La musica spesso si rivela terapeutica e a volte ci può addirittura far scoprire il nostro vero io, la nostra essenza, come la storia dell'audiovisivo ci insegna. Questo accadrà anche nella recensione di World's Best, il nuovo film originale disponibile dal 23 giugno su Disney+, prodotto dal regista di Hamilton Thomas Kail. La pellicola, co-scritta (insieme a Jamie King), co-prodotta e interpretata da Utkarsh Ambudkar (Voices - Pitch Perfect, Ghosts, Free Guy - Eroe per gioco), che ha anche co-composto le canzoni originali del film (insieme a Charlie Wilder), è diretta dall'ex oncologo radioterapista, ora filmmaker Roshan Sethi (7 Days). Quest'ultimo fattore può sembrare irrilevante, ma fidatevi che invece si presta benissimo, e in modo quasi autobiografico, alla storia raccontata.
Due anime, una canzone
Al centro di World's Best c'è l'esordiente Manny Magnus nei panni di Prem Patel, rimasto orfano del padre (Ambudkar) molto piccolo, con una madre iperattiva (Punam Patel) che gli ha sempre fatto allenare la mente, sfruttando il suo genio nella matematica. È un matleta provetto ma ha qualcos'altro dentro di sé che non riesce a spiegarsi. Tranquilli, non parliamo di superpoteri questa volta, anche se la musica potrebbe essere definita tale. Proprio come il regista del film, diviso tra due anime apparentemente opposte e contraddittorie, scientifica e artistica, anche il giovane Prem si ritrova in dubbio e combattuto su quale strada perseguire, complice anche la pre-adolescenza in cui già di base cerchiamo di capire chi siamo e dove vogliamo andare.
Per pura casualità il ragazzo scopre che il padre era un famoso rapper che si esibiva in un locale in centro - o almeno così diceva lui - e quindi si ritrova ancor più indeciso sul da farsi. A quel punto vede lo spirito del genitore e inizia a fantasticare di esibirsi con lui e diventare una superstar del rap. D'altronde l'uomo non faceva che ripetere "I migliori del mondo non riposano mai" (in originale "World's Best Never Rest", da qui il titolo del film) e la frase è entrata come un mantra nella famiglia Patel. Peccato che questo voglia dire ancora più pressione verso il ragazzino, già vittima di bullismo a scuola.
Lutto rappato
A volte l'elaborazione del lutto passa attraverso la musica ed è sicuramente questo il caso di Prem e di sua madre, che non riesce a parlargli del padre senza scoppiare in lacrime oppure a cambiare argomento, preferendo soprassedere su quella che è stata la loro storia d'amore. Ma è proprio lì che il giovane protagonista troverà le risposte alle domande che sta cercando, e nei dialoghi surreali con lo "spirito" del padre, che poi è l'idealizzazione nella sua mente, durante i quali Manny Magnus e Utkarsh Ambudkar dimostrano grande chimica, con canzoni originali simpatiche e coinvolgenti create per l'occasione. Prem dovrà capire cosa racchiude il suo DNA, che forse non è così selettivo, proprio come non dovrebbe esserlo nessuno di noi, soprattutto nella società sempre più fluida di oggi.
Tutto è estremamente ritmato nella pellicola, anche a livello di regia dinamica, in cui la macchina da presa si muove tra il musical e il videoclip memore di Hamilton - Kail e Ambudkar avevano già collaborato nel gruppo musicale di improvvisazione hip-hop Freestyle Love Supreme - e di fotografia e scenografia, che gioca con i colori sgargianti e luminosi per trasmettere la vivacità della musica rap e hip-hop. Nonostante ciò, nella parte centrale la pellicola perde un po' di mordente e nel complesso World's Best si rivela un coming of age nel segno della musica un po' troppo ancorato a dinamiche e stilemi visti e rivisti, nonostante faccia di tutto per essere originale, complici le origini indiane della famiglia protagonista. Tanto che anche i comprimari tendono a sparire in favore del rapporto padre-figlio al centro del racconto. Che ne rimane il cuore, la causa e la soluzione.
Conclusioni
Abbiamo parlato di musica-terapia e di scoperta di se stessi dopo un lutto nella recensione di World’s Best, poiché il nuovo film originale Disney+ racconta un’elaborazione del lutto attraverso un coming of age. Nonostante le buone intenzioni e la messa in scena accattivante, però, la pellicola non riesce ad andare troppo oltre il proprio genere di appartenenza e il proprio mix colorato di toni e tematiche.
Perché ci piace
- La chimica tra Manny Magnus e Utkarsh Ambudkar.
- L’idea delle due anime, artistica e scientifica, apparentemente incompatibili.
- La regia dinamica e la scenografia colorata e luminosa.
Cosa non va
- La parte centrale soffre un po’.
- Il rapporto padre-figlio rischia di fagocitare gli altri personaggi e storyline.