Dopo l'uscita de Il camorrista, esordio registico di Giuseppe Tornatore, durante il processo del 14 ottobre 1988 a carico della NCO, Nuova Camorra Organizzata, per l'omicidio Cappuccio, Raffaele Cutolo annunciò pubblicamente la sua richiesta di sequestro del romanzo Il camorrista, vita segreta di don Raffaele Cutolo.
Il mafioso, nonché fondatore della NCO, denunciò la non veridicità dei fatti riportati dall'autore del romanzo, al quale aveva effettivamente rilasciato alcune interviste. In primis la disapprovazione di Cutolo era dovuta all'ultimo capitolo del romanzo dedicato alla morte del suo braccio destro ed amico di infanzia Vincenzo Casillo ucciso, secondo lo scrittore, per volontà dello stesso Cutolo, il quale si è sempre dichiarato innocente rispetto alla morte del suo "amico più caro".
La tesi di Cutolo, in seguito, è stata avvalorata anche dalle testimonianze di Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, nemici storici di Cutolo e Padrini della Nuova Famiglia, i quali confessarono di aver ucciso Casillo al fine di decretare la fine della NCO.
Cutolo all'epoca era recluso in regime di carcere duro all'Asinara e quindi, secondo molti, questo lo dissocerebbe dall'omicidio. Il mafioso in seguito denunciò anche la modalità con cui il libro descriveva gli eventi: il dialogo scorre in prima persona, come se a parlare fosse lo stesso Cutolo.