Tempo d'estate, tempo di revival horror. Dopo i vampiri, evergreen degli schermi fantastici, e dopo i lupi mannari resuscitati, senza troppo successo, dal buon Wes Craven in Cursed, tocca agli zombies far capolino sul grande schermo per turbare il sonno degli spettatori. Il personaggio del living dead è, da sempre, uno dei più amati dagli appassionati dell'universo orrorifico ed i film sul tema, declinato in tutte le sue possibili varianti, si sprecano. Stavolta, però, la rentrée è di quelle trionfali: dopo anni di difficoltà economiche, di tira e molla con i produttori e di flessione dell'estro creativo, George A. Romero è tornato alla grande con La terra dei morti viventi, ideale conclusione della sua trilogia (ora quadrilogia) sui morti viventi, oppure, incassi permettendo, esordio di una nuova trilogia dei living dead del terzo millennio che, vista la qualità artistica di questo nuovo episodio, si rivela degna di aspettativa. Niente a che vedere, dunque, con la serializzazione di mostri, mostriciattoli e fantasmi che denuncia l'estrema povertà di idee che il cinema horror americano sta vivendo, ma il ritorno di grande maestro capace di coniugare intrattenimento spettacolare e riflessione critica sulla società in cui viviamo, il tutto caratterizzato dalla vecchia maniera artigianale che da sempre contraddistingue il Romero's touch. Al di là di quelli che possono essere ritenuti punti fermi all'interno del sottogenere zombesco, occorre sottolineare l'infinita varietà di temi, trame e caratteri che si rintracciano in questo filone.
I primi zombies veri e propri mai apparsi sul grande schermo devono la loro genesi ai fratelli Halperin, il regista Victor ed il produttore Edward, che nel 1932 realizzano White Zombie, seguito, quattro anni dopo, da Revolt of the Zombies. Nonostante il basso budget e le conseguenti ingenuità del plot, White Zombie resta una pietra miliare nella storia dell'horror, sia per la presenza magnetica di Bela Lugosi nei panni del dottor Master, burattinaio creatore e manipolatore di zombies, sia perché il film stabilisce i topoi del genere. Ispirato a un saggio di William B. Seabrook del 1929, The Magic Island, sui costumi di Haiti, il film stabilisce il binomio chiave della produzione zombesca: Carabi e Voodoo; gli zombie vivono in condizione di schiavitù, agiscono sempre in gruppo in quanto hanno completamente smarrito l'identità individuale, si muovono con estrema lentezza, ma all'occorrenza si rivelano piuttosto pericolosi. In realtà, già prima di White Zombie, alcuni morti che camminano, come il protagonista de Il Gabinetto del dottor Caligari, capolavoro espressionista del 1919, o La mummia, avevano fatto capolino dallo schermo cinematografico pronti a turbare il sonno degli spettatori, ma da questo momento in poi saranno gli zombie doc di origine caraibica ad infestare pellicole più o meno riuscite e ad affiancare i mostri della più classica tradizione gotico-letteraria. In Revolt of the Zombies, non troppo riuscito seguito di White Zombie, Victor Halperin decide di trascinare le sue creature sul fronte franco-tedesco durante la prima guerra mondiale, variante che verrà riutilizzata di tanto in tanto negli anni successivi: vedremo così i non morti nei panni di una compagine di cadaveri armeni contro la Roma imperiale in The Zombie Legion, in divisa da SS in Zombie Lake, come soldati confederati nella Guerra di Secessione in The Killing Box, e persino come ex combattenti australiani del Vietnam che risorgono per vendicarsi sui turisti giapponesi, in Night Crawl. Fortunatamente il destino bellico degli zombie è destinato a verificarsi solo episodicamente, mentre, più un generale, la loro presenza sugli schermi diviene quasi ossessiva, infatti si moltiplica la produzione di pellicole più o meno onorevoli che li vedono al centro dell'azione. Nello stesso anno di Revolt of the Zombies, perfino Michael Curtiz, futuro regista di Casablanca, approda al mondo dei non morti con una pellicola a metà tra gangster movie e horror, L'ombra che cammina, ma per trovare il primo capolavoro del genere dobbiamo aspettare il 1943, anno in cui Jacques Tourneur realizza Ho camminato con uno zombie. Costituito da un lunghissimo flashback che si apre in medias res, il film è, in realtà, un melodramma amoroso immerso nel folclore delle Antille e nella magia nera che riesce a fotografare con notevole perizia l'istintualità animale insita nell'animo umano. Romantico e moderno, ferino e fiabesco, risulta ancora attualissimo nella sua eleganza stilistica.
