Cosa c'è di meglio di una bella rimpatriata tra amici e colleghi ricordando una meravigliosa avventura di vent'anni fa? Assolutamente nulla, devono aver pensato Tim Robbins, Morgan Freeman e il regista Frank Darabont. Così, circondati da alcuni interpreti secondari, da molti membri della troupe originaria e da una platea di fan entusiasti, hanno celebrato i vent'anni di Le ali della libertà al Samuel Goldwyn Theater a Beverly Hills. Durante la serata, organizzata dalla Academy of Motion Pictures Arts & Sciences, ogni protagonista ha regalato un suo particolare ricordo di quel film, partendo proprio dal regista Darabont deciso ad adattare un altro romanzo di Stephen King per il suo debutto dietro la macchina da presa.
"Volevo portare sullo schermo The Mist, quella era la mia prima scelta. Però avevo anche paura che, se avessi avuto successo con un horror, sarei stato catalogato immediatamente nel genere e messo a confronto con registi come George A. Romero e David Cronenberg. Così ho provato qualche cosa che uscisse dai canoni ed ha funzionato. Anni dopo ho girato The Mist senza diventare il tipo degli horror".
Non sono mancati nemmeno i racconti di Freeman e Robbins, tutti e due affascinati immediatamente dalla sceneggiatura. "Quando ho letto lo script - ammette Freeman - ho chiamato il mio agente per dirgli che avrei accettato qualsiasi ruolo." Robbins, invece, ricorda come si è preparato per affrontare la segregazione. "Sono andato allo zoo. Volevo guardare quegli animali chiusi nelle gabbie e immaginare il loro stato d'animo. Ho passato un lungo pomeriggio in solitudine parlando solo con i guardiani. Ebbene, in quel momento ho capito che, qualunque possa essere la consapevolezza di una condizione del genere, è mille volte peggio considerato quello che produce nello spirito di un essere vivente."
Come il regista, però, anche i due interpreti hanno temuto di essere catalogati in ruoli ben precisi e passare gran parte della loro carriera ad interpretare dei prigionieri. "Non credo di aver mai corso questo pericolo - ricorda Freeman - anche se, dopo il film, ho cominciato a rifiutare alcuni ruoli che possiamo definire narrativi." Da parte sua Robbins, invece, non ha più interpretato un ruolo simile, ma in compenso ha insegnato recitazione in un carcere all'interno di un programma di recupero. Le reazioni dei suoi "alunni" nei confronti del film erano entusiaste, quelle delle guardie, ovviamente, molto meno.
E per finire alcune battute sul titolo che, nella versione originale è The Shawshank Redemption. Praticamente un vero e proprio scioglilingua che, nel corso degli anni, i fan hanno "personalizzato" in Scrimshaw Redemption, Hudsucker Redemption, Shimshank Redemption e Shimshaw Redemption. "Insomma era uno strano insieme di sillabe", conclude Robbins.