C'è chi è bravissimo a suonare il blues e chi il blues ce l'ha. Zucchero ce l'ha
È Francesco De Gregori a definire forse meglio di chiunque altro il senso della carriera del bluesman italiano. C'è anche la sua preziosa testimonianza, insieme a quelle di Bono, Sting e tanti altri nel film che vi raccontiamo nella recensione di Zucchero - Sugar Fornaciari, il documentario Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano che è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e arriva al cinema come uscita evento il 23, 24 e 25 ottobre. È un film diretto, veloce, ritmato come alcune delle sue canzoni più rock e potenti, e fa uscire bene alcuni tratti salienti dell'artista. La sua internazionalità, quel riuscire a fare una musica come il blues che in Italia, cantata in Italiano, negli anni Ottanta era una musica nuova. La sua capacità innata di attrarre i più grandi artisti di tutto il mondo, che hanno sempre chiesto di collaborare con lui. E, infine, la riconoscibilità. "Ogni volta che ascolto Zucchero so immediatamente chi è, dice Sting". Ed è davvero così. Zucchero ha un suono - che non ha trovato subito - e una voce unica. "Non faccio vocalizzi per schiarirmi la voce, perché la voce tanto non si schiarisce", scherza lui in un passaggio del film.
Da Roncocesi al mondo
Il blues è la musica del Diavolo. Eppure Adelmo Fornaciari (che la maestra chiamava Zucchero perché era un bambino dolcissimo) ha iniziato da una chiesa. D'accordo con il prete, per cui faceva il chierichetto, aveva il permesso di suonare l'organo della chiesa di Roncocesi, per imparare a suonare uno strumento senza doverselo comprare. A 11 anni si trasferisce, va a vivere a Forte dei Marmi, al mare, lui che non sa neanche nuotare. Il distacco dai suoi luoghi, e dalla sua amata nonna Diamante (quella della meravigliosa canzone), lo fa soffrire. È da qui, dalla tribolazione, che nasce il blues, come fa notare ancora una volta Francesco De Gregori. Arriva subito a suonare in una band, e a diventare un cantante. Poi arrivano Castrocaro e una serie di Sanremo, dove tutti vogliono che canti una canzone sanremese, con la voce pulita, e vestito bene. Zucchero va a San Francisco, dove c'è un certo Corrado Rustici che ha suonato con Aretha Franklin. Registrano un album, e come singolo viene scelta Donne: arriva penultima a Sanremo, ma le radio la trasmettono. È la svolta: Zucchero, con lo stesso team, tira finalmente fuori la sua musica, con Rispetto (1986), Blue's (1987) e Oro, incenso e birra (1989). È blues, è cantato in italiano, e per gli italiani è una musica nuova. Poi arrivano la depressione, la rinascita grazie a una nuova casa, e la nuova fase della carriera, con Don Was che sostituisce Corrado Rustici alla produzione.
Quando Miles Davis disse a Zucchero "stai suonando nella tonalità sbagliata"
Blue's e Oro, incenso e birra sono gli album che lanciano Zucchero nel panorama internazionale: un artista che fa blues in modo credibile e che canta in italiano, una lingua che gli anglosassoni adorano perché ha un suono romantico, come ci racconta Brian May. E questa sua natura comincia a richiamare grandi star. Tutti vogliono collaborare con Zucchero. A vederlo da fuori, al tempo, sembrava una strategia creata dai suoi manager, invece era tutto spontaneo: erano questi grandi nomi che, una volta ascoltato Zucchero, volevano conoscerlo. Fu così per Miles Davis, che lavorò su Dune mosse e che, una volta arrivato in studio, senza neanche salutare, disse a Zucchero "la stai suonando nella tonalità sbagliata". O Eric Clapton, che gli disse "il mondo deve vedere questo concerto, devi venire in tour con noi". Così, mentre apriva per Clapton, Zucchero aveva poco pubblico, ma man mano l'attenzione crebbe, fino a che un giornalista inglese scrisse di andare a vedere quel "cappellaio matto con la voce di cuoio". E poi Luciano Pavarotti, coinvolto a cantare Miserere, Bono, Sting, che gli chiese il testo in italiano di Mad About You, Paul Young che andò a trovarlo in studio e Brian May che lo invitò al Freddie Mercury Tribute. Non sono collaborazioni nate a tavolino, ma dall'amicizia e dalla stima.
