Mettiamo subito le mani avanti. L'ideale sarebbe leggere questa recensione, come qualsiasi altra, dopo la visione di Zombie contro Zombie. Non stiamo parlando dell'ennesima produzione americana sulla scia di Romero o The Walking Dead. Questa scoppiettante horror comedy, opera prima di Shin'ichirô Ueda, si rivela una delle declinazioni sul tema più sorprendenti per freschezza e fantasia. Ricco di trovate, il film parte da un assunto ormai abusato. Una troupe cinematografica ridotta all'osso gira uno zombie horror low low budget. Tra trucchi posticci, una location tetra al punto giusto e qualche incidente di percorso, la lavorazione procede finché veri zombie non invadono il set decimando la troupe.
Niente di nuovo sotto il sole. Il meta-zombie è qualcosa che abbiamo visto e rivisto sul grande e piccolo schermo. Il fascino del set è inossidabile e sono tantissime le produzioni che si concentrano sullo svelamento del dietro le quinte, mostrando cosa si cela dietro il meraviglioso congegno che ci inchioda al buio su una poltrona per ore. Difficile dire qualcosa di nuovo al riguardo... eppure Zombie contro zombie vi riesce alla perfezione.
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Lo zombie, una figura rassicurante
Accantonate momentaneamente le metafore sociopolitiche che da sempre accompagnano la figura degli zombie, Zombie contro Zombie si concentra sulla perfettibilità degli esseri umani che popolano un set. Se escludiamo la componente horror, il film di Shin'ichirô Ueda è una commedia di caratteri che si prende gioco delle maestranze impegnate nella settima arte. Nella galleria dei personaggi messi sapientemente in scena da Ueda troviamo il regista troppo esigente, l'attrice cagna, la truccatrice materna e comprensiva con l'hobby della difesa personale, il tutto declinato in salsa giapponese a rendere la situazione ancor più folle.
E poi abbiamo gli zombie. Niente a che vedere con i morti viventi fulminei e ferocissimi che vanno per la maggiore ultimamente. I morti viventi di Zombie contro Zombie sono figure piuttosto tradizionali, inquietanti, ma al tempo stesso rassicuranti in quanto rappresentano un punto fermo nella tradizione cinematografica. Da uno zombie sappiamo sempre cosa aspettarci. Lo stesso non vale per un film che racchiude due, anzi tre pellicole differenti in un crescendo di colpi di scena che si prendono gioco dello spettatore.
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Povertà di mezzi, ricchezza di idee
Il regista Higurashi (Takayuki Hamatsu), protagonista di Zombie contro Zombie, non va tanto per il sottile quando si tratta del suo film. Il suo motto all'apparire degli zombie sul set è "Non smettere di riprendere" (questo è il significato del titolo giapponese). Pur caratterizzandosi per alcuni risvolti esilaranti, Zombie contro Zombie non fa mistero di una certa sapienza stilistica messa al servizio del contenuto del film. Shin'ichirô Ueda, anche montatore e quindi responsabile del ritmo indiavolato della storia, apre il suo horror con un single take della durata di 40 minuti. Virtuosismo, questo, tutt'altro che gratuito, visto che ha una valenza ben precisa nell'economia generale dell'opera. Ma questo il pubblico lo apprenderà solo a visione conclusa.
A giochi fatti, Zombie contro Zombie si rivela non solo un gustoso horror citazionista - a suo modo - ma anche un'acuta riflessione sui metodi di lavoro sui set. L'importante è portare a casa il risultato, soprattutto se si lavora con pochi soldi. Ecco che l'ingegno prende il sopravvento e, là dove non arriva al competenza, ci pensano soluzioni tanto arruffate quanto esilaranti. Il povero Higurashi ce la mette tutta a tamponare i problemi emersi sul set dimostrandosi efficiente perfino quando si tratta di lavorare in condizioni disperate (d'altronde non sono così molti set di produzioni piccole e medie?) e mettendo a frutto l'ingegno. Oltre che celebrare il cinema dei morti viventi, Zombie contro Zombie è un inno all'arte di arrangiarsi, a quel cinema povero, ma pieno di idee che in passato hanno omaggiato tanti amanti dell'horror, non ultimo Tim Burton. Fantasia al potere in un'esilarante orgia di sangue (finto) e fluidi corporali (veri). Cosa non si fa per amore dell'arte.
Movieplayer.it
3.5/5