Ha appena trionfato ai Golden Globe. E Boyhood continua a presentarsi nelle altissime sfere delle nostre top 20 individuali, che vi stiamo svelando una per una prima di annunciare la selezione ufficiale della redazione per il cinema del 2014. Luciana Morelli lo mette davanti a tutti: scoprite il resto della sua classifica.
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1) Boyhood
2) L'amore bugiardo - Gone Girl
4) Lei
5) Nebraska
7) Locke
8) Melbourne
9) Lo Sciacallo - Nightcrawler
10) Frank
12) Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà
14) Father and Son
15) 12 anni schiavo
16) Class Enemy
18) Belluscone. Una storia siciliana
"Diventare grandi in un film e con un film si può. Ce l'ha dimostrato il 'regista della vita' Richard Linklater, che già aveva conquistato il mio cuore con la sua meravigliosa trilogia romantica in quello che è stato per me senza dubbio il film più bello ed emozionante non solo di tutto il 2014 ma probabilmente degli ultimi dieci anni. E' stato un anno di grande cinema quello che si è appena concluso, e Boyhood ha sbaragliato la concorrenza minuto dopo minuto senza ricorrere a particolari artifici, a colpi di scena o a dialoghi troppo serrati, bensì mettendo semplicemente in scena lo scorrere del tempo e il racconto di come il diventare 'grandi' influisca su sentimenti e relazioni che si instaurano all'interno di un normale, complicato e meraviglioso microcosmo familiare. Pur essendo un film di finzione (ebbene sì, non è una famiglia vera, sappiatelo) Boyhood rappresenta qualcosa che appartiene o è appartenuto a tutti noi, un'opera a suo modo estrema, unica nel suo genere, concepita per celebrare il cambiamento, il futuro che giorno dopo giorno percorre la sua strada e avanza tra sorrisi, lacrime, distacchi, piccoli tradimenti, conflitti e sensi di colpa. Ed ecco che i protagonisti davanti alla macchina da presa sono sempre gli stessi, non si truccano o si limitano a cambiare pettinatura, non invecchiano per finta, si trasformano sempre di più in loro stessi, crescono, invecchiano per davvero, si vogliono bene e non sembra che stiano recitando. Se non lo avete visto fatelo, perché non potete perdervi l'occasione unica di entrare in punta di piedi nella vita di un ragazzino che cresce, piange, ride, si arrabbia, odia il mondo e lo ama un attimo dopo, e che pian piano diventa uomo affrontando il distacco dalla madre senza troppi patemi, in maniera del tutto naturale. Sono tutti attori, lo sappiamo, ma per tre ore ce lo dimentichiamo e ci inteneriamo di fronte allo sguardo ingenuo e a volte impaurito di due genitori divorziati che si sentono palesemente inadatti al 'mestiere' di crescere i loro figli, ma che alla fine si accorgono di star portando a termine il 'compito' nel modo più bello del mondo, e cioè rimanendo loro stessi, senza rimorsi né rimpianti, senza paura di essere giudicati. Bello da togliere il fiato, come la vita. Il 22 gennaio torna in sala, non perdetevelo!
Al secondo posto nella mia classifica personale c'è L'amore bugiardo - Gone Girl, un thriller perfido, ammaliante e provocatorio che si assesta nel fianco dello spettatore come un fendente letale inflitto a tradimento. David Fincher si conferma un genio della narrazione usando trappole micidiali, violenza drammaturgica e un umorismo di quelli raggelanti per raccontare l'amore di coppia e le sue derive, di come un matrimonio all'apparenza perfetto e felice possa trasformarsi in un enigma senza fine di cui solo i protagonisti conoscono la soluzione, un labirinto quotidiano fatto di tarli, dubbi dilanianti, menzogne, ripicche e sospetti che non prevede una via di scampo.