Negli anni successivi il fenomeno zombie viene scandagliato nelle sue molteplici varianti sul grande schermo: contaminazioni con il genere fantascientifico (Zombies of the Stratosphere, Invisibile Invaders, Astro-Zombies con John Carradine e Tura Satana), parodie comiche (Zombies on Broadway), trash involontario (Plan 9 from Outer Space del mitico Ed Wood). E si arriva al 1968, anno domini della rivoluzione copernicana del mondo dell'horror, artefice un artigiano di talento che risponde al nome di George Romero. Il suo primo film, La notte dei morti viventi, rappresenta una pietra miliare del cinema fantastico. Ispirato al racconto I am legend di Richard Matheson, dove i protagonisti sono in realtà atipici vampiri, e girato in bianco e nero con pochissimi mezzi, stravolge le regole del genere distruggendo alcuni degli elementi più tipici degli zombie movies: scompaiono le ambientazioni caraibiche e il Voodoo, alla magia nera si sostituisce la causa ecologica, viene introdotto il morso che diffonde il contagio, i nuovi morti viventi non lavorano più manovrati da un master of puppets, ma vagano liberamente in cerca di carne umana fresca per nutrirsi, e l'unico modo per distruggerli sembra essere la completa distruzione della scatola cranica. Gli zombie cannibali che si aggirano nella realtà apocalittica di fine millennio sono la frangia più derelitta della società, sono i nuovi diversi, e non è data alcuna spiegazione per la carneficina che sono costretti a perpetrare senza sosta perché il degrado è ormai totale, non più sensazioni né sentimenti, solo la residua memoria di un'umanità ormai scomparsa che, in Zombi, condurrà i non morti verso le cattedrali del consumismo, i mall in cui si rifugiano i pochi superstiti al contagio. Tra catastrofi nucleari e sconvolgimenti sociali, la prima trilogia romeriana si conclude con Zombi (1978) e Il giorno degli zombi (1985), dando vita ad un filone ancora più ricco del precedente, oltre ai due remake di Tom Savini (La notte dei morti viventi, 1990) e Zack Snyder (L'alba dei morti viventi, 2004). Un capitolo a parte spetterebbe allo splendido Il serpente e l'arcobaleno (1988) di Wes Craven che, in controtendenza con la moda romeriana, torna ad affacciarsi ai in direzione dei più classici Southern Voodoo e indaga il fenomeno dei veri zombi, soggiogati e tenuti sotto controllo grazie a potentissime droghe, unendolo ad un'acuta riflessione politica sulla bramosia di potere e sul controllo della società da parte di pochi uomini privi di scrupoli. Dopo Romero, gli zombie movies dilagano non solo negli USA, ma anche in Europa. La Spagna si rivela terreno particolarmente fertile: a cominciare da Armando De Ossario e la sua quadrilogia sui templari ciechi osteggiata dal regime franchista, proseguendo con Non si deve profanare il sonno dei morti di Jorge Grau, horror ambientalista incentrato sui pregiudizi che circondano i beatnik, fino ai porno-zombie di Jess Franco.
Per quanto riguarda la situazione italiana, ad inaugurare il genere nel Bel Paese troviamo un peplum horror del 1966, Roma contro Roma (The Zombie Legion) di Piero Pierotti, che vanta il primato di essere il primo zombie movie realizzato su suolo europeo. Ma il vero padre dei morti viventi italiani è Lucio Fulci che nel 1979, poco dopo l'uscita italiana di Zombi di Romero, esce con Zombie 2, seguito non ufficiale dell'horror americano. Questo film mescola vorticosamente i topoi del genere, da White Zombie a Romero, ripescando Caraibi e Voodoo, scienziati pazzi e fanciulle indifese con l'epidemia e il cannibalismo, il tutto innaffiato di abbondanti dosi di splatter. Seguono Paura nella città dei morti viventi, ...E tu vivrai nel terrore!, L'aldilà, dove, in realtà, gli zombie veri e propri hanno uno spazio assai limitato, e cedono il posto a tematiche a sfondo metafisico-religioso condite con trucidi suicidi e demoniache presenze. Fulci torna alle origini solo nell'ultima parte della carriera con Zombie 3, ultimato da Claudio Fragasso e Bruno Mattei a causa dei problemi di salute del regista. Dopo Apocalypse Domani di Antonio Margheriti, ci pensa Pupi Avati a dare il suo contributo al genere con Zeder, che narra dell'esistenza dei "terreni K", luoghi in cui i morti possono tornare a vivere, e mostra la possibilità dell'orrore anche nella sonnacchiosa provincia italiana. E arriviamo ai giorni nostri, dove 28 giorni dopo e il remake di Romero realizzato da Zack Snyder fungono da apripista al grande ritorno del maestro con La terra dei morti viventi, ritorno che ovviamente preannuncia una nuova pioggia di horror a tema zombesco che presto invaderanno i cinema. Tra progetti di polli zombie, minacce di nuovi episodi della serie Resident Evil, e demoni aztechi che si divertono a zombizzare tutti coloro che incontrano sul proprio cammino, il progetto più interessante fin'ora annunciato sembra essere The Wretched, curioso incrocio tra western e horror, che è ancora in fase di lavorazione, ma che ha attirato l'attenzione di appassionati e non, facendo circolare sul web le belle immagini dello storyboard. In attesa delle novità, lunga vita ai morti viventi!