele Segre ha costruito con coerenza negli anni un cinema che non solo documenta il lavoro come terreno del conflitto sociale ma ci aiuta a comprenderne la complessa realtà personale e collettiva. I suoi film sono
fatti di uomini e di donne, e anche di cose e paesaggi, che ci si svelano nella loro drammaticità e anche nella loro inattesa, e intensa, bellezza.