Ci sarà il sapore di Ratatouille (e quello della Madeleine proustiana prima di lui) nella recensione di Yudo: The Way of the Bath, il film di Suzuki Masayuki presentato in anteprima al Far East Film Festival 2023. Questo perché lo yudo in Giappone è un termine che indica la "via del bagno" o "via dell'acqua calda", ovvero un percorso psico-fisico per celebrare e continuare l'antica tradizione del bagno pubblico giapponese, il sento. Una tradizione che, a partire dagli anni '70, è sempre più scomparsa in territorio nipponico e che questo film vuole provare a riportare alla luce, riflettendo sulla sua storia e soprattutto sulla sua possibile esistenza futura. Come per qualsiasi attività che sta scomparendo, vuoi per l'evoluzione industriale e digitale (in questo caso ad esempio i bagni con il calore dato dall'elettricità), vuoi per la pandemia e tutte le sue conseguenze in praticamente tutti gli ambiti a cui bastava un ultimo tocco per cadere nell'abisso e nell'oblio, anche il sento mostra la propria crisi profonda a livello strutturale e identitario.
La via dello yudo
Suzuki Masayuki mette in scena in modo estremamente familiare una serie di storie che sembrano inizialmente sconnesse tra loro ma che via via che la pellicola scorre si incastrano l'una all'altra, qualcuna in modo assolutamente adorabile, qualcun'altra in modo meno centrato e sorprendente come probabilmente avrebbero voluto lui e lo sceneggiatore Koyama Kundo. Si vede però quanto cuore hanno messo nella trama principale di Yudo e in quelle collaterali, come se fossero tanti tentacoli che fanno capo ad una sola "testa". Ovvero quella del sento al centro della vicenda, un'attività di famiglia che vede il ritorno a casa del figliol prodigo per delle difficoltà lavorative nella grande città. Dopo la morte del padre, a gestirlo è rimasto il fratello minore - anche se sembra più vecchio per il lavoro estremamente fisico che il sento comporta - insieme a una ragazza che sembra non avere di meglio da fare. In realtà le vie che li hanno portati a quel bagno pubblico, così come molti degli avventori abituali, sono piene di segreti e di sorprese che daranno un significato profondo a quel luogo di ritrovo così singolare eppure così genuino e quasi ancestrale. La legna per scaldare l'acqua, quest'ultima che arriva dalle sorgenti, l'ambiente accogliente, il latte freddo da bere dopo un bel bagno caldo rigenerante, sono tutti aspetti che ammantano l'esperienza quasi in modo mitologico.
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La via del sento
Del resto il sento, così come la famosa via dello yudo, che viene seguita da alcuni dei personaggi coinvolti, è qualcosa a metà strada tra il mito e la leggenda, che si pensa non esista più ma invece (soprav)vive e potrebbe addirittura rinascere. Proprio come i due fratelli protagonisti, che non potrebbero essere più diversi e che dovranno imparare a convivere dopo l'iniziale attrito reciproco. Ovviamente il maggiore, che è andato a fare l'architetto nella grande città, crede meno alla vita campagnola del paese d'origine come quella del padre e del fratello, ma forse dovrà ricredersi. Non si tratta però di un punto di vista ingenuamente bucolico e sempliciotto, bensì di un discorso più complesso e ancorato alla realtà e all'attualità quello imbastito dal film, dovendosi scontrare con i bisogni e le necessità dell'oggi. Il sento è destinato a scomparire o deve semplicemente trovare un nuovo modo per (ri)vivere? Questa è una delle tante domande che tra le righe autore e regista si fanno e fanno soprattutto agli spettatori, lasciando a loro la risposta. I personaggi invece una decisione la prendono (non vi diremo quale), dando un determinato tono al racconto e un determinato messaggio finale al pubblico. L'esperienza comunque rimane un grande momento di condivisione, di cui forse ora dopo tre anni di pandemia sentivamo ancora più bisogno ed era proprio il momento giusto per omaggiarla e raccontarla. Il sento è un simbolo come molti altri strettamente legato alla cultura nipponica: la pellicola è piena di simbolismi più o meno espliciti di cosa possa rappresentare per ognuno dei personaggi (e di noi).
Sapore di... acqua calda
Yudo: The Way of the Bath è pieno di personaggi surreali e sopra le righe: i clienti abituali, coppie sposate, una donna che vede nel sento un momento di sfogo per poter cantare a squarciagola, un genero occidentale che vorrebbe a tutti i costi far colpo sul suocero giapponese attraverso il bagno in comune (momento di condivisione per eccellenza), vagabondi barbuti estremamente talentuosi nell'arte del bagno caldo, un dj giovane che cerca di rimanere sulla cresta dell'onda, un ragazzo nero in prigione. D'altronde ci troviamo di fronte a una tragicommedia quasi cartoonesca. Parallelamente alla storia dell'azienda familiare e a quella degli avventori, c'è quella della "via del bagno" che un gruppo di appassionati sta imparando attraverso un corso da un vecchio sensei per non far morire la tradizione. Mentori e allievi, genitori e figli sono frequenti in questo film dal sapore casereccio. C'è anche un critico dei sento armato di giacca e cravatta a quadri, bastone da passeggio e scarpe caratteristiche il cui motto è "Sorgenti naturali o morte": ecco che torna un altro elemento in comune con Ratatouille: la figura del critico, uno snob che perde così di vista ciò che ha sotto il naso, in un film che parla di un meccanismo vecchio che deve imparare a rinnovarsi - non è che forse stiamo strizzando l'occhio tra le righe al cinema e alla sala? Il futuro è dietro l'angolo e non è tutto perduto. Questa è la via (del sento). Dobbiamo solo capire quale.
Conclusioni
Abbiamo parlato di nostalgia, connubio tra tradizione e modernità, evoluzione ed eredità familiare, nella recensione di Yudo, una vera e propria celebrazione del sento e della “via del bagno caldo” giapponese che sceneggiatore e regista hanno voluto provare ad esaminare sotto tutti i punti di vista. Un film non sempre fluido e forse un po' troppo allungato, ma che colora la propria storia di tanti personaggi caratteristici e sopra le righe, adorabilmente moderni.
Perché ci piace
- I personaggi della pellicola, a partire dai fratelli e dalla ragazza protagonisti, adorabilmente surreali.
- La figura del critico e una riflessione sul futuro di ciò che ci sembra vecchio.
- L'uso degli spazi anche in modo simmetrico per raccontare il dualismo della vicenda raccontata.
Cosa non va
- Si allunga un po' troppo nella parte finale per dare un epilogo a tutte le storyline dei vari personaggi.
- Perde ogni tanto di fluidità e i colpi di scena sull'identità di alcuni personaggi sono meno efficaci.