Durante la nostra intervista nel panel di UltraPop Festival, Flavio Tranquillo ci ha raccontato cosa ne pensa come è stato raffigurato Michael Jordan: è davvero così cattivo come sembra nella docu-serie di The Last Dance?
La docu-serie di Netflix The Last Dance racconta un'avvincente prospettiva della stagione 1997-1998 dei Chicago Bulls, ultimo campionato disputato da Michael Jordan. Quest'ultimo viene rappresentato in un modo a cui non tutti i fan (e non solo) erano abituati a vederlo. Cosa ne pensa chi quegli anni e quei campi di basket li ha conosciuti davvero, come Flavio Tranquillo?
"C'è sicuramente una strategia di marketing anche in questo" - ha spiegato Tranquillo - "la scelta di valorizzare un aspetto di Jordan rispetto ad altri, è una scelta narrativa puntata a strategie commerciali, ma non vuol dire che sia falso. Hanno voluto mostrare in The Last Dance un Michael Jordan competitivo, esigente, rigoroso, "ossessionato" dagli obiettivi. Non vuol dire che non lo sia, semplicemente è una parte di Jordan, non tutto l'insieme. La combinazione delle caratteristiche su cui hanno voluto far emergere aspetti rispetto ad altri in tutti i protagonisti della serie, fa parte di una struttura che, chiamiamola così, vuole puntare a fare "ascolti"."
"C'è molta gente convinta che Jordan stesso sia un personaggio costruito in laboratorio, che so, che sia tutto un personaggio fittizio" - ha continuato Tranquillo - "Mi piacerebbe che dopo la visione di The Last Dance, agli spettatori venisse voglia di approfondire su di lui, con materiale giornalistico, qualche intervista da dieci minuti, oppure che leggessero qualche bel libro sulla sua vita, come quello di Roland-Lazenby. Bisogna considerare che questa serie è stata voluta dapprima da Jordan stesso, in The Last Dance dovrebbe essere stato chiaro che oltre al simbolo del Basket, parliamo di un uomo che è di per sé un "simbolo" a tutti livelli, anche quello commerciale. Ai tempi in cui ho assistito al suo ultimo canestro, mai avrei pensato di assistere a un evento che dopo vent'anni mi avrebbe emozionato ancora come la prima volta. Quindi sì, nel bene e nel male, quello è "un" Jordan che va oltre al "like Mike" che conoscevo io."