Medaglia di bronzo per un film che, se osservato dalla giusta prospettiva, qualcosa in comune con l'amore bugiardo di Ben Affleck e Rosamund Pike ce l'ha. La freddezza dello sguardo in primis, e una protagonista femminile dalla bellezza sconvolgente. Ingiustamente fischiato dalla critica a Venezia ma da me letteralmente adorato sin dal primo ipnotico fotogramma, Under the Skin è il viaggio alla scoperta dell'umanità affrontato da un'aliena imperscrutabile silenziosa e seducente, catapultata sul nostro pianeta senza un apparente motivo se non quello di interagire con la razza umana in tutte le sue sfaccettature e di riuscire a sopravvivere contando solo sulle sue forze. Che poi è lo stato d'animo in cui mi sono trovata spesso nella mia vita, ma è solo un dettaglio. Musiche di grande impatto, effetti visivi e sonori stranianti insieme ad una costruzione delle scene che sembra davvero opera di un cast tecnico proveniente da chissà quale pianeta, contribuiscono a rendere questo film un'esperienza alienante che prescinde da qualsiasi intreccio narrativo con l'intento ben preciso di monopolizzare i sensi e confondere la mente. Il merito oltre che di Jonathan Glazer è anche di Scarlett Johansson, sinuosa eroina dal gigantesco fascino magnetico che è brava a non lasciarsi disorientare da un'interpretazione fuori dagli schemi e da un personaggio che fugge ogni umana coercizione.
Dalla quarta posizione in giù le emozioni si equivalgono. Ho pianto a fiume per 'colpa' di Matthew McConaughey e Jared Leto, giganteschi protagonisti di Dallas Buyers Club, ho pianto con Father and Son e Nebraska, due film incentrati sul tema della paternità che mi sono rimasti nel cuore, con il coraggio di Ken Loach e del suo potente Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà, con il dramma esistenziale del Leopardi di Mario Martone raccontato ne Il giovane favoloso, con la toccante odissea umana narrata in 12 anni schiavo e con il doloroso dramma contemporaneo messo in scena con maestria e delicatezza dai fratelli Dardenne, che in Due giorni, una notte riescono a racchiudere tutta la frustrazione, la crudeltà e l'incomunicabilità del nostro tempo. Ma non ho solo pianto, anche se in sala mi capita piuttosto spesso, ho anche riso di gusto grazie alla genialità di Belluscone. Una storia siciliana, che rappresenta a tutti gli effetti il mio film sorpresa italiano dell'anno, all'avventura sentimental-musicale di Tutto può cambiare, al fascino misterioso, anticonformista e tragicomico di Frank.
Rabbia, tensione, brutalità e paura non possono mancare nella top 20 di un'appassionata di horror in cerca di emozioni forti. Largo allora al thriller e ai film di genere con Locke, Nemico di classe, Lo sciacallo - Nightcrawler e Melbourne, quattro splendidi piccoli grandi film low budget il cui investimento totale non raggiunge neanche la decima parte della cifra totale che è servita a Scorsese per realizzare il colossale e nevrotico The Wolf of Wall Street, all'ultimo posto della mia classifica solo perché ho la certezza che Martin, uomo di mondo con le spalle assai larghe, non se la prenderà più di tanto quando saprà che gli ho preferito promettenti e giovani autori con tanto ancora da imparare.
In ultima battuta voglio spendere due parole per il nuovo intrigante e torbido dramma psicologico partorito dal talento visionario di uno dei miei registi preferiti in assoluto. Mi ha colpita, divertita e inorridita allo stesso tempo David Cronenberg con il suo Maps to the Stars, confermandosi un autore capace di mettersi continuamente in gioco, di rischiare, di rimanere sempre in movimento dando vita ad continuo mutamento stilistico e narrativo che non snatura però la sua ferrea identità e la sua straordinaria vitalità. Un cast eccellente e una sceneggiatura interamente costruita attorno ai concetti di potere, narcisismo e insicurezza, nelle loro accezioni più distruttive e autodistruttive, fanno di Maps to the Stars un film verbalmente violento, dannatamente metaforico, meravigliosamente inconsueto. Da vedere, rivedere e rivedere".
(Luciana Morelli)