È stato l'incontro con Zerocalcare a dare il via a Venezia, negli spazi del Teatrino di Palazzo Grassi, alla rassegna Più Libri più Laguna, nata dalla collaborazione tra Palazzo Grassi - Punta della Dogana e Più libri più liberi, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria di Roma, insieme alla Libreria MarcoPolo. Chiara Valerio, responsabile del programma che comprende anche le conversazioni con Lorenzo Gasparrini e Rosi Braidotti, ha così parlato con il fumettista della sua opera più recente, l'Enciclopedia Calcarea, compiendo anche delle riflessioni sulle conseguenze del successo delle serie Netflix Strappare lungo i bordi e Questo mondo non mi renderà cattivo, e sull'equilibrio tra leggerezza e impegno civile dell'artista.
La simpatia per l'Uomo Ragno
Una conversazione, quella tra Chiara Valerio e Zerocalcare, iniziata con la spiegazione del motivo per cui Michele Rech "sta in fissa" con l'Uomo Ragno, considerato dal fumettista il primo supereroe che ha rotto il mito del supereroe invincibile: "Era un pischello, era sfigato, era corroso dai sensi di colpa perché aveva fatto ammazzare lo zio. Io non ho fatto ammazzare mio zio ancora, però era comunque qualcuno in cui mi riconoscevo un sacco. E poi c'era quell'orribile frase che ha plasmato molti di noi sui grandi poteri da cui derivano grandi responsabilità, che è la madre di tutti gli accolli". Dal punto di vista grafico c'era poi l'elemento legato alla capacità di spostarsi da un palazzo all'altro grazie all'uso delle sue "ragnatele", una novità rispetto agli altri fumetti e molto spettacolare. Batman, invece, ha suscitato meno simpatia: "Lui è molto ricco ed è amico di una guardia, quindi questa cosa mi piace così così... Ma ha degli aspetti del carattere che mi piacciono molto, come il fatto che abbia uno schedario in cui conserva tutti i punti deboli, anche dei suoi amici, perché se un giorno gli si ritorcono contro lui deve sapere come batterli. Questa roba da maniaco mi fa ridere e mi sembra anche molto astuta!".
La nuova opera per orientarsi nell'universo di ZeroCalcare
L'enciclopedia Calcarea, pubblicata da Bao Publishing, propone i retroscena alla base della creazione e della definizione dei protagonisti dei suoi fumetti e Chiara Valerio, che ha proposto all'artista di realizzare una sua versione delle favole di La Fontaine, ha sottolineato l'importanza data ad animali, spiriti e oggetti. Il fumettista di Rebibbia ha spiegato: "Gli animali sono connotati di per sé nella cultura popolare. Ogni animale viene associato a un sentimento, un carattere... C'è una vastissima rappresentazione dei personaggi come animali, a partire dalla Disney. Per me è come una scorciatoia perché tutti associano subito delle caratteristiche all'animale". Zerocalcare ha poi spiegato che usa gli spiriti per mostrare qualcosa che è dentro di sé, come manifestazioni di alcuni lati del suo carattere, mentre gli oggetti li usa per rappresentare "persone che voglio vituperare", perché dà poco valore alle cose, prendendole scherzosamente in giro. Il lavoro compiuto dal punto di vista editoriale, secondo l'autore, è davvero esaustivo, pur rispettosamente avendo lasciato fuori alcuni personaggi: "Forse c'è solo mia nonna che è morta, ma per il resto molte storie mie partono da questioni luttuose, da persone a cui voglio bene e che sono mancate, come Camille e Alice... L'Enciclopedia Calcarea nasce dalle schede dei pupazzetti che venivano venduti in edicola. Il pupazzetto di un'amica mia morta sembrava un po' eccessivo pure per me!".
