L'errore più grande che possiate commettere prima di vedere il live-action di Yu Yu Hakusho targato Netflix è pensare che sia concepito nella stessa misura e con lo stesso scopo del live-action di One Piece. Rimarreste profondamente delusi, specie se siete tra quegli spettatori che hanno apprezzato l'adattamento del manga di Eiichiro Oda senza conoscere l'opera originale. Yu Yu Hakusho non è One Piece: non lo è come manga, non lo è come trasposizione seriale.
Anzi, probabilmente è quasi agli antipodi della storia piratesca con Cappello di Paglia, essendo tra gli shonen di successo più corti di sempre, terminato ormai trent'anni fa e divenuto per le generazioni più giovani un manga di culto da riscoprire. Questo per dire che, nel merito, l'adattamento di Yu degli spettri (così è conosciuto in Italia) non necessitava delle stesse sensibilità occidentali misto orientali di cui invece aveva bisogno One Piece. Yu Yu è in tutto e per tutto una traduzione manga-to-series d'estrazione nipponica, con quelle sensibilità artistiche e sviluppato in quella bolla produttiva che non guarda poi così oltre i propri confini. Il fatto è però questo: sorprendentemente, al netto di alcune perplessità, funziona proprio per questo, comunque aiutato da un glow up creativo e finanziario inatteso che a conti fatti, per ciò che è e vuole essere, lo rende addirittura più convincente di One Piece. E già questo è tutto dire.
Morte e resurrezione
Il manga di Yoshihiro Togashi si presentava come un mix tra occultismo e arti marziali, pure se inizialmente coadiuvato da una marcata commedia scolastica. Il live-action segue il tracciato narrativo del fumetto partendo dagli inizi e raccontando la storia di Yusuke Urameshi (Takumi Kitamura), un liceale senza alcun rispetto per l'autorità o per le regole, praticamente un bullo e delinquente. Il suo animo è però buono e gentile, motivo per cui sacrifica la propria vita per salvare quella di un bambino in pericolo, ritrovandosi nel Mondo degli Spiriti. Viene traghettato "dall'altra parte" da Botan e condotto fino al cospetto del Piccolo Enma, che intravede in Yusuke del potenziale per divenire un detective del mondo degli spiriti. Il sovrano dell'aldilà offre così al protagonista la possibilità di tornare in vita a patto che accetti di indagare fenomeni relativi agli yokai penetrati nel mondo umano, combattendoli. Ma Yusuke è un ragazzo testardo e crede di non meritare nuovamente la vita. Sceglie di farlo per bene degli altri, della madre, dell'amica Keiko Yukimura (Sei Shiraishi) e del rivale Kazuma Kuwabara (Shuhei Uesugi), trovandosi costretto ad affrontare delle minacce fino a poco tempo prima ritenute impossibili.
Questi primi cinque episodi di Yu Yu Hakusho si muovono dalla resurrezione di Yusuke all'incontro con Kurama (Jun Shison) e Hiei (Kanata Hong) fino ad arrivare al Torneo delle Arti Marziali Nere, coprendo in sostanza e per intero prima e seconda parte del manga. La serie accorpa diversi eventi tra di loro e ne elimina degli altri, come la Saga delle Quattro Venerabili Belve, lavorando principalmente per sottrazione, contrazione e rilettura. Evita quasi completamente i ritmi blandi e scolastici degli inizi per gettarsi a capofitto nell'intreccio più noto e interessante, con il passaggio tra il primo e il secondo episodio che ad esempio non conosce soluzione di continuità tra l'incipit della storia e l'introduzione di Kurama, Hiei e Gouki con la mini-saga dei tre oggetti demoniaci.
Yu Yu Hakusho, cosa aspettarsi dall'adattamento live-action Netflix
Nel mentre il live-action anticipa antagonisti e personaggi secondari per creare un tessuto narrativo di stampo seriale in grado di seguire un percorso ben delineato nel medium pure se diverso da quello del manga. Nella sua generalità la scelta funziona discretamente, ma per i fan del fumetto sarà impossibile digerire senza sforzo determinate accelerazioni della storia e una scrittura emotiva che non dà modo alle relazioni tra protagonisti di fiorire come dovrebbero, troppo rapide nel loro schiudersi. Si perdono introspezione e contenuto psicologico, in sostanza, anche se di fatto ci sono. Ma il suo meglio Yu Yu Hakusho lo dà dove effettivamente era più richiesto.
Uomini e spiriti
Al netto della necessità di accettare un modo di recitare degli interpreti che è direttamente figlio di quella visione nipponica degli adattamenti manga-to-screen un po' in overacting e un po' cosplay (pur risultando validi a più riprese), Yu Yu è un prodotto che evolve un preciso modus operandi per questo tipo di progetti. Su tutto, c'è un budget significativo e una cura molto più efficiente degli effetti speciali e visivi, quel tanto che basta a far competere la serie con titoli americani d'impatto, persino superandoli (She-Hulk e One Piece, ad esempio). Certo, non aspettatevi miracoli, ma uno show esaustivo ed elettrizzante dove era più richiesto, che è poi sul campo di battaglia. Gli scontri spirituali tra Yusuke e gli yokai regalano spettacolo ed entusiasmano, tanto merito delle mirabolanti coreografie e dell'impegno fisico d'interpreti e stuntman quanto della regia di Sho Tuskikawa, che riesce in tutta sincerità a restituire qualità e credibilità ai combattimenti live-action, che sono tanti, diversi e a loro modo tutti intriganti e ben ragionati, pensando soprattutto al contesto di provenienza.
Yu Yu Hakusho è poi denso di personaggi dal look esagerato e dallo stile decisamente estroverso - pensando ad esempio a Toguro Maggiore -, motivo per cui non è sempre facile riuscire a rendere al massimo del loro potenziale estetico-espressivo queste identità. La serie però ci prova e in larga parte ci riesce, accettando dei compromessi fisiologici tra fedeltà e sintesi, tra rendering in CGI ed impatto scenico effettivo. In termini di purissimo intrattenimento e spettacolo, gli scontri superano di gran lunga quelli di One Piece, anche se il risultato migliore lo danno quelli meno elaborati dal punto di vista dei VFX (Kurama trasformato funziona poco, per intenderci) e ideati con effetti pratici e coreografie più spavalde e muscolari. Si nota insomma l'impegno produttivo, soprattutto nello spirito battle shonen dell'opera trasposta in live-action, che si rivela tra le più convincenti - seppure discutibili - dell'ultimo periodo, tanto da sperare almeno in una seconda stagione.
Conclusioni
In conclusione, la trasposizione live-action di Yu Yu Hakusho si dimostra un prodotto d'intrattenimento efficace, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli scontri e una buona cura visiva. I problemi maggiori si riscontrano nella gestione narrativa degli eventi, che accorpa, rilegge e sintetizza quella del manga, così come nella recitazione spesso "esagerata" del cast. In linea di massima resta una piacevole sorpresa, con appena cinque episodi e una rapporto scontri-introspezione che verte interamente a favore dei primi. Se cercate passatempo e spettacolo, consapevoli della natura del prodotto, Yu Yu Hakusho è quello che fa per voi.
Perché ci piace
- Tutto sommato, è un adattamento decisamente fedele all'originale.
- Si nota un budget importante rispetto alla media della produzioni sorelle.
- La regia è pop ed efficace.
- Gli scontri entusiasmanti e ben coreografati.
Cosa non va
- C'è fedeltà ma anche tanta sintesi e accorpamento.
- Questa sensazione di continuo overacting misto a cosplay che non va mai via.
- La frettolosità degli eventi non aiuta l'introspezione psicologica.