Dal 12 marzo, un mese dopo l'uscita sulle varie piattaforme digitali, il pubblico italiano può rivedere Wonder Woman 1984 in formato fisico, con l'edizione DVD e Blu-ray. Quella che solitamente sarebbe solo l'ennesima tappa per un titolo standard a livello di distribuzione in questo caso però ha un sapore diverso, poiché dà una consistenza fisica a quello che in molti paesi, compreso il nostro, è stato un film "fantasma", penalizzato dalla chiusura delle sale e dall'assenza di una strategia unitaria fra gli Stati Uniti e il resto del mondo. Proprio di quella strategia mancata vogliamo parlare in questo articolo, partendo dal caso specifico del film di Patty Jenkins per affrontare la situazione generale della Warner Bros. per quanto riguarda la fine del 2020 e l'intero anno 2021.
Piattaforma sì o no?
Inizialmente previsto per la fine del 2019, Wonder Woman 1984 è poi stato spostato all'estate del 2020, periodo irrimediabilmente compromesso dalla pandemia, e successivamente al 25 dicembre. Anche quella data era in pericolo a causa della situazione sanitaria (in particolare negli Stati Uniti, dove solo adesso, a un anno dal primo lockdown, è stata data l'autorizzazione per riaprire i cinema a New York, uno dei due mercati più importanti per quanto riguarda il circuito nordamericano).
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Dopo aver consultato Patty Jenkins e Gal Gadot (soprattutto per la spinosa questione dei compensi, poiché entrambe per contratto avevano diritto a una percentuale dei guadagni cinematografici), la Warner Bros. ha annunciato che il film sarebbe uscito in simultanea nelle sale aperte e sulla piattaforma HBO Max, con la postilla che sarebbe stato rimosso dal servizio dopo il primo mese di programmazione (conditio sine qua non per ottenere l'approvazione degli esercenti statunitensi). Per gli altri paesi, dove HBO Max non esiste o arriverà in un secondo momento (non prima dell'estate di quest'anno), si è parlato solo delle sale nell'annuncio.
La Warner ha successivamente optato per la strategia ibrida per tutti i film in uscita nel 2021, per un totale di diciassette titoli (tra parentesi la data d'uscita americana): Fino all'ultimo indizio (29 gennaio), Judas and the Black Messiah (12 febbraio), Tom & Jerry (26 febbraio), Godzilla vs. Kong (26 marzo), Mortal Kombat (16 aprile), Those Who Wish Me Dead (14 maggio), The Conjuring: The Devil Made Me Do It (4 giugno), In the Heights - Sognando a New York (18 giugno), Space Jam: A New Legacy (16 luglio), Suicide Squad: Missione Suicida (6 agosto), Reminiscence (3 settembre), Malignant (10 settembre), The Many Saints of Newark (24 settembre), Dune (1 ottobre), King Richard (19 novembre) e The Matrix 4 (22 dicembre), con l'aggiunta di Cry Macho che al momento non ha una data fissata (ma trattandosi di Clint Eastwood è verosimile uno slot alla fine dell'anno). Almeno un'uscita al mese, con un sistema che, in un periodo di grande incertezza sulla condizione dei film rimasti in sospeso a causa della pandemia, sulla carta garantisce che questi lungometraggi siano effettivamente accessibili nelle date stabilite, senza rischiare ulteriori ritardi. Ma non senza diversi problemi.
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Uscite compromesse
Al momento del comunicato che annunciava questa nuova strategia, all'inizio di dicembre, sono scattate subito le polemiche, con nientemeno che Christopher Nolan a ergersi a principale paladino in nome dei cineasti coinvolti nella vicenda. Due gli argomenti principali contro la decisione della major: aver fatto l'annuncio senza avvisare cast e troupe dei singoli film (il che può avere conseguenze giuridiche, dato che ad esempio Will Smith, protagonista del film sulle sorelle Williams, ha una clausola contrattuale che prevede l'esclusiva in sala), e aver sacrificato un intero anno di film al fine di aumentare il prestigio di HBO Max, eliminando il fattore cinema e danneggiando il concetto delle finestre, già indebolito dalla pandemia, che è fondamentale per la vita dei film. Particolare scetticismo è stato espresso per quanto riguarda la promessa che questa mossa è una strategia eccezionale dettata dal contesto sanitario globale, e che non sarà più valida dal 2022 in poi, al punto che Nolan, da quasi vent'anni legato esclusivamente alla Warner (con la partecipazione della Disney per The Prestige e della Paramount per Interstellar), starebbe valutando l'ipotesi di andare altrove con il suo prossimo progetto.
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America First?
L'altro grande problema è la mancanza di qualsiasi coordinamento globale da parte di WarnerMedia, che nel voler agevolare HBO Max ha ragionato in termini puramente statunitensi, ignorando l'importanza del mercato internazionale (per i blockbuster almeno metà dell'incasso complessivo viene da lì). E così le uscite Warner, finora, sul territorio europeo e non solo sono state avvolte da una nube di incertezze, tra cinema ancora chiusi, informazioni parziali o nulle su eventuali deviazioni sul mercato home video e paesi che hanno leggi restrittive sulla fruizione dei film (vedi la Francia, dove i titoli che escono in sala non possono andare sulle piattaforme streaming per tre anni). E se per alcuni film si può ipotizzare che la vita in sala o fuori dalla stessa sarebbe sostanzialmente uguale, per il ritorno al cinema di Wonder Woman (personaggio il cui primo lungometraggio, ricordiamolo, ha incassato 822 milioni di dollari al box office) il discorso attorno all'atteso sequel si è essenzialmente limitato alla prima settimana di sfruttamento sul territorio americano, tra chi lo ha visto tramite VPN e chi ha fatto ricorso agli amici olandesi (chi ha orecchie per intendere...). Una volta che il film è arrivato legalmente da noi, sulle varie piattaforme, era già un lontano ricordo, quasi una nota a piè di pagina destinata a diventare un aneddoto curioso al fianco di titoli come Trolls World Tour (che ha portato a una provvisoria rottura tra la Universal e la catena di multiplex AMC) e Spongebob - Amici in fuga (che la Viacom ha venduto a Netflix fuori dagli Stati Uniti e usato per lanciare Paramount+ in patria).
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Già ci si interroga sul destino di Godzilla e King Kong, attesi per la fine del mese, mentre si spera che per l'estate, quando sono previsti i nuovi capitoli di franchise come il Conjuring Universe e il DC Extended Universe, la situazione sia paragonabile a quella dello scorso anno se non addirittura migliore, con la possibilità di tornare in sala senza troppe magagne. E sebbene la Warner abbia parzialmente ragionato sulla base dell'incasso di Tenet (penalizzato da un mercato statunitense particolarmente debole e dalla nozione che fossero preferibili almeno due visioni, in un momento storico in cui molti hanno paura di andare al cinema anche per una singola proiezione), va sottolineato che, grazie all'uscita scaglionata che ha rispettato le finestre tradizionali e ribadito l'importanza del luogo fisico dove si vive l'esperienza cinematografica, l'ultimo lungometraggio di Nolan è rimasto parte integrante della conversazione cultural-popolare per mesi, anche solo per la quantità di articoli partoriti sulla questione se fosse sensato o meno renderlo disponibile solo in sala. A giudicare dai risultati attuali della scuderia Warner, la risposta è senz'altro "Sì".