Zerocalcare: 5 cose che (forse) non sapete
La nascita dell'armadillo
Tra le pagine non manca sicuramente l'Armadillo, nato durante la prima stesura del volume La profezia dell'armadillo circa 13-14 anni, per dare voce alla sua parte più introversa perché è l'animale che si racchiude su sé stesso. Il fumettista ha regalato persino un consiglio ai presenti spiegando che si può vedere l'armadillo gratis allo zoo di Roma perché la sua gabbia sta prima della biglietteria, per poi ricordare che l'animale rappresenta una parte di sé emersa quando era molto piccolo: "Non mi ricordo di essere mai stato particolarmente bene con gli altri. All'età di 6 anni mia madre mi lasciava con mia cugina, veniva pagata per fare la babysitter, che cercava di farmi compagnia, provava a farmi giocare... Il primo giorno che ho trascorso il pomeriggio con lei, quando è tornata mia madre le ho detto: 'Francesca è tanto carina, ma io non posso passare il pomeriggio a farle compagnia'. Da quel momento le è stato detto: 'Basta che tu stai sul divano e ti assicuri che è vivo ogni tanto. Lascialo in camera, lui disegna, si fa i ca**i suoi, a posto così'. Questo è l'armadillo. Non è tanto amico nel senso che chi non ce l'ha questa roba, secondo me, campa meglio. Sono molto invidioso delle persone che campano in maniera brillante con gli altri. Lo stesso personaggi mio arriva a un punto in cui non capisci più se i tuoi disegni devono inseguire il te della vita vera oppure se il te della vita vera deve inseguire quel personaggio".
Un equilibrio complesso
La scrittrice di Così per sempre sostiene che l'artiste riesca a tenere insieme tenerezza, pur facando un po' "accapponare" la pelle a Zerocalcare se lo si associa a quella parola, e spietatezza. L'artista ha tuttavia ammesso che sono due cose fondamentali per "comprendere il mondo e per provare a cambiarlo", ribadendo l'importanza dell'empatia umana, per "capire chi hai di fronte e che traiettoria ha fatto per trovarsi in quel punto lì della grande mappa dei valori e delle azioni", e al tempo stesso avendo il dovere di prendere una posizione, "a volte anche dolorosamente". Zerocalcare ha ribadito: "Quello è qualcosa che cerco di mettere sempre nei fumetti perché mi sembra qualcosa di onesto. Provo a spiegare come sono arrivato a una sintesi o una posizione, quali sono stati tutti i dubbi avuti, e a volte che non ho risolto".
Affrontando l'argomento del linguaggio del fumetto, l'artista ha ricordato che è complesso e richiede una partecipazione più articolata e impegnativa da parte del lettore: "Diversamente da quanto si pensa di solito, si presta meno a delle semplificazioni 'pigre'. Non penso che comunque sia abbastanza potente per rispondere a questo momento storico in cui sembra che per essere brave persone bisogna volersi tutti bene, e cose simili...Temo che nemmeno il fumetto abbia le armi per affrontare questa situazione". L'artista ha però sottolineato: "Le cose sono carsiche, prima o poi quella roba crolla e si avvita su sé stessa". Nella sua riflessione c'è tuttavia spazio per l'ottimismo: "Non vuol dire che non ci sia nient'altro o tutto è inutile. Sono uno di quelli che pensa come in The Road di Cormac McCarthy in cui ci sono il padre e il figlio che devono mantenere vivo il fuoco. Avere qualcuno che tiene vivo il fuoco, anche in un momento che sembra inutile, vuol dire che ci sarà qualcuno che ha mantenuto delle pratiche, dei valori e un'esperienza che potranno tornare utili. Trovo molto importante che ci siano delle persone che mantengono quelle posizioni".