Bono: "Zucchero è una sorta di mistico"
C'è anche Bono, leader e voce degli U2, in questo racconto. Conosciuto grazie alla comune amicizia con Pavarotti, Bono ha diviso proprio quel palco con Zucchero. Ascoltate, a proposito, una vera e propria perla: Bono che, in uno degli eventi di Pavarotti, canta insieme a Zucchero la parte di tenore di Miserere. Bono ha sempre amato soprattutto le ballate di Zucchero, e spesso ha scritto i testi in inglese di alcune sue canzoni: Blue, Someone Else's Tears, Streets Of Surrender. "La tua voce è come un'orchestra di fiati, riempie tutte le tonalità", amava dire Bono a Zucchero. Ma anche, come sentiamo dalla sua stessa voce, che "sa accettare la tristezza senza esserne sopraffatto. È una sorta di mistico".
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Gli anni della depressione
Quella parole sulla tristezza irrompono in un momento del film che parla della depressione di cui ha sofferto Zucchero, all'apice del successo, dagli inizi alla metà degli anni Novanta. Una depressione scatenata dal divorzio dalla moglie e del non sentirsi mai davvero a casa, nata quando da bambino fu costretto a lasciare la sua casa d'infanzia e acuita dopo la separazione. Proprio una casa, trovata a Pontremoli, e la cura nel ristrutturarla, lo hanno fatto uscire dal tunnel. È così che nasce Spirito divino (1995), il suo album più ottimista. È il disco di Così celeste (diventata, a sorpresa, la canzone di Natale islandese...) e de Il volo, che chiude eterea e trionfante il film.
Sting: "Conta l'unicità, non somigliare a nessun altro"
ZUCCHERO - Sugar Fornaciari è un film riuscito, che riesce a coniugare il pubblico e il privato di Zucchero, l'infinitamente piccolo (Roncocesi) e l'infinitamente grande (le centinaia di città toccate dai tour mondiali), la gavetta e il successo. I discografici gli dicevano che quella musica che gli piaceva, con quella voce così particolare, in Italia non avrebbe funzionato. Si sbagliavano. E coì Zucchero - Sugar Fornaciari diventa anche una storia universale, dedicata a tutti quelli che hanno qualcosa di unico, che hanno una loro voce (intesa nel senso più ampio, come messaggio) e non vogliono cambiarla, a tutti quelli che non vogliono uniformarsi. Ce lo spiega Sting, altro illustre ospite del film. Quello che conta è "l'unicità, non somigliare a nessun altro, avere la propria impronta digitale". Ed essere unici, diversi, particolari, in un'era in cui gli algoritmi tendono a etichettare e uniformare tutto, è davvero rivoluzionario.
Conclusioni
Nella recensione di Zucchero - Sugar Fornaciari vi abbiamo parlato un film riuscito, che riesce a coniugare il pubblico e il privato di Zucchero, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, la gavetta e il successo. I discografici gli dicevano che quella musica che gli piaceva, con quella voce così particolare, in Italia non avrebbe funzionato. Si sbagliavano. E coì Zucchero - Sugar Fornaciari diventa anche una storia universale, dedicata a tutti quelli che hanno qualcosa di unico, che hanno una loro voce e non vogliono cambiarla.
Perché ci piace
- La storia di Zucchero, ancora poco conosciuta.
- La grande musica, decine e decine di canzoni entrate nell'immaginario collettivo,
- Un trattamento che passa anche dalle ferite e che non è una celebrazione, ma coglie l'anima dell'artista.
Cosa non va
- Avremmo voluto ascoltare a lungo ancora tante canzoni...