La città che cura è un film del 2019 diretto da Erika Rossi. Durata: 89 min. Distribuito in Italia da Lo scrittoio. Paese di produzione: Italia.
Presentazione di un progetto di salute sul territorio di eredità basagliana in una periferia come tante, quella di Ponziana a Trieste, in cui la solitudine e le difficoltà rendono la vita degli abitanti sempre più difficile.
Il documentario tocca un tema delicato e che prima o poi ci sfiora tutti, quello del benessere psico-fisico, perchè se è vero che una malattia ci può colpire nel corpo è vero anche che è non è solo la carne o le ossa a soffrire ma anche lo spirito, soprattutto per quanto riguarda le malattie croniche e per quelle persone che non sono più al centro dell’attenzione sociale e cioè gli anziani, persone che magari non hanno nessuno che si prende cura di loro, persone che oltre a dover combattere la malattia, devono affrontare un nemico ancora più inesorabile: la solitudine. Mal comune mezzo gaudio dice il proverbio ed è vero anche per le malattie più terribili: se c’è qualcuno che ti sta vicino, riesci a trovare quel briciolo di energia per sopportare il dolore, lo stress della malattia, dei farmaci, di vivere con una disabilità.
Vivere da malati non è facile, neanche nei paesi più sviluppati con ottime organizzazioni sanitarie. In Italia non siamo all’apice in questo settore e si parla più spesso di malasanità che di buona sanità. Con l’aiuto della famiglia, di persone care, diventa una battaglia quotidiana comunque, se sei da solo è praticamente un’impresa impossibile. Quindi le condizioni di salute dipendono moltissimo dalla fortuna in un certo senso: se nasci in una famiglia che ti può aiutare, che ha i mezzi per sostenerti, per permetterti di avere accesso a medici e farmaci, allora il panorama è abbastanza passabile, altrimenti finisci in quei lager/ospizi dove i pazienti non vivono più, ma semplicemente sopravvivono, senza una qualità di vita apprezzabile, senza interazioni sociali, senza amicizie, senza nessuno che ti regali un sorriso, o un po’ del suo tempo per farti compagnia.
Ed è per questo che il progetto di salute pubblica narrato nel documentario è qualcosa di straordinario, un’esperienza che si distingue in Europa per i suoi meriti e successi. L’obiettivo del progetto non è soltanto quello di provvedere al lato “materiale” della malattia, quello immediato per così dire, i farmaci i medici… no, fa un passo in più, e i suoi operatori sono educati a mettere in atto una visione del mondo diversa, un modo di aprirsi al prossimo, di “curare” che va ben oltre la somministrazione di una compressa. Curare tutta la persona, non soltanto la malattia, curarne le relazioni sociali, tenere vivo il loro interesse per gli altri, per la vita stessa, per loro stessi. Riportarli al centro dell’attenzione, lontani dal dimenticatoio dove è facile scaricarli.
Facciamo la conoscenza di Plinio, un pianista ai suoi tempi, ora anziano e ipocondriaco che rifiuta di uscire di casa per paura, per stanchezza, perchè è più facile chiudersi dentro che affrontare la fatica di uscire fuori per poi magari sentirsi rifiutati. Roberto che affronta un’ardua battaglia dopo aver subito un ictus, e deve ritrovare la fiducia nel suo corpo, nei movimenti, nel linguaggio, in ogni singolo gesto. Infine c’è Maurizio, che ha vissuto una vita di eccessi, senza pensare al domani, vivendo solo nel presente, ma disgraziatamente il futuro arriva con il conto da pagare. Per queste tre persone, che per il resto della società potrebbero essere tranquillamente fantasmi, il programma è riuscito a creare nuove possibilità, nuovi intrecci sociali, un nuovo interesse per il quotidiano e magari anche per il domani. Curare una malattia, senza curare tutta la persona non ha senso, non è come rompersi una gamba e dopo l’ingessatura, via, sei più o meno come nuovo. Vivere con una malattia, vivere con gli acciacchi che magari non sono neanche gravissimi, ma che si accumulano e rendono difficile tutto, è un cammino arduo e stancante per chiunque. Avere un amico, un operatore esperto, un tecnico, che non è interessato soltanto a somministrarti un farmaco, ma è interessato a te come persona fa un’enorme differenza. A volte è la differenza che può migliorare concretamente la vita della gente. Di tutta la gente.
Questa è la sinossi ufficiale distribuita da Lo Scrittoio: “Il film racconta una periferia come tante, in cui la solitudine e le difficoltà rendono la vita più difficile: Plinio, un anziano pianista ipocondriaco, non vuole più uscire di casa, Roberto affronta la fatica di vivere dopo un grave ictus, Maurizio paga lo scotto di una vita di eccessi. Grazie al progetto di salute pubblica presente nel quartiere per Plinio, Roberto e Maurizio si aprono nuove opportunità, nuovi scenari di vita in cui mettersi nuovamente in gioco, perchè “curare” significa creare relazioni, conoscere le persone e i loro bisogni, stare insieme e condividere i problemi di ogni giorno. “