Il difficile rapporto con i social
L'etichetta di 'intellettuale', assegnata anni fa da una copertina del magazine L'espresso che Zerocalcare ha definito con ironia 'forma di bullismo', non è qualcosa in cui il fumettista si riconosce, specificando ai presenti: "Per me un intellettuale, e non mi sento tale, è chi magari parla di qualcosa di cui parlano tutti, ma lo fa con un taglio e un'angolazione diversa, originale, che ti fa leggere la realtà in un modo diverso da quello che propongono tutti". il fumettista ha aggiunto: "Non sono uno che si sveglia la mattina e ha una grande ispirazione, genialata, da proporre al mondo. Io arrivo alle cose con molta fatica, devo avere il tempo di metabolizzare. Anche quando ho vissuto un'esperienza personale ho comunque bisogno di viverla con qualcun altro e confrontarmi, di qualcuno con cui confrontarmi e discutere, per poi arrivare a una sintesi che raccolga un po' questo sentimento collettivo. Mi sembra di essere l'ultimo anello di un'esperienza collettiva, da solo non sono in grado di fare veramente niente".
Successivamente, durante la conversazione con Chiara Valerio, c'è stato modo di ritornare sull'importanza della condivisione delle esperienze e delle riflessioni: "Le cose positive che metto nei libri sono quelle in cui credo, alle volte che mi hanno anche salvato la vita. Tutto il rapporto con la collettività e che nessuno svolta da solo sono tutte cose in cui credo, perché nella mia vita ho provato a fare questa cosa, però sono delle cose che sono antitetiche al mio carattere. Io nella vita vorrei stare per i ca**i miei, poi questo rapporto col prossimo è qualcosa che io mi impongo perché penso sia giusto e quando ho avuto i momenti di difficoltà è stata l'unica cosa che mi ha salvato. Comunque è qualcosa che mi richiede uno sforzo. Io sarei uno spot per le cose peggiori se dovessi assecondare sempre soltanto quello che mi va di fare: sarei una persona pigra, zero rivolta verso l'altro... Queste cose non mi vengono naturali, con grande scorno di mia madre che è invece tipo Madre Teresa di Calcutta, mi ha cresciuto con dei valori fortissimi e si chiedeva: 'Perché a questo ragazzino a cui ho insegnato tutte le cose giuste non vengono naturali quelle cose giuste?'. Penso comunque che parte delle cose è giusto perseguirle con sforzo".
La necessità di prendere una posizione
Esporsi e prendere una posizione pubblica è inoltre una situazione complessa e complicata: "Da una parte sono cresciuto in un ambiente, quello degli spazi occupati e dei centri sociali, che in qualche modo è quello a cui sento di dover rendere conto, perché percepisco come la mia tribù e la mia famiglia, e ci sono stati dei passaggi che per me sono sempre stati naturali. Alcune prese di posizione possono essere complicate perché magari all'interno del mondo del lavoro ci sono delle questioni da prendere in considerazione". Zerocalcare ha proseguito: "Ci sono scelte che sono conseguenza di un percorso collettivo e interiorizzato, che esiste tutti i giorni, che non si esaurisce nel gesto". Il fumettista ha aggiunto: "Viviamo in un momento in cui evidentemente i percorsi non esistono quasi più, ne esistono molto pochi, in cui la politica collettiva sta vivendo un momento di crisi, e al tempo stesso le questioni si svolgono tutte sui social, quindi in qualche le modo con cui non ho mai condiviso niente chiedono di esporti su tutto".
Pur comprendendone il senso e il fatto che si chieda alle figure pubbliche di farlo, l'artista ha spiegato: "Questo per me non è fare politica. A me quella dimensione, quella dell'influencer che deve sempre dire la sua, non mi piace, non mi appartiene, non è mai stata una cosa in cui mi riconosco. Intorno alla morte di Giulia Cecchettin, più di una persona mi scriveva: 'Perché non dici niente sul femminicidio?'. Ma cosa dovevo dire? La sorella di Giulia Cecchettin ha detto tutto quello che c'era da dire, in una maniera limpida, cristallina, esemplare, a una platea ampia perché l'ha detta ai telegiornali... Perché ti serve Zerocalcare che aggiunge rumore di fondo a una cosa così chiara?". L'artista ha inoltre aggiunto: "Quello che ha detto Ghali a Sanremo è qualcosa di sicuramente coraggioso e che ha prodotto degli effetti nella realtà, ha scoperchiato una serie di ipocrisie, di meccanismi... Tutto quello che è successo con Maria Venier, sotto le sedi della Rai... Se non lo faceva Ghali sul palco, probabilmente non avrebbe potuto farla nessuno. Ci sono dei gesti che hanno delle ricadute nella realtà. Ma bisogna distinguere quando quel gesto è qualcosa che veramente può creare una rottura, una discontinuità, e quando invece è un esercizio di mitomania".
