In attesa della pubblicazione della Top 20 definiva dello staff del nostro webmagazine, prosegue il nostro viaggio alla scoperta delle selezioni individuali dei nostri redattori. E' il turno dell'infaticabile Stefano Lo Verme e dei suoi colpi di fulmine del 2014.
Leggi anche [I migliori film del 2014 - la top 20 della redazione di Movieplayer.it](https://movieplayer.it/articoli/i-migliori-film-del-2014-la-top-20-della-redazione-di-movieplayerit_1403
- Mommy
- L'amore bugiardo - Gone Girl
- The Wolf of Wall Street
- Class Enemy
- Si alza il vento
- American Hustle - L'apparenza inganna
- Frances Ha
- Hannah Arendt
- Boyhood
- Sils Maria
- 12 anni schiavo
- Maps to the Stars
- Solo gli amanti sopravvivono
- Walesa, l'uomo della speranza
- Nebraska
- Lei
- Interstellar
- Due giorni, una notte
- Dallas Buyers Club
- Ida
"Nei dodici mesi appena trascorsi, sono stati innumerevoli i film che hanno saputo sorprendermi, emozionarmi, divertirmi, infondermi un senso di inquietudine o lasciarmi stupefatto; talvolta in maniera più sottile e discreta, in altri casi con un'energia esplosiva e contagiosa. Difficile dunque selezionare una rosa di appena venti titoli, dalla quale finiscono per restare fuori tantissime pellicole di valore (Il giovane favoloso, Pride, The Look of Silence...). La mia classifica del 2014 inizia, partendo dagli ultimi posti, con due magnifici ritratti femminili ad opera del grande cinema d'autore europeo: la giovane novizia in cerca di se stessa di Ida di Pawel Pawlikowski e la Sandra impersonata da una sublime Marion Cotillard in Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne, impegnata in una disperata lotta per la sopravvivenza.
Ma anche il cinema americano ci ha proposto film magistrali: dalla prova da Oscar di un gigantesco Matthew McConaughey in Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée alla soffusa malinconia di Lei di Spike Jonze e di Nebraska di Alexander Payne, due registi che lo scorso anno ci hanno regalato le loro pellicole migliori; senza dimenticare il connubio fra una poderosa messa in scena e una coinvolgente riflessione sul significato dell'esistenza di Interstellar, ambizioso kolossal di fantascienza di Christopher Nolan. La Storia con la S maiuscola è invece al cuore di tre film diversissimi ma altrettanto encomiabili: Walesa - L'uomo della speranza del maestro Andrzej Wajda, ritratto della Polonia nell'era di Solidarnosc; il pluripremiato 12 anni schiavo di Steve McQueen, cupa e dolorosa rievocazione dello schiavismo negli Stati Uniti di metà Ottocento; e Hannah Arendt di Margarethe von Trotta, in cui l'indagine condotta dalla filosofa tedesca sulle responsabilità degli orrori dell'Olocausto e sulla "banalità del male" viene restituita con un rigore ed una profondità davvero ammirevoli.
Uno dei principali fil rouge che legano i miei film più amati del 2014 è identificabile nella rappresentazione dello scorrere del tempo, nella dicotomia fra realtà e finzione, nell'arte come ultimo baluardo contro la corruzione della nostra epoca. Tematiche che accomunano Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch, vampire-movie dal fascino ipnotico con Tom Hiddleston e Tilda Swinton, a due opere speculari sul cinema, sull'ossessione per la celebrità e sulla figura dell'attore: il nerissimo Maps to the Stars di David Cronenberg, con una Hollywood da incubo dipinta come una "città di spettri", e Sils Maria di Olivier Assayas, sofisticata esplorazione dell'animo della matura diva Maria Enders, impersonata da una magnetica Juliette Binoche. Ma il tempo, colto nel suo inarrestabile divenire, costituisce anche il nucleo di Boyhood di Richard Linklater, esempio unico nel suo genere di un cinema volto ad inseguire e 'catturare' la vita nelle sue sfumature più semplici e quotidiane.
