La storia vera a cui si sono ispirati gli sceneggiatori di Philadelphia, uno dei primi film a trattare in maniera esplicita il tema dell'AIDS, è quella di Geoffrey Bowers, un giovane avvocato che lavorava per un importante studio legale di una multinazionale americana a cui fece causa in seguito al suo licenziamento.
Il 4 dicembre 1986 Bowers fu licenziato dagli amministratori della corporazione e abbandonò la sua scrivania il giorno seguente senza chiedere spiegazioni. Gli amministratori inizialmente decisero di licenziarlo nel luglio dello stesso anno, ignorando le regole della politica aziendale, la sua buona condotta e le opinioni dei suoi clienti e dei suoi supervisori.
AIDS, 1981-2011: nastro rosso sul grande schermo
I suoi supervisori protestarono, il che ritardò il suo licenziamento, ma gli amministratori erano irremovibili e decisero di votare ancora quell'ottobre ottenendo un punteggio di dodici voti contro tre. Il voto iniziale per licenziarlo a luglio ebbe luogo due mesi dopo che Bowers ricevette ottimi voti su una valutazione delle prestazioni di routine.
Proprio come Andrew Beckett, il personaggio di Philadelphia interpretato da Tom Hanks, anche Geoffrey Bowers è stato costretto a convivere con le lesioni visibili causate dal sarcoma di Kaposi. Il caso è durato sei anni in tutto: il voto di licenziamento, quindi, avvenne esattamente un mese dopo la sua valutazione positiva da parte dei suoi supervisori ed un mese prima del suo ultimo giorno di lavoro presso la multinazionale americana.
La famiglia di Geoffrey Bowers, che morì il 30 settembre 1987 a 34 anni, fece causa ai produttori di Philadelphia sostenendo che il film era basato sul caso del loro congiunto. Un anno dopo la morte di Geoffrey il produttore Scott Rudin incontrò i familiari del ragazzo e i loro avvocati e - secondo i Bowers - promise loro un compenso per la loro collaborazione. I Bowers sostennero che 54 scene del film con Tom Hanks erano molto simili a quanto accaduto a Geoffrey Bowers e che alcuni dettagli inseriti nel film erano inediti e avrebbero potuto saperli solo da loro, durante gli incontri. La difesa disse che Scott Rudin vendette il soggetto del film alla Tri-Star Pictures e che non ebbe ulteriore coinvolgimento nella produzione. Inoltre Rudin non aveva fornito nessuna informazione privata alla Tri-Star, ma che tutto il materiale inserito nella sceneggiatura era di pubblico dominio, reperibile da diverse fonti. La causa fu chiusa nel 1996 e i termini dell'accordo non furono mai rilasciati.