By the time we got to Woodstock we were half a million strong/ And everywhere there was song and celebration/ And I dreamed I saw the bombers riding shotgun in the sky/ And they were turning into butterflies above our nation
Nella storia del rock, solo una manciata di eventi possono vantare un'importanza paragonabile a quella di Woodstock. Per quattro giorni (uno in più del previsto), fra il 15 e il 18 agosto 1969, quattrocentomila persone assistettero alle esibizioni di oltre trenta artisti e band in una piana nei pressi della città di Bethel, nello Stato di New York, con il sole o sotto la pioggia. Il cosiddetto Bethel Rock Festival, definito An Aquarium Exposition: 3 Days of Peace & Music ma ribattezzato semplicemente come il concerto di Woodstock, ha costituito un autentico spartiacque nell'immaginario popolare: una gioiosa celebrazione della controcultura hippie, del pacifismo e della forza aggregativa della musica, linguaggio universale in grado di dar voce a un'intera generazione.
Dieci anni fa, per il quarantennale di questo avvenimento leggendario, il regista Ang Lee ne ha raccontato l'avventurosa genesi in Motel Woodstock, una pellicola basata sulla reale esperienza di uno dei suoi giovanissimi organizzatori, Elliot Tiber. Già nel 1970, invece, Michael Wadleigh aveva portato sullo schermo una selezione di tre ore del festival con Woodstock, un film campione d'incassi ricompensato con il premio Oscar come miglior documentario. Spaccato grandioso e irripetibile dello spirito di un'epoca, Woodstock ha sancito inesorabilmente un 'prima' e un 'dopo', ponendo un modello per molte manifestazioni che hanno provato, almeno in parte, a emularne la maestosità e le ambizioni. E a cinquant'anni dal mitico concerto abbiamo deciso di ripercorrere dieci canzoni famosissime, tutte legate all'esperienza di Woodstock e a quelle splendide "giornate di pace e musica".
Joan Baez, We Shall Overcome
La prima giornata di Woodstock viene chiusa, alle due di notte, dall'icona del folk Joan Baez, che al termine di un set di ben due ore di performance regala un'esibizione mozzafiato di una delle canzoni-simbolo dei movimenti per i diritti civili: We Shall Overcome, un brano gospel diventato la protest song per eccellenza e intonato in coro da una folla immensa già l'anno prima a Memphis, durante i funerali di Martin Luther King. Interpretata nel tempo da un'infinita quantità di artisti, We Shall Overcome resta uno degli evergreen del repertorio di Joan Baez.
Creedence Clearwater Revival, Proud Mary
Poco dopo la mezzanotte di sabato 16 agosto, a salire sul palco di Woodstock sono i Creedence Clearwater Revival, arrivati sulla cresta dell'onda proprio nel 1969 grazie agli album Bayou Country e Green River e a una serie di canzoni che avrebbero scalato le classifiche. Fra classici come Green River e Bad Moon Rising, un altro cavallo di battaglia con cui i Creedence Clearwater Revival infiammano il pubblico di Woodstock è l'indimenticabile Proud Mary, firmata da John Fogerty: un pezzo dall'effetto trascinante, che pochi mesi prima aveva portato la band al secondo posto negli Stati Uniti e che, nel 1971, avrebbe conosciuto una rinnovata fortuna grazie alla celeberrima versione incisa da Ike e Tina Turner.
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Janis Joplin, Piece of My Heart
Alle due di notte del 17 agosto, a galvanizzare per un'ora gli spettatori di Woodstock è una delle massime icone del rock e del blues, Janis Joplin, reduce dal periodo trascorso come vocalist all'interno dei Big Brother and the Holding Company, con i quali aveva registrato due album. Ed è proprio il pezzo più noto della band, Piece of My Heart del 1968, uno dei dieci brani interpretati dalla Joplin sul palco: una struggente ballata romantica a cui Janis, con la sua voce carica di passione, avrebbe regalato una fama imperitura.
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Sly and the Family Stone, Everyday People
Pionieri del funk e del soul psichedelico, Sly and the Family Stone sono stati uno dei gruppi più innovativi a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. Attiva già da due anni, nell'inverno del 1969 la band capeggiata da Sly Stone aveva portato al primo posto in classifica il brano Everyday People, incluso in seguito nell'album Stand!. Inno al pacifismo e all'uguaglianza fra bianchi e neri e oggetto, da lì in poi, di innumerevoli cover, nel cuore della notte fra sabato e domenica Everyday People farà compagnia ad altre canzoni interpretate a Woodstock da Sly and the Family Stone, come Dance to the Music, I Want to Take You Higher e Stand!.
