Antonio Boschini, attuale responsabile terapeutico di San Patrignano, si è schierato contro SanPa, il nuovo documentario targato Netflix che racconta in cinque episodi la fondazione e la crescita della comunità di recupero fondata da Vincenzo Muccioli, concentrandosi soprattutto sulle luci e le ombre di quest'ultimo.
Non sembrano placarsi le polemiche riguardanti Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano, il nuovo documentario Netflix che racconta la comunità di San Patrignano a partire dalla sua fondazione, avvenuta ad opera di Vincenzo Muccioli nel 1978, fino alla morte di quest'ultimo. La docuserie diretta da Cosima Spender è stata aggiunta nel catalogo streaming soltanto il 30 dicembre ma non si sono fatte attendere le testimonianze ed i commenti di chi ha vissuto da vicino, se non addirittura dall'interno, la realtà di San Patrignano.
Alla nota condivisa questa settimana, attraverso la quale proprio la comunità stessa si dissocia da quanto raccontato nel corso dei cinque episodi, si aggiungono ora le parole di Antonio Boschini, attuale responsabile terapeutico del centro di recupero per tossicodipendenti. Boschini è l'unico, tra coloro che vengono intervistati in SanPa, a vivere ancora oggi la realtà di San Patrignano. Vi è entrato da ragazzo proprio all'epoca della fondazione ed è per questo che avrebbe gradito che SanPa raccontasse in maniera più accurata cosa ha rappresentato e cosa rappresenti tuttora la comunità fondata da Vincenzo Muccioli. Boschini è invece rimasto deluso da ciò che viene mostrato nel documentario, come lui stesso ha raccontato: "Posso garantire che non è San Patrignano quella che viene descritta. Vengono messi in evidenza aspetti che tendono soltanto a valorizzare un'idea preconcetta o a stimolare la curiosità morbosa del pubblico, puntando così esclusivamente all'audience". Le parole di Boschini fanno capire quanto la sua posizione sul tema sia molto simile a quella emersa attraverso la recente nota della comunità, la quale ha accolto per diversi giorni proprio la regista Spender per permetterle di conoscere da vicino una realtà che però, a quanto pare, non sarebbe stata riportata in maniera fedele. "Il documentario parla solo di Vincenzo Muccioli, evidenziandone esclusivamente gli aspetti del 'personaggio'", ha dichiarato Boschini, che ha quindi aggiunto: "Vincenzo non era guascone e istrionico come invece viene descritto in SanPa. Era una persona che quando stavo male mi permetteva di credere in un futuro e di farmi uscire dalla crisi".
Insomma, stando a quanto dichiarato dal responsabile terapeutico. la docuserie avrebbe tradito la buona fede sua e della comunità stessa, la quale credeva nell'oggettività del racconto, danneggiata soprattutto dal modo in cui è stato montato il materiale di repertorio e le interviste. "Non ci hanno mai permesso di vedere il montato. Il montaggio ha falsato tutto, il collegamento tra le interviste e la sequenza dei fatti raccontati", ha dichiarato Boschini, aggiungendo: "Poteva venire fuori qualcosa di interessante ed anche di critico, perché comunque delle cose sono accadute, ma questo prodotto televisivo vuole dimostrare che le 'catene' fossero un metodo e questo è profondamente falso". Antonio Boschini ha quindi concluso con una domanda ben precisa: "Come avrebbe potuto Vincenzo tenere in comunità 1800 persone contro la loro volontà?". A questo punto non rimane che attendere un'eventuale replica di Netflix o della regista Cosima Spender riguardo quelle che sono delle vere e proprie accuse di stravolgimento della realtà.