Cara redazione di Excalibur,
chi scrive è un appassionato di cinema che ha deciso di inviarvi questa lettera aperta, che sarà inviata anche alle redazioni delle riviste Ciak e Film Tv e pubblicata all'interno del portale col quale collaboro, in seguito alla trasmissione da voi curata andata in onda venerdì 17 gennaio. Il tema della puntata di quello che avrebbe dovuto essere un programma di informazione e approfondimento era, da quello che avete cercato di far capire, la divisione tra Cinema Alto e Cinema Basso. La prima categoria era rappresentata, secondo la vostra scelta, dal film Il signore degli anelli - Le due torri e la seconda categoria da Natale sul Nilo.
I contenuti del sito per cui scrivo sono gestiti e redatti da un gruppo di ragazzi e ragazze comuni, nessuno dei quali lavora ufficialmente come critico cinematografico. La qualità degli scritti, però, è comunque competente e informata, se mi permettete di vantare i miei "colleghi". Questo, a parer mio, perché tutti i redattori di questo portale sono mossi e sono guidati nella scrittura di articoli e recensioni da una passione per il cinema che non si è vista in nessuno degli ospiti che avete invitato per la trasmissione del 17 gennaio scorso. Il fatto che nessuno dei vostri ospiti capisse nulla di quello che diceva è facilmente riscontrabile e lo dimostrerò più avanti. Per adesso vi dico solo che non voglio adottare un atteggiamento di superiorità rispetto al vostro modo di essere giornalisti che lavorano per il servizio pubblico. Tuttavia mi sento in diritto, da utente televisivo e contribuente al canone, di commentare quello che ho visto.
Credo che la differenza tra il nostro piccolo portale appena nato e la vostra trasmissione che va in onda in prima serata sulla Rai è questa: quando un nostro redattore scrive un pezzo sul film tratto dall'opera di J.R.R. Tolkien sa di cosa parla, conosce il libro e i criteri per giudicare un film. Quando voi allestite una trasmissione da prime time per Rai Due che si occupa del medesimo argomento, quasi non sapete da dove iniziare. Non dirò una parola sulla parte riguardante all'esaltazione quasi totale del film Natale sul Nilo, film col quale evidentemente vi siete trovati più a vostro agio. Mi voglio soffermare invece sul dibattito inerente alla Trilogia dell'Anello, sia letteraria che cinematografica, che meritava sinceramente - e non credo di essere il solo a pensarlo - un trattamento più rispettoso.
Partiamo dagli ospiti. È curioso intanto notare come in un programma che parla di cinema non sia presente nemmeno un esponente della categoria. Nessun attore, nessuno sceneggiatore, nessun regista (a meno di considerare Roberto D'Agostino un regista e la sua unica opera, Mutande pazze, un film). Ma, potreste a questo punto obiettare, nemmeno noi siamo critici eppure scriviamo di cinema.
È vero.
Ma la passione, ricordate? Accidenti, noi ne abbiamo a quintali.
Nella vostra trasmissione erano ospiti:
-il giornalista del TG5 Lamberto Sposini, che ha dato evidenti segni di ignoranza cinematografica, non certamente per avere espresso un parere negativo sulle Due Torri (non è certo il solo, e poi ognuno ha i suoi gusti), quanto per aver detto che in termini di film neo-gotici preferiva Waterworld (uno dei più grandi fallimenti filmici di cui si ha memoria, sia commercialmente che artisticamente) che certamente di gotico non ha niente e Il corvo che di gotico ha molto ma che come paragone c'entra più o meno come io c'entro con Manuela Arcuri. Inoltre credo di potere affermare che la percentuale neo-gotica nel romanzo e nei film del Signore Degli Anelli sia davvero scarsa, quasi irrilevante. Non basta una fotografia dai toni scuri o la descrizione di un demone infuocato a fare di un'opera qualcosa di neo-gotico.
