Pochi giorni fa ha debuttato su Netflix la serie Maniac, con protagonisti Emma Stone e Jonah Hill, e lo sceneggiatore Patrick Somerville ha svelato i motivi per cui non è prevista una seconda stagione della storia che, quindi, si è conclusa ufficialmente con il decimo episodio.
Lo show diretto da Cary Fukunaga segue quello che accade a Owen, un disoccupato solo e che soffre di schizofrenia, e Annie, una tossicodipendente la cui vita è segnata dal senso di colpa causato da un incidente mortale. Gli eventi sono ambientati in una versione distopica di New York e i due si ritrovano a fare da cavie per la sperimentazione scientifica di una nuova cura che promette di porre fine a tutte le sofferenze, ai traumi e alle malattie mentali.
Somerville ha raccontato che Maniac si basa su un progetto norvegese in cui si esplorano più realtà e situazioni attraverso quello che vivono i protagonisti, sullo sfondo di una storia molto emozionante. Somerville è entrato a far parte del team dopo il coinvolgimento di Fukunaga, di Netflix e dei due protagonisti e il suo compito è stato quello di capire come realizzare la serie e quale approccio avere.
Fin dall'inizio l'autore ha quindi avuto modo di scrivere i copioni delle puntate pensando agli interpreti, che erano già stati scelti, e nel compiere il suo lavoro è rimasto affascinato dall'esperienza vissuta dalle persone che soffrono a causa di malattie mentali e di come la diagnosi cambi il percorso delle loro vite perché si diventa diversi dagli altri e le dinamiche in famiglia si modificano, rischiando di minare radicalmente anche l'autostima. Somerville ha spiegato: "_Volevo rappresentare le sfumature del ricevere una diagnosi quando semplicemente si vorrebbe vivere normalmente, la lotta e l'oppressione che ne derivano, e alla fine, l'isolamento.
Jonah Hill è un attore drammatico di grande talento ed è sembrato possibile raccontare quella storia attraverso il suo personaggio. Con Annie volevamo una storia diversa, una persona differente, ma allo stesso tempo c'era qualcosa di armonioso tra il dolore e la diagnosi di schizofrenia. Spesso, se ricevi quella diagnosi quando hai venti anni, ed è una delle cose che si perdono tra tutti i privilegi dell'essere mentalmente sani nella società, si perde la persona che si pensava si sarebbe diventati. Le storie di Owen e Annie sono diverse, ma abbastanza simili da rendere possibile la loro empatia reciproca entro la fine. C'è il senso di perdita in entrambe le storie_".
Lo sceneggiatore ha inoltre ideato la struttura in cui si rifugia il padre di Annie per rappresentare le difficili relazioni tra genitori e figli, tematica al centro della trama anche attraverso il personaggio del Dottor Mantleray, interpretato da Justin Theroux: "Mia moglie è una psicoterapeuta e in pratica sono d'accordo con la teoria che molto di ciò che siamo derivi da quello che è accaduto con i nostri genitori quando eravamo molto piccoli. Possiamo scegliere di entrare in nuove realtà e spezzare eventuali cicli ricorrenti, ma molto deriva da quell'elemento e credo sia semplicemente legato alla nostra natura di esseri umani".
Patrick ha raccontato che la sua esperienza con Fukunaga è stata all'insegna della collaborazione, hanno discusso e poi hanno pensato a nuove idee che entusiasmavano entrambi: "Non ci conoscevamo all'inizio dello show e ora, due anni più tardi, invece ci conosciamo davvero bene. Una delle cose più belle relative della serie - a proposito qui potete leggere la recensione di Maniac - e spero si possa percepire guardando lo show, è che c'era un'atmosfera un po' da improvvisazione in quello che sta accadendo perché era la situazione reale durante la produzione. Non solo tra me e Cary, ma con il cast, con il production designer Alex DiGerlando, con i responsabili degli oggetti di scena e del trucco, e tutte le persone proponevano delle idee. Cercavamo tutti di capire 'Che cosa è Maniac? Come funziona? Cosa è concesso qui e cosa no?'. La collaborazione ha bisogno del conflitto, ma anche di una comunicazione continua e di una risoluzione. Penso si possa sentire nella serie".
