Quando Oliver Stone parlò al National Press Club a proposito di JFK - Un caso ancora aperto, un giornalista chiese al regista se intendeva insinuare, con il suo film, che il governo fosse coinvolto in qualche modo con gli omicidi di Martin Luther King, Jr. e Robert Kennedy, oltre che con quello di JFK. La risposta del regista lasciò tutti senza parole.
Stone rispose, senza dilungarsi in spiegazioni troppo complesse, con una sola parola: "Sì". Il regista, nel dicembre del 1991, fece proiettare la sua pellicola di fronte a tutto il Congresso di Capitol Hill; questo portò, in seguito, all'Assassinations Disclosure Act del 1992.
Anthony Lewis del The New York Times affermò che il film "distorceva enormemente la realtà piegandola ai fini sensazionalistici della sceneggiatura", aggiungendo anche che la figura storica del Presidente Kennedy ne uscisse molto manipolata. D'altro canto il film fu molto apprezzato dalla critica oltre a diventare, anche se a rilento, un'enorme successo commerciale.
Da parte sua, per difendersi dalle critiche, Stone apparì in numerosi talk show americani ed europei al fine di difendere il suo film, rispondere alle molte critiche, provenienti da ogni direzione, e proclamare il suo diritto alla libertà di espressione, considerato da sempre sacrosanto dal celebre regista.
A proposito delle numerose critiche ricevute per la distorsione cinematografica dei fatti operata in JFK - Un caso ancora aperto, il regista Oliver Stone, in un'intervista dichiarò: "Con questo film non intendo affatto dire: '...guardate qui, le cose sono andate esattamente così come descritte.' Mi sono, invece, soltanto limitato ad ipotizzare una ricostruzione dei fatti come avrebbe fatto un buon detective, tutto qui."