-L'onorevole dei Comunisti Italiani Katia Belillo, che ha cercato di accendere un dibattito su come il successo dei film tratti da Il Signore Degli Anelli sia da attribuire alla voglia di rivoluzione dei "gggiovani" di tutto il mondo. Punto di vista magari per qualcuno interessante, anche se filologicamente sbagliato. Ma la Belillo ammette anche di non aver mai letto il libro di Tolkien e di aver visto il primo film dormicchiando per metà. Come può dunque esprimere una qualsiasi opinione se poi dice di non avere quasi nessuna base per averne? E perché avete invitato una persona che non sapeva quasi niente dell'argomento sul quale si doveva dibattere?
-L'assessore alla cultura della provincia di Milano, Daniela Santanchè. Non c'è molto da dire, ha parlato per il figlio di 6 anni che ha visto 10 volte La Compagnia Dell'Anello. In quanto assessore alla cultura di una città così importante, ci si aspettava comunque una sua partecipazione più attiva e più partecipe rispetto a un tema culturale di cui conosceva le linee generali prevalentemente per conto di terzi.
-Irene Pivetti, che è stata indubbiamente la più equilibrata di tutti. Non ha cercato sterili interpretazioni politiche al film o al libro, né implicazioni sociologiche da salottino bene. Anzi, ha dato maggior risalto proprio all'opera del professor Tolkien, accostandosi al film semplicemente come alla trasposizione cinematografica di una grande e monumentale costruzione letteraria. L'onorevole Pivetti è stata l'unica degli ospiti che ha dichiarato di aver letto il romanzo e di apprezzarlo, e per quello che ha detto, o che non ha detto, può anche essere vero. Una cosa francamente desolante è che la Pivetti era come un isolotto solitario sperduto in un oceano di incompetenza, unico ospite che aveva quantomeno i requisiti per essere presente.
-Roberto D'Agostino, che ha svolto il ruolo di ipocrita di finto-uomo-di-cultura che in realtà ha dimostrato per l'ennesima volta una grandissima ignoranza. D'Agostino, che viene spesso definito tuttologo, ha una straordinaria tendenza a sguazzare nel nulla e a fuggire qualsiasi elemento espressivo che non gli sia immediatamente riconoscibile. Anni fa, tanto per fare un esempio, scatenò le ire degli appassionati di fumetti quando, ospite di una trasmissione della Rai, definì spazzatura icone del fumetto smanacciando furiosamente albi come Dylan Dog e opere pluripremiate come Sin City di Frank Miller, universalmente riconosciuto come tra i migliori scrittori di fumetti di sempre.
È ovvio che ognuno ha il suo ruolo e che quello del signor D'Agostino è il ruolo di provocatore, ma le sue provocazioni si sorreggono quasi sempre sul nulla, su una voglia di non-sapere e di attaccare a prescindere. Potrete anche dire che D'Agostino era lì per difendere il film di Boldi e De Sica, va bene, tutti hanno il diritto di difendere o attaccare qualsiasi opera. Ma D'Agostino, pur avendone il diritto, non aveva assolutamente i mezzi per attaccare il libro di Tolkien ("Non l'ho letto e non lo voglio nemmeno leggere") o il film di Peter Jackson ("Mi sono addormentato dopo venti minuti").
Inoltre non avete detto delle novità nemmeno riguardo alla vecchia polemica sul fatto che il romanzo di Tolkien sia stato adottato da credenze politiche diverse: una polemica inutile e superata, stantia, vecchia. Ma calcare addirittura la mano sul fatto che Il Signore Degli Anelli sia di tendenze fasciste, come ha cercato di suggerire D'Agostino cercando di dare risalto a una querelle decrepita, è un colpo basso e stupido, una mossa dettata dalla disinformazione. Solo in Italia, infatti, la Trilogia dell'Anello ha avuto degli accostamenti fascisti, solo in Italia e solo a causa di un gruppo di persone comunque ristretto. Tolkien, del resto, era un conservatore, non certo un reazionario.
Non è questo il modo corretto di fare informazione, ve lo dico da semplice spettatore, da semplice contribuente al canone Rai. Avete dimostrato, cara redazione, cari autori e caro Antonio Socci una triste tendenza a sfornare falsità, una notevole incompetenza che temo si basi su una linea editoriale, quella dell'informazione televisiva italiana, che trova respiro nella pochezza culturale più soffocante.
Cordiali saluti,
Vincenzo Mele