Chiara Valerio si è quindi chiesta come si può riuscire a utilizzare i social e i mezzi di comunicazione senza dover sottostare alla struttura imposta e Zerocalcare ha ammesso: "Non lo so come si fa, io sto evidentemente al collasso e non sono quindi una persona da prendere ad esempio, però penso che una chiave per riuscirci siano la vergogna e il pudore, e pensare che qualsiasi cosa tu stia facendo e dicendo, ci sarà qualcuno che la screenshotterà e la manderà in una chat di gruppo e ti piglierà per il culo. Io la faccio, la pratica tantissimo. Anche quando qualcuno a cui voglio bene fa un'uscita da mitomane, io la screenshotto e la mando nella chat dei miei amici. Avere intorno delle persone che siano anche crudeli e che ti chiedano cosa stai facendo e ti prendano in giro credo sia importante. Io ho un'esposizione 'pop' gigantesca... Netflix ha fatto il parco di divertimenti con la faccia mia, cose più orribili in queste senso a quelle a cui vengo sottoposto io non penso possano esistere, ma ho la fortuna di avere degli amici che sono dei salafiti... Mi ha permesso di mantenere una barra un po' dritta. Avere delle persone, che sono anche crudelissime e scrivono anche in pubblico dentro i gruppi delle cose che nemmeno i miei peggiori hater, un po' mi è servita". Anche l'abitudine di condividere costantemente le proprie emozioni, in particolare i momenti di crisi come lo sconforto e il pianto, non è particolarmente apprezzato: "Il sentimento primordiale non va esposto, lo puoi metabolizzare nell'arte, puoi metterlo in scena, ma tirare fuori le budella per avere i click mi sembra terribile, però è esattamente quello di cui si nutre questo sistema".
Il tentativo di mantenere l'ironia
La scrittrice ha dichiarato che i libri di Zerocalcare continuano a dimostrare che possiamo essere un paese ironico e nonostante in passato si sia pensato che il collettivo social potesse sostituire il collettivo politico, spingendo il fumettista a ricordare: "Quando si parla di ironia io devo spendere una parola per Mattia Torre la cui scomparsa ha reso più difficile essere un paese ironico". Michele ha quindi ribadito la sua opinione sui social: "Il collettivo della vita vera ti costringe a mediare con le persone, a stare in un'assemblea, se qualcuno non la pensa come te devi comunque arrivare a un documento unitario e trovare dei punti di incontro. Con quel documento dovrai poi convincerci la persona che sta al bar vicino allo spazio tuo, dovrai trovare il linguaggio per parlare con quelle persone. Sui social puoi fare la jihad perché nessuno ti riprende, puoi scrivere qualsiasi cosa, puoi mandare a fanculo tutte le persone perché la tua posizione può essere purissima e radicalissima e questa cosa non prova nessuna conseguenza né nel bene né nel male, non sposta niente. Per me è il male assoluto. Mi rendo conto che sembra un punto di vista da vecchio, ma non sono contro i social perché ci sono mille modi per usarli bene, ma non la politica".
