Grandi campioni del calcio, simboli di fedeltà che per anni hanno vestito gli stessi colori senza farsi tentare dal blasone, dal cambiamento e dal denaro. Di solito vengono chiamati "bandiere", ma nel caso di Javier Zanetti è meglio affidarsi ad un'immagine meno ondivaga, più stabile e affidabile di qualcosa che si sposta al cambiare del vento.
Zanetti assomiglia più ad uno stemma, cucito sulla maglia, vicino al cuore dei tifosi interisti come di tutti gli sportivi che ne apprezzano l'innegabile grandezza sportiva. Un viso squadrato d'altri tempi, uomo fedele a se stesso e alla sua celebre riga a lato inscalfibile, che ha interpretato la sua posizione in campo, sulla fascia, anche nella vita, restando sempre a margine, con la discrezione e l'umiltà che caratterizza i grandi atleti lontani dalla folla rumorosa che popola lo show business sportivo.
Le radici nel terreno
Javier Zanetti: Capitano da Buenos Aires è un docu-film da terreno da gioco e di terra che parte da lontano, laddove ebbe inizio la storia del fuoriclasse, raccontata da un testimone inedito. Nella capitale argentina, Carlo Sigon e Simone Scafidi hanno dato voce al celebre scrittore Albino Guaron, non vedente eppure innamorato di calcio, uno sport che conosce grazie al suo palmo della mano dove si fa descrivere le azioni dalle dita di amici e parenti. Autore di un romanzo dedicato al capitano dell'Inter, Guaron dà il via ad una visione romantica dell'essere uomini prima che calciatori, descrivendo con spirito poetico le tappe necessarie alla formazione di un simbolo (sacrificio, rabbia, orgoglio). Le origini di Javier Zanetti, incarnate da un padre semplice e da una moglie conosciuta in adolescenza, spiegano quasi tutto. Un'infanzia vissuta avendo ai piedi scarpini cuciti con il fil di ferro, a sorreggere un corpo esile e due gambe troppo magre per sperare in una carriera ad alti livelli. Forza di volontà, umiltà e valori saldi catapultano Zanetti all'Inter, arrivato quasi per caso, comprato "in allegato" all'acquisto del ben più atteso attaccante Rambert. Da qui nasce una carriera fatta di tante cadute e delusioni, esperienze per niente logoranti ma necessarie a riempire le gambe di muscoli e lo spirito di fiera testardaggine, quasi come se le difficoltà, familiari al suo passato, fossero compagne di vita accettabili.
Per una volta a bordo campo
Il grande merito dei registi è stato quello di aver adottato un punto di vista efficace per il loro racconto, lasciando il protagonista della narrazione a lato, nella posizione da lui tanto amata in campo (da terzino). Zanetti non appare mai per parlare di se stesso ma solo in qualità di oggetto del racconto; una scelta coerente con la sua incapacità di autocelebrarsi e porsi al centro dell'attenzione, con chi al centro di Milano ha sempre preferito la quiete periferica del Lago di Como. Come in un'azione corale fatta di passaggi, ricordi e aneddoti, la parola passa rapidamente da colleghi (Lionel Messi, Roberto Baggio, Ivan Cordoba, Esteban Cambiasso), ad addetti ai lavori (Massimo Moratti, Sandro Mazzola, José Mourinho) e celebri tifosi interisti (Fiorello, Gad Lerner, Michele Serra, Beppe Severgnini). Tra sorrisi e commozione, immagini di successi mancati e coppe alzate al cielo, Javier Zanetti: Capitano da Buenos Aires dura poco meno di una partita. Ottanta minuti densi che riescono a parlare di sport, a descrivere minuziosamente tecnicismi calcistici e poi ad allargare lo sguardo sull'impegno sociale di uomo che non ha mai dimenticato le sue origini e restituisce la sua fortuna alle comunità argentine disagiate. Zanetti Story è una fotografia in movimento che attraversa il tempo: ricordo passato per il tifoso, elogio presente per ogni sportivo, esempio per i giovani orientati al futuro.
Movieplayer.it
3.5/5