Adriano Pantaleo, il "Vincenzino" di Io speriamo che me la cavo ha parlato in un'intervista a Il Mattino del documentario attualmente in lavorazione che si intitola Noi ce la siamo cavata e racconta che fine hanno fatto i bambini del film con Paolo Villaggio, diretto da Lina Wertmuller e tratto dal best-seller di Marcello D'Orta.
Io speriamo che me la cavo è stato un film cult degli anni '90 diretto da Lina Wertmüller e dopo trent'anni Adriano Pantaleo, che nel film interpretava Vincenzino, ha deciso di portare avanti il progetto "Noi ce la siamo cavata", il documentario che svela la storia degli alunni del Maestro Sperelli (Paolo Villaggio) dopo il film e fuori dal set.
"Alcuni non li ho mai persi di vista", ha raccontato Pantaleo in un'intervista per Il Mattino. "Li ho sentiti e frequentati, per esempio Ciro Esposito, che interpretava il teppistello Raffaele Aiello, e Dario Esposito, che era Gennarino, il bambino che dormiva in classe, anzi, con lui siamo praticamente quasi parenti, perché le nostre madri fecero amicizia sul set e oggi si è sposato con mia cugina ed è un militare. Altri, invece, li avevo persi di vista."
"Alcuni hanno avuto storie meno fortunate: Luigi Lastorina, che interpretava Totò, e Salvatore Terracciano che era Salvatore, hanno avuto trascorsi di carcere, tra l'adolescenza e l'età adulta, ma oggi sono entrambi padri di famiglia sposati, se la sono cavata, con qualche piccola défaillance durante il percorso", ha svelato Pantaleo. "Mario Bianco, che interpretava Nicola, che amava le brioche, oggi conduce una vita legata ancora alle brioche! Ha aperto due cornetterie a Torino ed è diventato il re del cornetto di notte."
"Poi c'è Carmela Pecoraro", ha detto Pantaleo. "Tommasina, con altre esperienze attoriali: è stata la bambina in L'amore molesto di Martone e per due stagioni, fino ai 15 anni, è stata tra le protagoniste di Un posto al sole, poi ha deciso, quasi inconsapevolmente, di non continuare questo lavoro, ma lo ricorda con amore e malinconia, come qualcosa che avrebbe voluto portare avanti, nonostante oggi sia felice, e madre di tre bimbi. Ci ha confessato che, tornando indietro, non avrebbe mollato e ce l'avrebbe messa tutta per continuare."
Il docufilm, ha spiegato Pantaleo, si muove alla ricerca di questi bambini, proprio come se si trattasse di una classica rimpatriata della classe delle elementari. Pantaleo viene ripreso mentre si muove in giro per l'Italia, ripercorrendo le strade dei suoi compagni e facendosi raccontare i percorsi che hanno intrapreso: "Non cerco solamente gli attori, ma anche i protagonisti dietro le quinte del film", ha spiegato Pantaleo. "Ciro Ippolito, che ebbe l'idea di acquistare i diritti del best seller di Marcello D'Orta, Stefano Amatucci, il primo assistente alla regia, Andrea Longo, lo sceneggiatore, ad oggi scrittore, lavora anche al documentario. Insomma, ho girato parecchio, Torino, Piacenza, Roma. Il documentario si chiude con una vera rimpatriata, una cena in cui, tutti insieme, ci raccontiamo su chi siamo e chi eravamo e guardiamo la premiazione agli Oscar di Lina. Finiremo, si spera, le riprese a Marzo. Da lì, cercheremo di proporlo il prossimo autunno".