Inizia dal Festival di Bari, una città e un territorio simbolo nella storia delle migrazioni e dell'accoglienza, il viaggio sugli schermi italiani di Terra di transito, il docufilm di Paolo Martino, giovane reporter e documentarista, classe 1983, prodotto dall'Associazione A Buon Diritto con Luce-Cinecittà, che lo distribuisce per l'Italia, e che ha ottenuto il Patrocinio della sezione italiana di Amnesty International. Il tema delle migrazioni in Italia ed Europa, un tema urgente oramai da decenni, sottoposto ai tempi della politica - tra periodiche emergenze e perenni rimandi - e discusso tra spinte demagogiche e astrazioni statistiche, in Terra di transito viene declinato in una prospettiva spiazzante, a partire dal racconto di Rahell.
Rahell, rifugiato bambino dall'Iraq in Siria, è costretto ad abbandonare anche questa terra. La sua rotta personale, senza visti né passaporto, lo conduce in Europa, e in Italia, da dove spera di raggiungere la Svezia per ricongiungersi con i suoi familiari. Ma allo sbarco in Italia, Rahell scopre che a dividerlo dalla sua meta c'è il regolamento di Dublino, legge europea che impone ai rifugiati di risiedere nel primo paese d'ingresso in Europa. Come per migliaia di coetanei, il destino di Rahell diventa determinato da un semplice controllo dei documenti o dalla scansione delle sue impronte digitali. Da lì, ogni tentativo di espatrio verso la meta desiderata si trasforma in un rinvio nel nostro Paese, quello che per legge detiene la competenza della pratica di Rahell. Lontano dalla sua famiglia e dal suo personale progetto di vita, Rahell è costretto a risiedere in Italia, un Paese spesso incapace di accogliere e di garantire un percorso di vita autonomo alle persone che protegge. Un Paese che è diventato solo una Terra di Transito.
Nella sua odissea personale, Rahell incontra altri ragazzi in fuga dalla Siria, l'Afghanistan, l'Iraq. Ne raccoglie le storie, i volti. Si fa autore di un'indagine, che mostra il paradosso di una legge iniqua che considera numeri e pratiche, ma non le esigenze e il vissuto delle persone. E le tiene bloccate in un Paese che non vuole accoglierli, e che loro non vogliono. Ed è questo l'altro enorme paradosso mostrato da Terra di transito. L'immagine di un'Italia travagliata dalla crisi, inerte e incapace di sostenere politiche e logiche non emergenziali quando si tratta di immigrazione. Un Paese che si sente invaso da cittadini stranieri. I quali, come Rahell e tanti altri, sognano di andare altrove. Andare verso le nazioni ricche di quella stessa Europa - che offrono sì un trattamento migliore a quanti accolgono - ma che hanno promosso leggi come il regolamento di Dublino e reso così difficile riuscire a entrare nella fortezza europea. Con l'immagine finale di ragazzi, con un'attesa e un'aspettativa negli occhi, che se non fosse per la lingua somiglierebbero a tanti ragazzi italiani.
Dopo la prima in concorso al Festival di Bari, Terra di transito arriverà nelle sale italiane, con un progetto di proiezioni e incontri promosso da Luce-Cinecittà insieme all'Associazione A Buon Diritto.