L'episodio in stile fantasy, il più complicato da realizzare
Uno degli episodi più complicati da delineare è stato quello in stile fantasy perché alcune sequenze apparivano troppo costose o impossibili da girare, non ne avendone i soldi e il tempo. Nello script si è comunque cercato di mantenere degli elementi che legassero quella storia alla realtà di Owen e Annie.
Nella nona puntata, anche nelle allucinazioni, c'è posto per i veri problemi di Owen e Annie: "Snorey crede di essere responsabile della distruzione del mondo e per me quella è la perfetta esplosione del problema di Owen: è così colpevole e quindi un'invasione aliena sembrava una storia perfetta perché in gioco c'era il destino della Terra, ed era ideato per mostrare che Snorey/Owen forse sta esagerando il suo senso di colpa. Un altro elemento delle allucinazioni legate alla schizofrenia è che spesso rendono qualcosa molto più importante rispetto a quello che è, rendendo qualcuno rilevante, dandogli importanza. Partendo da una situazione in cui non si ha importanza si arriva a una compensazione eccessiva. Per Annie credo che l'idea fosse mostrarla come un'esperta nel pugnalare alle spalle e nel convincere le persone di qualsiasi cosa, ma in realtà li stesse tradendo".
Somerville ha quindi spiegato di Owen: "Credo sia un esempio di qualcuno che ha disperatamente bisogno di un legame e non vuole più essere solo, mentre suo fratello Jed è piuttosto un mostro. Credo che Owen si comporti bene alla fine, che sia una buona persona, e mi piaceva l'idea di mostrare la storia di qualcuno con una malattia mentale che fosse una figura positiva".
Il finale di Maniac
Lo sceneggiatore ha quindi parlato del finale: "Abbiamo sempre saputo che Owen e Annie avrebbero finito per essere connessi. È piuttosto disperata la situazione nei primi episodi: la vita è triste, queste persone sono perdute e non c'è nessun modo di realizzare lo show, secondo me, tranne quello in cui si concluda in un modo più speranzoso. Non c'è alcun motivo per punire in quel modo il pubblico, a meno che non ci sia da tirare fuori una storia positiva. Abbiamo quindi sempre saputo il modo in cui sarebbe finita la storia. L'idea che è sempre esistita, fin dai primi script, era quella del concetto dell'accettazione radicale". Somerville ha proseguito: "La serie parla dei legami, dell'amicizia e dei modi in cui le persone possono aiutarsi, ma non puoi essere in quella situazione a meno che non si accettino degli aspetti di se stessi. Non puoi stabilire una connessione con un'altra persona a meno che non si accetti prima la propria identità, quindi per me si trattava della storia di due persone che non si sono accettate all'inizio dello show, trovano entrambe un modo per farlo, e i frutti di questo processo sono rappresentati dall'avere nuovi rapporti".
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Lo sceneggiatore ha quindi dichiarato in modo chiaro: "Non si è mai parlato di una seconda stagione. Questo progetto è sempre stato pianificato come serie limitata e penso che fosse un altro motivo per cui abbiamo avuto la libertà di realizzare un finale maggiormente speranzoso. Molte volte in tv devi riportare i tuoi personaggi in una situazione difficile prima della fine per pianificare la prossima stagione e noi non dovevamo farlo. Realizzare un nuovo show richiede una tremenda quantità di energia e immaginazione, e quindi si prova il desiderio di andare avanti e continuare a usarla, perché c'è davvero molta fantasia, ma credo che uno dei motivi per cui Maniac possiede quella sensazione di improvvisazione sia proprio perché sapevamo che terminava in questo modo. Facciamolo ora perché è quello che è Maniac".