In una classifica in cui spiccano molti indimenticabili personaggi femminili, il più irresistibile resta senz'altro la Frances Halladay alla quale presta volto e voce una deliziosa Greta Gerwig in Frances Ha di Noah Baumbach, fra le migliori commedie del decennio: un gioioso ed ironico inno all'amicizia e alla necessità di trovare se stessi, nella cornice in bianco e nero di una New York di rado così magica. Restando nell'ambito del cinema americano troviamo due film analoghi, entrambi in competizione agli Oscar del 2014: American Hustle di David O. Russell, travolgente black comedy con Christian Bale, Amy Adams e Bradley Cooper, caratterizzata da un ritmo impeccabile e condita da una soundtrack da urlo, e al terzo posto The Wolf of Wall Street, rutilante descrizione del rampantismo sfrenato nella Wall Street degli anni Novanta, con protagonista Leonardo DiCaprio in una performance a dir poco scatenata e la mano sapiente di un veterano quale Martin Scorsese che, a oltre settant'anni, ancora non cessa di stupirci.
Parlando di maestri, non poteva congedarsi in modo migliore Hayao Miyazaki: il suo testamento cinematografico, Si alza il vento, è un capolavoro di suggestione e di lirismo, in grado di far confluire la poetica del regista giapponese in un racconto che amalgama ricostruzione biografica e romanticismo, tragedia storica e squarci onirici, come mai prima d'ora nella produzione di Miyazaki. Ed è emblematico trovare, accanto all'addio di un autore di culto del cinema mondiale, l'impressionante esordio di un giovanissimo regista, lo sloveno Rok Bicek, che in Class Enemy, implacabile gioco al massacro consumato all'interno di un'aula scolastica, costringe i personaggi a confrontarsi con il proprio senso morale, con una lucidità e un'asciuttezza che strappano l'applauso.
Ma le prime due posizioni nella mia personale classifica del 2014 non potevano che essere occupate da due capolavori che mi hanno conquistato fin dal primo istante, in maniera differente ma con la medesima, fragorosa intensità. Al secondo posto c'è quello che può già essere definito il thriller del decennio: L'amore bugiardo - Gone Girl, sensazionale trasposizione dell'omonimo romanzo di Gillian Flynn da parte di uno dei più dotati registi dei nostri tempi, David Fincher, il quale realizza un meccanismo narrativo che lascia sbalorditi per il virtuosismo e la complessità della sua costruzione. Il mistero attorno alla scomparsa di Amy Elliott-Dunne, e l'investigazione che sembra inchiodare suo marito Nick, si tramutano in un'analisi gelida e tagliente dei rapporti di coppia, in cui la continua oscillazione del punto di vista, come in un torbido gioco di specchi, invita a riflettere sulla scissione fra la realtà e la sua rielaborazione soggettiva; mentre l'impenetrabile Amazing Amy di Rosamund Pike è uno di quei personaggi già avviati verso lo statuto di icona.
Al primo posto, prevalendo per un soffio sul thriller di Fincher, ecco infine uno dei film più arditi del nuovo millennio. Frutto del talento anarchico e visionario del venticinquenne canadese Xavier Dolan, Mommy, vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes 2014, segna un'ulteriore evoluzione nel percorso di un giovane autore che si era già fatto apprezzare per i suoi film precedenti (in particolare il bellissimo Laurence Anyways) e che finalmente è approdato anche in Italia. La storia del rapporto fra Diane, il suo problematico figlio Steve e la loro introversa vicina Kyla è veicolata mediante un racconto viscerale e totalizzante, che abbraccia lo spettatore trascinandolo nella sua vorticosa girandola di sentimenti impetuosi e sfibranti: da una mise-en-scène di straordinario impatto ad una colonna sonora adoperata in modo formidabile (da antologia le sequenze accompagnate da On ne change pas di Céline Dion, Wonderwall degli Oasis e Vivo per lei di Andrea Bocelli), passando per un meraviglioso terzetto di interpreti (Anne Dorval e Suzanne Clément sono una coppia di attrici da standing ovation), Mommy è il melodramma 'definitivo': un'opera d'arte capace di appassionare e commuovere come pochissime altre, nonché in grado di suscitare quei brividi di pura emozione per i quali non saremo mai abbastanza grati..." (Stefano Lo Verme)