Per il suo esordio da regista, la star di Luther e La Torre Nera Idris Elba ha scelto di raccontare una storia che in qualche modo lo riguarda visto che è in buona parte ambientata a East London, dove l'attore, di origine africana è nato e cresciuto. Idris ha deciso di portare sul grande schermo Yardie, best seller dello scrittore anglo-giamaicano Victor Headley. Al centro della storia un romanzo di formazione criminale che vede un giovane orfano di Kingston finire sotto l'ala protettrice del gangster King Fox dopo la morte del fratello pacifista e poi, una volta cresciuto, volare a Londra per espandere le attività di Fox. Il suo vero scopo, però, è rintracciare il killer del fratello e vendicarsi.
"Ho scelto di trasporre Yardie perché è una storia a cui mi correlo. Ho letto il libro quando ero più giovane. Sono cresciuto a East London, come molti altri altri immigrati provenienti da Africa o Giamaica. Io ero un bravo ragazzo, uno studente, volevo fare l'attore, ma intorno a me proliferavano gang e spacciatori. All'epoca a Londra avevi due strade, rigare dritto o finire a fare il criminale. Eravamo circondati dalle tentazioni. Curiosamente tempo fa è arrivata la sceneggiatura del film sulla mia scrivania e ho deciso di dirigerla di persona" spiega Idris Elba. Parlando delle differenze rispetto al libro, il neoregista specifica: "Il libro ha una temperatura diversa dal film, è un ritratto violento degli scontri tra i giovani giamaicani trapiantati a Londra e la polizia. Ma quello che interessava a me era fare un film su una persona".
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Alla ricerca della verità
Anche se il focus di Yardie è una storia personale, una riflessione sull'elaborazione del trauma e della perdita, un film sulla comunità giamaicana a Londra può essere visto come una risposta alla Brexit e alla chiusura attuale. "Io sono cresciuto nella Londra degli anni '70, in una cultura fusion. La multiculturalità è la sua ricchezza e la mia generazione è abituata a celebrare quell'epoca".
In Yardie Idris Elba ha compiuto un lavoro accurato sul linguaggio. A predominare è l'inglese con un forte accento giamaicano, ma vi sono parti che richiedono l'uso di sottotitoli. "In effetti ci sono abituato. Quando recitavo in The Wire, tutti mi facevano i complimenti per la serie, ma mi confessavano di non aver capito niente di ciò che dicevo" scherza Elba. "The Wire ha rivoluzionato la storia della tv ed è radicata nella cultura di Baltimora, poi ho recitato in Beasts of No Nation, radicato nei conflitti nell'Africa Occidentale, che si apre con un dialogo in inglese, ma poi è parlato in ghanese. Non mi piace ingannare il pubblico, per me l'autenticità è un valore essenziale. È importante che gli africani si riconoscano la storia di Beast e che i giamaicani guardino Yardie e pensino 'Riconosco la mia gente'.
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Un'esplosione di musica e colori
Yardie ha segnato la prima esperienza dietro la macchina da presa per Idris Elba. Il divo ammette di aver avuto nostalgia del mestiere dell'attore perché "gli attori arrivano e quando hanno finito se ne vanno, ma ho imparato a essere più organizzato perché per un regista è necessario. Il trucco influenza le luci, un regista deve ricordare cosa ha detto a un tecnico per poi ridirlo all'altro. Ho acquisito nuove competenze tecniche, ho imparato a usare la camera perché così mi sentivo più connesso agli attori che stando dietro a un monitor. Vorrei tornare a dirigere, adoro questo mestiere. Se mi date i soldi, potrei girare un film anche qui a Berlino".
La fotografia colorata e vivace di Yardie, soprattutto nella parte ambientata in Giamaica, è frutto della collaborazione con John Conroy, "la mia prima scelta perché avevamo lavorato insieme in Luther. Essere di discendenze irlandesi è stato utile in termini di autenticità. Il film è molto colorato, stilizzato, esiste un design preciso. John mi ha aiutato a desaturare i cliché che avevo in mente e li ha trasformati in potenti immagini. Kingston è colorata, forte, intensa come la volevo. Londra è piovosa, scura, grigia". Fondamentale, inoltre, nella pellicola l'uso della colonna sonora a cui Idris Elba, anche deejay e musicista, ha prestato particolare attenzione. "Il film è pieno di musica giamaicana. Tutti la amano, ma pochi capiscono realmente da dove venga. Io volevo chiarirne il senso e l'ho usata per amplificare i momenti drammatici. Ho compiuto varie sperimentazioni sul suono analogico, abbiamo collegato gli strumenti al deejay set in studio per testare il risultato e sono molto soddisfatto".
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Uno storyteller che odia le etichette
Con Yardie, Idris Elba ha creato un'inversione di tendenza in una cinematografia britannica concentrata a realizzare period movie sulla monarchia o sui ceti alti. Il suo film affonda le ragioni nella periferia multietnica e nel mondo criminale. Quando gli viene chiesto se vuole diventare un cantore degli africani lui però rifiuta l'etichetta e ammonisce: "È pericoloso categorizzare le storie per colore della pelle. A me interessano tutte le culture, potrei raccontarne varie indipendentemente dal colore della mia pelle e di quello dei miei personaggi. Non sento una particolare responsabilità. Oggi a Hollywood il 70% dei film viene fatti da outsider, Hollywood è un sistema che cambia costantemente, è un momento positivo per essere un regista".
Quando gli viene impietosamente citata una recensione del Guardian che stronca Yardie, Idris Elba non si scompone e risponde salomonicamente: "Non voglio sembrare snob, ma io non leggo le recensioni perché minerebbero la mia autostima. I miei film preferiti hanno ricevuto recensioni positive e negative, e sono pellicole di indubbio valore. È giusto che ognuno sia libero di criticare come e quanto vuole, il mondo è vario".