Continua la pubblicazione delle top 20 personali dei redattori di Movieplayer.it, aspettando di conoscere la classifica definitiva dello staff calcolata in base a tutte le preferenze. Oggi è il turno di Marco Minniti, che ci racconta, attraverso venti titoli, il suo formidabile 2014 cinematografico.
Leggi anche [I migliori film del 2014 - la top 20 della redazione di Movieplayer.it](https://movieplayer.it/articoli/i-migliori-film-del-2014-la-top-20-della-redazione-di-movieplayerit_1403
1 - Maps to the Stars
2 - La Storia della Principessa Splendente
3 - L'amore bugiardo - Gone Girl
4 - Boyhood
5 - The Wolf of Wall Street
6 - Solo gli amanti sopravvivono
7 - Belluscone. Una storia siciliana
8 - Mommy
9 - The Look of Silence
10 - Si alza il vento
11 - Father and Son
12 - Nebraska
13 - A proposito di Davis
14 - Torneranno i prati
15 - Synecdoche, New York
16 - Mud
17 - Frances Ha
18 - Ida
19 - Class Enemy
20 - Lei
"Quest'ultimo, per il sottoscritto, è stato un anno caratterizzato da una riscoperta: quella di guardare il cinema per puro piacere personale, in modo più diretto e immediato, senza che necessariamente la predisposizione a una valutazione critica (sia pur solo mentale) arrivi a influenzare la visione. Si è trattato di un percorso del tutto personale, influenzato dalle contingenze della vita vissuta e (anche) da una maggiore disponibilità di tempo, che mi ha permesso di vedere più film al di fuori di quanto strettamente necessario per lavoro. Resta il fatto che, per quanto possa sembrare concetto banale e scontato, quest'attitudine alla visione immediata, in cui è il piacere il primo elemento della fruizione, non è a mio avviso sufficientemente valutata, specie nel nostro ambiente.
E' proprio in quest'ottica che chi scrive ha goduto della visione di alcuni dei film elencati in questa Top 20, abbeverandosi direttamente a ciò che il fluire delle immagini, e della narrazione, ha offerto: superando anche alcune storiche diffidenze (come quella verso il cinema di David Fincher, regista con cui ho sempre avuto un rapporto contrastato) quando mi sono trovato di fronte a un congegno narrativo perfetto, dal potere magnetico assoluto, come quello di L'amore bugiardo - Gone Girl. Ma riscoprendo anche il piacere mesmerico, persino ipnotico, di una favola animata come La Storia della Principessa Splendente, capolavoro di un maestro come Isao Takahata, commovente racconto di magia e crescita la cui concezione risale addirittura a decenni fa. Opera speculare, quella di Takahata, all'addio al cinema dell'altro (e più noto) maestro dello Studio Ghibli, Hayao Miyazaki: che, con Si alza il vento, abbandona la regia col suo film più crudo e realistico, capace, proprio in virtù di questo approccio, di lasciare lo spettatore con un enorme groppo in gola.
Il film di Miyazaki risale in realtà al 2013, ed era già stato mostrato nella scorsa Mostra del Cinema di Venezia: e sono diversi, in questa classifica, i film che, per la distribuzione italiana, hanno costituito in realtà dei "recuperi" delle stagioni passate. Parlo di Synecdoche, New York, risalente addirittura al 2008 complessa opera meta-cinematografica di un Charlie Kaufman appena approdato alla regia, portata in sala sull'onda dell'emozione per la scomparsa del protagonista Philip Seymour Hoffman; del racconto di formazione americano, immerso nel fango e negli odori dell'Arkansas rurale, di Mud di Jeff Nichols; dello sguardo divertito ed empatico sugli amori e le danze (reali e metaforiche) della giovane, irresistibile Frances Ha di Noah Baumbach. Tutti film visti per la prima volta in sala in questo 2014, tutti assolutamente meritevoli di rientrare in una classifica delle visioni più stimolanti dell'anno.
Tante sono state invece, per il sottoscritto, le esclusioni dolorose. A partire dal dittico dei due Nymphomaniac, in cui Lars von Trier si è dimostrato di nuovo capace di catturare, e di giocare a suo piacimento, con le pulsioni e le emozioni dello spettatore; per proseguire col racconto politico e umano di Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne, con lo spaccato di una battaglia personale che si fa politica di Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée, con due dei migliori comic-movie degli ultimi anni come Captain America: The Winter Soldier e Guardiani della Galassia. Merita invece un discorso a parte un'opera che ho molto amato, ma che ho scelto di tener fuori per altre ragioni, ovvero Goodbye to Language - Addio al Linguaggio: per la sua peculiare concezione, e per il discorso insieme teorico ed estetico che porta avanti, il film di Jean-Luc Godard andava visto nel modo in cui era stato concepito, ovvero in 3D. La scelta della distribuzione italiana (che già numericamente lo ha quasi condannato all'invisibilità) di mostrare il film in versione bidimensionale, ce ne restituisce inevitabilmente un simulacro, lontano da quanto l'autore aveva pensato.
Parlando, invece, di ciò che in questa Top 20 ha trovato diritto di cittadinanza, non posso che partire dal mio personale colpo di fulmine, quel Maps to the Stars che non solo ci ha restituito un David Cronenberg lucidissimo e più personale che mai nella sua esplorazione dei lati oscuri della psiche umana; ma che segna anche uno dei più potenti e devastanti ritratti di Hollywood, dei sogni e degli incubi a cui la Mecca del Cinema è in grado di dare forma, che la Settima Arte ci abbia mai consegnato. Un incubo invece reale, e descritto in tutta la sua spietata crudezza, è quello che Joshua Oppenheimer ci ha mostrato nel suo necessario The Look of Silence, seguito ideale del precedente film dedicato alla dittatura indonesiana, The Act of Killing - L'atto di uccidere; ma da incubo, anche se in forma grottesca, è anche la descrizione del nostro paese, e del suo tessuto sociale, che Franco Maresco fa nel suo corrosivo Belluscone. Una storia siciliana.
Altri personali amori cinematografici, tutti ugualmente capaci di colpire (almeno nel mio caso) cuore e cervello in parti uguali: l'emozionante, ambizioso racconto di crescita live di Boyhood di Richard Linklater (altrove l'ho definito "la più emozionante sovrapposizione tra cinema e vita", e non posso che confermare qui tale definizione); il lucidamente deragliante noir finanziario di The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, con un Leonardo DiCaprio in veste di broker allucinato; il solenne e funereo Solo gli amanti sopravvivono, racconto di vampiri in cui l'orrore è una promessa, più che un'espressione esplicita; il melodramma rigoroso e potente di Mommy, in cui Xavier Dolan fa la conta dei suoi temi con una lucidità e un controllo della messa in scena difficili da immaginare per un regista venticinquenne. Il resto lo fanno (tra gli altri) i racconti americani, tra strade polverose e promesse non mantenute, di Nebraska e A proposito di Davis, quello nostrano che sussurra, rendendolo ancora più agghiacciante, l'orrore della guerra di Torneranno i prati, il livido affresco dell'istituzione scolastica di Rok Bicek e del suo Class Enemy. Frammenti di visione, tra i tanti, che compongono un anno cinematografico dalle tante sfaccettature; più che mai ricco di stimoli e capace, per il sottoscritto, di rinverdire vecchi amori e porre le basi per nuovi, e stimolanti, legami cinematografici."