62 album pubblicati in vita e altri 53 da postumo. Sono numeri che fanno tremare, quelli della produzione di Frank Zappa, versatile e anticonformista artista musicale che in poco meno di trent'anni si è distinto grazie alla sua incredibile personalità. Ed è con questa premessa che ci accingiamo a scrivere la recensione di Zappa, il documentario diretto da Alex Winter, uscita evento per soli tre giorni, dal 15 al 17 novembre 2021 al cinema, grazie a Nexo Digital. Forte della possibilità di poter usufruire degli archivi privati della famiglia Zappa, il film nel corso delle più di due ore di durata cerca di rappresentare al meglio sia l'uomo che il genio musicale. Non un documentario canonico, nonostante le numerose interviste e le testimonianze sia degli eredi dal punto di vista musicale sia degli stessi musicisti che, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno condiviso con lui il palcoscenico, quello presentato da Alex Winter, che tenta di racchiudere una personalità forse sin troppo complessa e sfaccettata come quella del musicista, e soprattutto compositore, italo-americano.
Ritratto di un genio
Arena gremita di pubblico, in attesa dell'ingresso sul palco di Frank Zappa, il genio musicale incapace di rimanere inscatolato in un genere. Dietro le quinte, Zappa sta organizzando l'inizio del concerto: si comincia con un accordo e poi si improvvisa. Sono passati pochissimi secondi dall'inizio del documentario e già possiamo intuire il tipo di personaggio che ci verrà raccontato durante tutto il film. Si parte dalla fine, dalle ultime registrazioni di chitarra dal vivo del 1991 ai notiziari che ne annunciano la morte nel 1993 a soli 52 anni, come a voler dare subito un ritratto conclusivo che andrà poi ricomposto ripercorrendo la sua vita. Nelle due ore che seguiranno, lo spettatore sarà invitato a scoprire soprattutto l'impatto che ha avuto quello che viene definito come uno dei maggiori geni musicali del XX secolo attraverso altri musicisti e come ha cambiato la loro percezione musicale. Perché con il suo carattere anticonformista, interessato principalmente alla musica più che al lato economico dell'industria, Frank Zappa si è diviso tra rock, soul, blues, musica classica d'avanguardia, dando vita a una carriera che forse l'hanno tenuto lontano dalle hit da classifica, ma che ha influenzato e cambiato le orecchie dell'ascoltatore.
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Fuori dalle regole
Si percepisce, attraverso i numerosi filmati d'archivio, molti dei quali presentati per la prima volta, e le dichiarazioni degli intervistati come il personaggio di Frank Zappa, pur con il suo carattere schivo e poco affettuoso, talvolta sin troppo concentrato sul lavoro e meno sui rapporti umani, non seguiva alcuna regola. Il documentario cerca di rappresentare la personalità di Zappa anche attraverso il montaggio, rompendo le regole predefinite del film documentario biopic procedendo con velocità attraverso gli eventi e giocando con l'editing. L'impatto è esplosivo (e non usiamo il termine a caso: prima di diventare musicista, Frank Zappa era appassionato di esplosioni!): Zappa procede con un ritmo quasi punk, totalmente anarchico, introducendo spesso e volentieri anche degli intermezzi in stop motion, animati a cura di Bruce Brickford, animatore in stop motion che ha conosciuto il protagonista personalmente. Alla lunga, però, questo montaggio così frenetico, ostentandosi un po' troppo, rischia di smarrire lo spettatore che si ritroverà un po' troppo spaesato dalla montagna di immagini, musica e segmenti rovesciati uno sopra l'altro. Non che il documentario sia confuso, anzi: il ritratto di Frank Zappa che fuoriesce non ammette repliche, scivolando un po' forzatamente verso l'agiografia.
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La superficie dell'obiettivo
Difficile riuscire a racchiudere in poco tempo, seppur le due ore di durata appaiono un po' generose, una personalità così complessa e così dedita all'arte. Certo, la sensazione maggiore è quella di un documentario celebrativo più interessato a catalizzare l'attenzione di chi già conosce i lavori e la vita di Frank Zappa. Un'opera per fan più che per ascoltatori casuali che intendono saperne di più. Più attento a ribadire l'importanza di un artista come Frank Zappa, anche al di fuori dei semplici confini musicali, che a mostrare esplicitamente le innovazioni che il personaggio ha portato all'interno della scena musicale, il documentario sembra lasciar scorrere troppe informazioni senza approfondire davvero un tema principale. Il risultato è un film che funziona a tratti, affascinando grazie ai filmati d'archivio inediti i fan dell'artista che avranno modo di scoprire nuove registrazioni del loro musicista preferito, ma che fatica a crearne di nuovi. Rimangono alcuni momenti ben riusciti, soprattutto nella parte finale con un montaggio davvero azzeccato che accompagna una delle ultime composizioni, che possono colpire positivamente anche i neofiti. In generale, però, si percepisce il clima febbricitante, l'onda d'urto scaturita dalle sue opere, ma senza vederne l'esplosione.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di Zappa non possiamo considerare il documentario di Alex Winter poco riuscito. Il personaggio del compositore musicale viene ben rappresentato attraverso i numerosi filmati d’archivio e le testimonianze e se ne percepisce la caratura importante. Tuttavia, se il documentario riesce a colpire i fan del musicista, per un pubblico di neofiti potrebbe non essere chiara davvero la portata rivoluzionaria, lasciando lo spettatore con curiosità di saperne di più (nel migliore dei casi). La scelta di un montaggio frenetico e anarchico funziona a tratti, rappresentando bene il carattere irrequieto e creativo di Frank Zappa, ma risulta un po’ troppo ostentata nel corso delle due ore di durata.
Perché ci piace
- Il documentario riesce a descrivere la portata rivoluzionaria del personaggio di Frank Zappa.
- Alcuni momenti funzionano e sanno emozionare.
- I molti filmati d’archivio inediti faranno la gioia dei fan.
Cosa non va
- Il documentario, troppo incentrato su un’agiografia, sembra dimenticarsi del pubblico di neofiti.
- Spesso si ha la sensazione, nonostante le generose due ore di durata, di rimanere sulla superficie del racconto.