Uno dei film più amati e celebrati di sempre, Heat - La sfida di Michael Mann, è stato oggetto di un'interessante conversazione a seguito di proiezione presso l'Academy cui hanno partecipato i due protagonisti Robert De Niro e Al Pacino, il regista e Christopher Nolan.
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Una delle ammissioni più memorabili è quella di Al Pacino riguardo il suo personaggio Vincent Hanna: è perennemente fatto di cocaina per tutto il film. "Non credo di averlo mai detto ad alta voce" ha commentato l'attore suscitando la risata del pubblico, "ma l'ho sempre voluto dire, così che capiste il perché del suo comportamento".
Dopo le chiacchiere tra i 4 giganti di Hollywood sono arrivati sul palco anche gli attori Amy Brenneman, Val Kilmer, Diane Venora e Mykelti Williamson, i produttori Pieter Jan Brugge e Art Linson, il direttore della fotografia Dante Spinotti, il montatore William Goldenberg e il tecnico del suono e del mixaggio Andy Nelson.
A dare inizio alle danze è stato Nolan, che ha raccontato il momento in cui all'epoca dell'uscita del film, lesse una recensione in cui Heat veniva descritto come "nuovo classico del cinema americano", espressione che l'aveva portato a chiedersi se davvero un film dei primi anni 90 avesse altro da dire sul genere poliziotti e ladri. Di lì a poco avrebbe scoperto che il film di Mann trascende le etichette, e che sarebbe diventato fonte d'ispirazione per i suoi stessi film.
Parlando della genesi di Heat, Mann ha menzionato la vera storia da cui ha tratto l'idea: un suo amico, il detective della polizia di Chicago Charlie Adamson uccise nel 1963 il criminale Neil McCauley. Come i loro alter ego sul grande schermo nutrivano una sorta di debole l'uno per l'altro nonostante si trovassero ai lati opposti della legge.
"Avevano quel tipo di intimità che solo due estranei possono avere", ha detto Mann. È in questa strana relazione ed interazione che sta il cuore di Heat, una dinamica che Mann aveva già esplorato in Sei solo, agente Vincent nel 1989, ma che solo qualche anno dopo è maturata in un film che ancora oggi incanta.
De Niro ha raccontato qualcosa dei segnali visivi del film: "Fin dall'inizio ci doveva essere quella differenza tra i personaggi in termini di come si presentano, i colori che sfoggiano". E parlando del modo in cui vengono percepiti i personaggi, si è discusso come anche in questo film il regista abbia speso molto tempo creando un background per ciascuno di loro, storie che non si vedono nel film, ma che infondono le performance di sfumature, così che il loro passato in qualche modo trapela dallo schermo. McCauley, ad esempio, è arrivato a vedere il mondo nel modo in cui lo vede per aver passato molto tempo nelle biblioteche delle prigioni imparando il Buddismo o quei rudimenti di marxismo che formano la sua identità morale.
Anche Amy Brenneman aveva proposto molte idee per la sua Eady, che Mann era ansioso di conoscere. Dalla lettura del copione aveva immaginato una donna molto ferita, con una problematica relazione col padre e orse anche l'ombra di incesto nel suo passato. Ma Mann le semplificò tutto dicendo: "No, è solo che si innamora di lui". L'attrice ricorda: "È stato davvero un momento bellissimo. Una resa, un lasciarsi andare. Pensai 'Oh, sono una speranza carica di sogni per qualcuno (McCauley)".
Val Kilmer, che poco prima di arrivare sul set del film era impegnato su quello di Batman Forever ha ricordato l'entusiasmo che provava per il progetto con un commento che forse non farebbe piacere a Joel Schumacher: "La cosa più divertente mentre facevo Batman era prepararmi per Heat. Mi manca".
La fotografia di Spinotti ha saputo incorniciare questa intensa e passionale lotta tra legge e crimine nelle immagini notturne di una Los Angeles che sembra un quadro, e ora che attendiamo una versione restaurata del film che ancora oggi è il punto di riferimento nella carriera di Mann ci auguriamo che la sua bellezza possa affascinare nuove generazioni di spettatori.