È bastata la sua opera seconda a polarizzare in via quasi definitiva il suo pubblico: o favorevoli o contrari. È difficile che il cinema di Zack Snyder non piaccia senza riserve, ma è anche vero il contrario. Se L'alba dei morti viventi lo ha portato alla ribalta come uno dei registi più promettenti della sua generazione, 300 lo ha condannato a questo eterno odio e amore da parte dell'audience, un aut aut che perdura e persiste ancora oggi.
La trasposizione dell'opera di Frank Miller ha infatti gettato le basi del suo stile ipertrofico e muscolare, dove l'artificio dell'effetto è spesso superiore al valore del contenuto, votato alla spettacolarizzazione della scena, all'evoluzione coreografica. Un muscolo che si deforma e si contrae, il cinema di Snyder, dove è l'estetica rallentata dell'azione e l'invenzione virtuosa o ridondante - a seconda dei casi - a dare piena misura del risultato, che è appunto divisivo. È stato così anche per Watchmen, Sucker Punch e il filone DCEU. Prendere o lasciare, insomma, specie dopo l'addio a Superman e colleghi che lo ha spinto a mettere da parte (per ora?) i cinecomic dei grandi studios per gettarsi a capofitto nelle grandi opportunità creative offertegli da Netflix, di cui sembra essere divenuto uno dei più importanti deus ex machina dell'intrattenimento cinematografico.
Senza compromessi
Il fatto è questo: l'esperienza in casa DC sembra aver insegnato qualcosa all'autore. Nel merito, l'impossibilità di controllare un progetto che non gli appartiene. Almeno non del tutto. Già L'uomo d'acciaio era figlio di un'idea particolarmente nolaniana di narrazione e montaggio, che a ben vedere poco si adattava all'ideale cinematografico di Snyder. Era suo, certo: feroce nei combattimenti, iper-dinamico dove serviva, deista, esistenzialista; eppure rappresentava anche un'eredità ben precisa, il desiderio di riproporre con il nuovo Superman quanto già fatto ne Il cavaliere oscuro. Ma l'Uomo d'Acciaio non è Batman, non può essere "realista", non può permettersi determinate deviazioni. Non fossero bastate le innumerevoli critiche al finale di Watchmen, probabilmente quelle al film del 2012 avevano iniziato a convincerlo: queste opere sfuggono al controllo del regista per essere sottomesse al processo produttivo. A convincerlo definitivamente è stata poi l'esperienza con Batman v Superman e Justice League, dove tante sue idee sono state oggetto di critica e revisione a seguito dei continui insuccessi. Eppure Snyder ha sempre tentato di fare il suo cinema e, anzi, lo ha proprio fatto.
Finché il suo cinema ha iniziato ad essere scomodo così come da lui concepito e voluto, a dividere più del previsto, a creare fazioni. Poi la tragedia, la stanchezza e il breve ritiro. L'evento del 2017 ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nella vita e nella carriera dell'autore, che tornato a lavoro ha cercato la casa migliore dove abitare con la sua arte, più comoda e spaziosa, un luogo dove crescere e potenziarsi rispettando il proprio stile e i propri ideali senza compromessi, quanto meno creativi. È così che ha trovato in Netflix possibilità e collaborazione, mettendo di conseguenza la sua dibattuta expertise di genere al servizio dell'intrattenimento in senso ampio, progettando universi, sviluppando franchise, ampliando e ingrandendo i suoi orizzonti.
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Go big
I primi destinatari del suo cinema così energico e rocambolesco sono gli spettatori che amano divertirsi, e questo perché è lui il primo a farlo. In quattro anni di collaborazione con il colosso dello streaming, Zack Snyder ha tirato fuori dal cappello due universi dal potenziale espansivo importante (e Army of Thieves è già un esempio), creando nomenclature e mitologie, guardando a Romero e George Lucas, restando fedele a quel grande ideale cinematografico del muscolo in contrazione. La sua è una curiosa passione ai limiti dell'ossimoro: creare un azzardo calcolato. Alieni e zombie insieme, il prossimo Rebel Moon (leggi la nostra recensione) come miscellanea della sci-fi mainstream più amata, spin-off - da produttore - capaci di essere heist movie a ridosso di un'apocalisse. L'obiettivo è sorprendere e intrattenere con la stessa sfacciataggine mostrata in Sucker Punch, solo con fare più commerciale e citazionista, per arrivare a un pubblico desideroso di storie immaginifiche e universi sconfinati, ovviamente a modo suo.
Si integra dunque perfettamente alla volontà netflixiana di ampliamento cinematografico delle IP e di original d'impatto ed efficaci per l'audience generalista. Un cilindro pieno di idee che difficilmente si esauriranno molto presto, produttivamente astuto e registicamente riconoscibile. Inevitabili alcuni errori e cadute, in un percorso tanto ambizioso e centrato al mainstream, così come inevitabili sono l'odio e l'amore provati dal grande pubblico nei suoi confronti, ma al momento Zack Snyder rappresenta in termini di purissimo entertainment la grande "divinità della macchina" Netflix, risolutivo e indispensabile come pochi.