The Gray Man è al cinema, e presto arriverà anche su Netflix, ma cosa ne pensano i registi Anthony e Joe Russo di questa "guerra culturale" tra sala cinematografica e streaming? Che non ha davvero senso.
Intervistati dall'Hollywood Reporter in occasione dell'uscita dello spy-thriller con Ryan Gosling, Chris Evans e Ana de Armas da loro diretto, i due registi, che tra grande e piccolo schermo non hanno mai mancato di regalare memorabili storie, spiegano perché non sono d'accordo con il discorso di "sacralità della sala cinematografica".
"Odio essere puerile su questo fronte. Amiamo davvero tutto del cinema classico, ma non abbiamo mai fatto i preziosi al riguardo in nessun modo" ha esordito Anthony Russo "Ciò che ci ha sempre entusiasmato più di ogni altra cosa è la domanda 'Come vai avanti?'. Questa è parte della nostra filosofia per quanto riguarda il non fare i preziosi sulla distribuzione cinematografica. 'Come ti allontani dai vecchi modelli? Come fai a raggiungere un pubblico che prima non coinvolgevi?' Questi sono gli aspetti più interessanti per noi".
"Il cinema d'autore è un idea che ormai ha già 50 anni. È stata concepita negli anni '70, e noi ci siamo cresciuti. E quando eravamo ragazzi, era qualcosa di davvero importante per noi. Ma siamo anche consapevoli del mondo ha bisogno di cambiare, e più cerchiamo di prevenire il cambiamento, più caos creiamo" ha poi aggiunto Joe "Non spetta a nessuno rifiutare le idee della nuova generazione. Siamo in crisi al momento perché tutti sono in guerra con tutti, ed è qualcosa di davvero triste da vedere per qualcuno che è cresciuto amando il cinema".
"Ma una cosa che bisogna tenere a mente inoltre è che l'idea di potersi recare al cinema è piuttosto elitaria. È dannatamente costoso" continua Joe "Quindi questa nozione che si è creata, a cui ci aggrappiamo, che la sala cinematografica è un luogo sacro, è una cavolata. E respinge l'idea di permettere a tutti di farne parte, Il valore della distribuzione digitale, oltre al fatto che spinge anche per una maggiore diversità, è che le persone possono condividere gli account. Possono avere 40 storie al costo di una sola. Ma portare avanti una guerra culturale sul fatto che ci sia o meno una valenza in tutto ciò per noi è da matti".