The Who, My Generation
Dopo Sly and the Family Stone, la notte fra il 16 e il 17 agosto prosegue con una delle rockband più amate nella storia della musica britannica, The Who, i quali sfoderano oltre una ventina di pezzi: dal loro cavallo di battaglia I Can't Explain a un'ampia selezione di canzoni tratte dall'opera rock Tommy. Di rado, però, il ribellismo giovanile ha trovato un'espressione tanto poderosa e vibrante in musica come in My Generation, composta da Pete Townshend nel 1965 per l'album omonimo; approdata al secondo posto in Gran Bretagna, con il tempo My Generation sarebbe stata consacrata come una punta di diamante del rock degli anni Sessanta.
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Jefferson Airplaine, White Rabbit
Sono le otto di mattina di domenica quando, dopo un'incessante nottata di musica, a Woodstock si riaprono le danze: a guadagnare il palco sono infatti i Jefferson Airplaine, idoli incontrastati del rock psichedelico. I pezzi forti del gruppo sono ovviamente i due classici tratti dall'album Surrealistic Pillow, ovvero la ruggente ballata Somebody to Love e l'ipnotica White Rabbit, che nel 1967 aveva raggiunto l'ottavo posto in classifica: un brano in cui l'autrice ed interprete Grace Slick, ispirandosi ad Alice nel paese delle meraviglie, esprime con la voce e la melodia i trip allucinogeni prodotti dalle droghe.
The Band, The Weight
Arriviamo così alla serata di domenica 17 agosto, con un viaggio nelle radici del rock e del folk americano grazie a un altro gruppo-simbolo dell'epoca, The Band, il cui addio alle scene sarebbe stato immortalato nel 1978 da Martin Scorsese con L'ultimo valzer. Reduci da un disco d'esordio del calibro di Music from Big Pink e in procinto di pubblicare, da lì a un mese, il loro secondo capolavoro, The Band, i membri della formazione si esibiscono in numerosi pezzi contenuti nel loro primo album, inclusa quella che sarebbe diventata la loro canzone più celebre, The Weight: un brano straordinariamente suggestivo e corredato da echi biblici (e buñueliani, come dichiarato dall'autore Robbie Robertson), che quello stesso anno sarebbe stato portato in classifica sia nella versione di Aretha Franklin, sia in un duetto fra le Supremes e i Temptations.
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Crosby, Stills, Nash & Young, Wooden Ships
Alle tre di notte di lunedì 18 agosto la scena è tutta per Crosby, Stills & Nash, che avevano appena dato alle stampe il loro primo album. Dopo pezzi quali Suite: Judy Blue Eyes e Helplessly Hoping al formidabile gruppo si unisce pure Neil Young, insieme al quale l'anno dopo David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash avrebbero dato vita al loro magnum opus, lo splendido Déjà vu. E nella loro set-list di Woostock è particolarmente significativa Wooden Ships, visionaria distopia in note ispirata dalla Guerra Fredda e dallo spettro dell'olocausto nucleare, in cui viene dipinto un angoscioso futuro post-apocalittico.
Jimi Hendrix, The Star-Spangled Banner
È al talento infuocato di Jimi Hendrix che, alle nove di mattina di lunedì 18 agosto, viene affidato l'ultimo atto del concerto di Woodstock, con una memorabile performance di oltre due ore di fronte alle poche decine di migliaia di spettatori che avevano resistito fino a quel momento. Hendrix si esibisce in diversi classici del suo repertorio, da Foxy Lady a Voodoo Child, da Purple Haze all'encore con Hey Joe; ma a scrivere una pagina di storia, quel lunedì mattina, è soprattutto la sua rivisitazione strumentale dell'inno nazionale americano, The Star-Spangled Banner. Basti ascoltare le impressionanti distorsioni prodotte dalla chitarra elettrica di Hendrix, destinate ad entrare nell'immaginario collettivo e a non essere più dimenticate.
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Joni Mitchell, Woodstock
Il titolo con cui concludiamo la nostra rassegna non fa parte della scaletta di Woodstock, ma paradossalmente è quello che ha saputo raccontarne il valore e la portata meglio di qualunque altro: Woodstock, composta da Joni Mitchell pochi giorni dopo l'evento a cui non aveva potuto prendere parte e incisa nel 1970 per il suo album Ladies of the Canyon. "We are stardust, we are golden/ And we've got to get ourselves back to the garden" recita Joni nel ritornello, dando voce allo spirito di libertà, di comunione e di armonia di una generazione che immagina le bombe trasformarsi in farfalle. Portata in classifica nel 1970 nella versione di Crosby, Stills, Nash & Young e trainata al primo posto in Gran Bretagna dai Matthews Southern Comfort, la canzone di Joni Mitchell resta non a caso uno dei brani-simbolo di un'epoca in cui la musica ha incarnato più che mai sogni, speranze e ideali in cui credere senza remore.
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