I doppiatori Emanuela Pacotto, Gianluca Iacono e Ivo De Palma hanno detto la loro sul doppiaggio al giorno d'oggi, e gli svantaggi che si porta dietro la fretta perenne dei tempi che viviamo, ma non solo.
Ospiti dell'UltraPop Festival, le voci di Nami (One Piece), Vegeta (Dragon Ball) e Pegasus (I Cavalieri dello Zodiaco) - giusto per citare alcuni dei loro personaggi più iconici - ci hanno raccontato il loro mestiere, fornendo anche un'interessante prospettiva sullo stato attuale del doppiaggio, e sulle restrizioni che i tempi odierni si portano dietro.
La domanda, fondamentalmente è stata: com'è cambiato il mestiere del doppiaggio, e come è cambiata la sua percezione?
De Palma: "In un qualche modo non siamo più le voci nell'ombra. E il computer ha velocizzato tutto, è un po' meno rilassato. Il fattore tempo, d'altronde, in ogni lavoro artigianale ha la sua importanza, e i ritmi di una volta lo favorivano di più. Adesso io sono meno in sala, però dal mio punto di vista le esigenze aziendali spesso non sono quelle del singolo prestatore d'opera, ache se sono interconnesse. Bisogna un poco ottemperare queste esigenze in parte divergenti".
Iacono: "Insegnando da alcuni anni doppiaggio, e confrontandosi con chi vuole fare oggi il doppiatore, ho notato un grosso sdoganamento del mestiere - ora si è arrivato a vederlo come un lavoro -, ma anche una grande sottovalutazione di ciò che serve per farlo. La prima domanda che faccio a un aspirante doppiatore è 'Quanto leggi?'. E molti rimangono spiazzati perché o non leggono, o non leggono ad alta voce... La velocità di cui parlava Ivo prima ha comportato la difficoltà nell'entrare in questo mondo come abbiamo fatto noi. Non c'è più tempo di imparare".
E De Palma concorda: "Non c'è più tempo di imparare il lavoro in bottega, con l'esperienza. Io alcune cose le ho imparate lavorando, non mi vergogno a dirlo. Ma erano altri tempi. Spezzo però una lancia in favore dei più bravi di adesso, i nostri allievi, che li trovo più bravi di come fossimo noi ai nostri tempi. All'epoca si scommetteva su persone che erano ancora da fare, e li si forgiava".
Pacotto osserva saggiamente: "Il doppiaggio è figlio dei tempi che stiamo vivendo. I tempi di lavorazione sono molto più veloci, come anche la preparazione. Ora c'è più interesse per il mestiere, ma magari la gente si sveglia la mattina e pensa: Perché non fare il doppiatore?'.
Quella che è la dote che contraddistingue l'attore - e il doppiatore è un attore - o ce l'hai o non ce l'hai, e quando serve la tiri fuori.
Il doppiaggio italiano è sempre stata un'eccellenza, ma ora causa globalizzazione ci vengono imposte delle direttive che non ci fanno dare il 100%. Come ad esempio quando ci dicono di non fare un verso se in originale non c'è, nonostante il personaggio stia lì a bocca aperta, e verrebbe praticamente spontaneo farlo. Viene letto come un errore. Ci sono quindi, a volte, dei meccanismi che ci fanno un po' soffrire".
Iacono: "Succede un po' come in ambito enogastronomico, che magari dall'America ora ci dicono come fare il parmigiano..."
De Palma è piuttosto eloquente nell'esprimere il suo disappunto quando dice che "Sarebbe stato come dire ad Accolla non far fare la tipica risata di Eddie Murphy... Quello che mi tortura è che loro stanno facendo progredire il doppiaggio negli altri paesi, grazie alle piattaforme streaming, mentre a noi mettono i paletti. Per rendere tutto uguale. Quindi capisci che non è piacevole. Anche nella serie di Netflix dei Cavalieri dello Zodiaco, di cui sono adattatore io, non mi sono potuto permettere certi voli pindarici che invece erano presenti in quella vecchia ".
"L'industrializzazione del processo che uccide le bellezze" racchiude Iacono in una frase forse un po' drastica, ma che rende l'idea.
E Ivo De Palma, di nuovo, concorda: "Se ragioni in termini di standard non ci siamo..."
Ma Emanuela Pacotto chiude il discorso su una nota positiva: "Sappiate comunque che nonostante le limitazioni, noi ci mettiamo del nostro e facciamo tutto quello che possiamo".