Psycho di Alfred Hitchcok è tutt'ora uno dei film più disturbanti girati dal regista inglese ed carico di un'atmosfera malata e inquietante che il finale fa emergere in maniera ancora più dirompente. Alla storia sono passate le terrificanti scene dell'omicidio di Marion Crane sotto la doccia o quelle dell'ispettore Arbogast trafitto dai colpi di coltello lungo le scale, ma le inquadrature finali che vedono al centro Norman Bates riassumono alla perfezione l'intero significato dell'opera in cui il doppio e le bipartizioni sono costantemente in primo piano.
Psycho si chiude infatti con il primissimo piano di Norman Bates, interpretato in maniera strepitosa da un Anthony Perkins da antologia, il cui volto sfuma facendo intravedere i lineamenti di un teschio, per poi staccare sull'automobile di Marion Crane che viene tirata fuori dalla palude in cui era stata occultata. Un segmento potentissimo, tanto da essere stato ripreso anche nel remake omonimo del film realizzato shot by shot da Gus Van Sant. Si tratta non solo di un omaggio ad Alfred Hitchcock ma anche un esercizio di stile raffinatissimo che all'epoca della sua uscita venne capito da pochi e che, se vi incuriosisce, potete recuperare stasera su Iris alle 21,15.
Il suo significato è strettamente legato all'inconscio e al dissidio freudiano che porta Norman Bates ad identificarsi con la madre morta. Una donna che ha avuto un carattere forte e soprattutto castrante nei confronti del figlio e verso la quale quest'ultimo mantiene ancora un rapporto di sudditanza psicologica tale da aver sviluppato al suo interno due personalità in perenne conflitto tra loro, la propria e quella del genitore, che gli hanno creato un disturbo dissociativo e di identità. Non a caso, è proprio la personalità della madre a prendere il sopravvento non appena Norman mostra un'attrazione sessuale nei confronti di Marion. Tutto avviene peraltro all'improvviso, la donna, infatti, è arrivata al suo famigerato motel per puro caso, mentre è in fuga con 40 mila dollari, sottratti all'agenzia immobiliare in cui lavora. Denaro che costituisce uno dei più famosi MacGuffin o pretesti narrativi ideati da Hitchock.
L'uccisione di Marion Crane in Psycho, uno dei migliori film di Alfred Hitchcock, è di fatto motivata da un raptus violentissimo di gelosia di una parte della personalità di Norman che noi poi vediamo riapparire chiaramente nel finale: prima attraverso la sovrapposizione del suo viso con il teschio della madre e dopo con il ritrovamento dell'auto con dentro il corpo di Marion, dando come l'idea che venisse letteralmente estratto non solo fisicamente dalla palude ma anche dal subconscio, altrettanto torbido, di Norman. C'è anche chi ha fatto notare come la catena che tira fuori mano a mano la macchina, nel passaggio da uno stacco all'altro, sembra idealmente muoversi dal petto, e quindi dal cuore, di Norman, facendo capire come tutto sia intrecciato in un groviglio passionale dove convivono indissolubilmente Eros e Morte.