La regista polacca Kasia Smutniak racconta con il suo documentario Mur la difficile realtà nella cosiddetta 'zona rossa' al confine tra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di migranti sono bloccati. Presentato in anteprima il 12 settembre al Toronto International Film Festival, il film raccoglie testimonianze inedite di chi vive quotidianamente quell'emergenza umanitaria, non solo migranti ma anche attivisti che operano sul campo.
Mur: il trailer dell'esordio alla regia di Kasia Smutniak
Un tema, quello della crisi umanitaria al confine polacco, affrontato non solo da Smutniak, ma anche dalla regista Agnieszka Holland in The Green Border, presentato in anteprima al Festival di Venezia e proiettato poi al TIFF. "Io e Agnieszka siamo spinte dalla stessa motivazione: il nostro è un atto di ribellione", ha detto Smutniak a Variety.
L'esordio di Kasia Smutniak dietro la macchina da presa è un viaggio rischioso in una delle zone più pericolose d'Europa che ha dato vita a un documentario necessario, che punta a far aprire gli occhi. "Ogni giorno facciamo delle scelte e non possiamo darle per scontate. Dobbiamo stabilire da che parte della storia vogliamo stare", ha dichiarato per poi spiegare cosa l'ha spinta a realizzare Mur: "Volevo far conoscere la storia della zona rossa e ho pensato 'Come cittadina normale cosa posso fare?'. Sapevo di non essere abbastanza forte da trasferirmi lì per salvare vite umane, come fanno in molti, ma poi mi è venuto in mente che in realtà uno strumento ce l'ho ed è davvero potente: la narrazione."
The Green Border, Agnieszka Holland: "Do voce a chi non ce l'ha: l'Europa è un club chiuso"
La zona rossa è una striscia di terra che corre parallela al confine tra Polonia e Bielorussia, attraversata per oltre 180 km da una barricata di acciaio costruita appositamente per impedire ai migranti di entrare in Europa. Tra le tante paludi della foresta di Białowieża e i branchi di lupi, queste persone combattono ogni giorno per la sopravvivenza, intrappolati in un limbo politico per troppo tempo ignorato. Smutniak dà loro una voce e una risonanza mondiale, intervistando anche gli attivisti che quotidianamente cercano di salvare vite umane.
La regista ha ammesso che "per la prima volta nella mia vita, forse, essere una donna e un'attrice mi ha aiutato, perché avevo la sensazione di essere totalmente sottovalutata e in qualche modo invisibile". Una fortuna che le ha permesso di far conoscere al mondo la terribile situazione al confine polacco in un modo che lei stessa definisce "complementare" a quello di The Green Border: "Il film di Agnieszka è un dramma e il mio film è un documentario, quindi sono raccontati da punti di vista diversi, ma se si guardano entrambi si nota come essi siano complementari".