L'esperienza delle serie tv
Impossibile non parlare dell'esperienza vissuta nella realizzazione delle due serie prodotte per Netflix, che hanno riscosso un grande successo a livello internazionale. Zerocalcare ha spiegato che c'è una differenza enorme rispetto al disegnare fumetti: "Quello che sta nella mia testa e che poi si traduce su un foglio non ha sorprese. So esattamente come verrà una tavola, quello che sono in grado di fare, e in caso troverò una scorciatoia per evitare di rappresentare quello che non so che fare, come una macchina da una certa angolazione ad esempio. Nel caso dell'animazione c'è una quantità enorme di persone che ci lavorano, oltre 300, che sanno realizzare cose che io non sarò mai in grado di fare, anche dal punto di vista artistico. Io ragiono a fumetti, quindi statica, immagino una sequenza con mezzi busti e con un controcampo. Io faccio gli storyboard, anche più o meno animato con l'audio eccetera, che consegno. Quando mi tornano indietro vedo movimenti di camera a cui non avrei mai pensato, una rotazione e altro, si trasforma tutto in qualcosa di molto più cinematografico che è diverso da me".
Questo lo ha portato ad avere un "controllo psicopatico" sui progetti occupandosi delle voci dei personaggi e molti altri aspetti, perché gli permette di sentire ancora i progetti come qualcosa di proprio: "Ho il terrore di non riconoscerla più. Con il film La profezia dell'armadillo io non ci riconoscevo niente della mia voce. Essendo comunque storie tendenzialmente autobiografiche, molto personali, quando vedo la mia vita, ma non ci riconosco niente, mi provoca molto dolore". L'aspetto positivo della collaborazione con così tante persone è tuttavia quello di aggiungere una ricchezza che un singolo non riuscirebbe mai a ottenere. Tra gli aspetti negativi della produzione della serie c'è inoltre l'obbligo di dover rispettare i tempi degli altri: "Io quando sto in fissa con una cosa, per evitare di disamorarmi, devo lavorare più velocemente possibile, giorno e notte, perché me la levo dal cazzo prima di stufarmi!". Dovendo collaborare con 300 persone si deve invece giustamente rispettare le pause e i tempi di tutti, situazione che Michele ha trovato davvero complicato mentalmente.
Il successo dei progetti targati Netflix, come ha ricordato Chiara Valerio, ha portato anche al fenomeno che molte persone ora ripetono le frasi più memorabili tratte degli episodi: "Io certe cose non le reggo più. Sono diventato un hater di me stesso, nel senso che a un certo punto io ho aperto un falso profilo Instagram per rispondere alle persone che scrivevano quelle robe, dicendo: 'Avete rotto il ca--o. Zerocalcare ha rotto il ca--o!'. A un certo punto non ce la facevo più di alcune di queste cose. Io vorrei chiedere scusa perché penso quanto questa roba deve esservi arrivata a saturazione nel momento di massima esposizione. Per fortuna di solito questa cosa succede molto con le serie, poi passato un mese la cosa scema. In quel mese là io di solito la vivo abbastanza male questa cosa. In più quelle cose, come 'Annamo a pijà er gelato', non le dico io. Nella vita reale può capitare, ma non in maniera ossessiva e non le ripeto con le vocette. Ho accettato che fa parte della mia vita fare 13 ore di disegnetti a tutti, ho il mio menu... E andava bene fino a un certo punto: i ragazzini, gli zoomer, mi hanno iniziato a chiedere i video messaggi. Mi chiedono: 'Mi dici Annamo a pijà un gelato?'... E quella roba per me è umiliante come la mer--a perché mettermi a dire, con la voce da deficiente, una cosa in mezzo a tutti che guardano è veramente una cosa che considero molto umiliante. Ma non c'è pietà! Quello non se ne va e non toglie il telefono da davanti alla faccia finché non dico questa cosa". Zerocalcare ha successivamente sottolineato che, nonostante la popolarità e l'esposizione mediatica, riesce comunque a mantenere una parte della sua vita privata senza darla in pasto al pubblico, il tutto mentre si deve trovare un equilibrio tra il tempo che si dedica ai suoi fan e alle persone a cui si vuole bene: "Io cerco di essere più o meno una persona perbene, ma è comunque complicato".