Zen sul ghiaccio sottile, opera prima della regista Margherita Ferri, prova a esplorare i dubbi e i desideri dei giovani che si affacciano all'età adulta con un approccio attento a mostrarne con realismo e sensibilità le emozioni. Il progetto, sviluppato grazie all'iniziativa Biennale College - Cinema della Fondazione Biennale di Venezia, può sfruttare anche il fascino della location scelta per le riprese, ovvero il parco regionale dell'Alto Appennino Modenese, per ritagliarsi uno spazio all'interno di un panorama cinematografico e televisivo ormai composto da numerosi titoli dedicati alla tematica affrontata.
Al centro della storia c'è la sedicenne Maia (Eleonora Conti), soprannominata Zen, dal carattere introverso e un po' ombroso. La giovane è l'unica ragazza della scuola di hockey sul ghiaccio locale ed è vittima dell'attenzione negativa dei suoi compagni di squadra e di scuola che la prendono di mira per l'aspetto poco femminile e per la sua presunta omosessualità. Maia vive con qualche difficoltà anche il rapporto con la madre (Fabrizia Sacchi) e cova dentro di sé molta rabbia e frustrazione. Vanessa (Susanna Acchiardi), la fidanzata di uno dei giocatori della squadra di hockey, sembra essere l'unica a capirla e nel momento in cui avrà bisogno di un luogo dove nascondersi chiederà aiuto proprio a Maia, formando con lei un legame speciale e una storia d'amore.
Una natura che si riflette nell'animo umano
Margherita Ferri dimostra di saper creare i giusti contrasti narrativi e visivi costruendo delle similitudini evidenti tra la natura e l'animo della giovane protagonista, oltre a rivelarne la personalità tramite le caratteristiche dello sport che pratica e costringe Maia a indossare una "corazza" in grado di proteggerla dalla durezza della vita. L'esperienza della filmmaker nel campo dei documentari è messa a frutto con inquadrature che evidenziano la bellezza e gli aspetti più duri dei paesaggi e degli spazi.
A penalizzare il risultato finale sono principalmente le interpretazioni ancora acerbe e sopra le righe dei giovani membri del cast, poco in grado di portare in scena una nuova generazione alle prese con una comunità ancorata al passato e le contrastanti emozioni che caratterizzano l'adolescenza.
Un cast ancora acerbo
Eleonora Conti possiede la fisicità giusta per il ruolo e uno sguardo in cui è facile leggere i pensieri che risiedono nella mente di Maia, tuttavia non sa trovare il giusto approccio alle interazioni con il mondo che la circonda. Lo stesso accade in parte con Susanna Acchiardi, a tratti convincente e in altri poco naturale, e il resto degli interpreti, la cui poca dimestichezza davanti alla macchina da presa diventa evidente nei passaggi caratterizzati da una maggiore drammaticità.
La sceneggiatura, inoltre, dopo lo spunto iniziale fatica più del dovuto a rappresentare in modo totalmente distante da schemi prevedibili e già visti le difficoltà nel comprendere la propria identità di genere e nel sentirsi sempre diversi dal resto della società, incompresi e non accettati da chi ci circonda. Non basta l'interessante contesto di un territorio dotato di bellezza e quasi distante da ogni forma di modernità per far sollevare Zen sul ghiaccio sottile da binari che lo conducono verso situazioni e riflessioni poco incisive. Uno degli elementi che lasciano il segno è invece la rappresentazione della solitudine, mentale e fisica, che si ritrovano ad affrontare le giovani protagoniste e il loro bisogno di stringere dei legami umani positivi, distanti da ogni possibile giudizio o, ancor peggio, condanna.
Un talento da tenere in considerazione
Il rapporto tra Maia e Vanessa, nonostante i difetti delle performance e dello script, trasmette quella sensazione di comprensione e spinta a superare gli ostacoli imposti dalla società necessaria a rappresentare un periodo esistenziale composto da drammi, piccoli e grandi, ma anche di un istinto quasi atavico a lottare per un futuro migliore.
Il lavoro della regista appare in ogni caso frutto di un talento da tenere d'occhio nei prossimi anni, grazie a una costruzione visiva particolarmente attenta ai dettagli e ben realizzata, anche grazie al contributo del direttore della fotografia Marco Ferri.
Un cast di maggior esperienza e presenza scenica avrebbe aiutato a raggiungere un livello tecnico e artistico più incisivo ed efficace, facendo emergere con maggior chiarezza i pregi di un debutto meritevole di attenzione.
Movieplayer.it
3.5/5