Come dite? Non è ancora Natale, siamo praticamente a luglio, fa un caldo incredibile, e voi parlate di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato? Sì, il momento è quello giusto: il film di Mel Stuart con Gene Wilder, tratto dal libro di Roald Dahl, compie proprio oggi 50 anni. Il film di Natale per eccellenza, infatti, usciva negli Stati Uniti il 30 giugno del 1971. Allora nessuno poteva saperlo, anzi in fondo nessuno ci sperava, ma sarebbe diventato un cult. La versione pop e autoriale di Tim Burton del 2005, da noi uscita con il titolo La fabbrica di cioccolato, ha sicuramente lasciato il segno ed è entrata nell'immaginario collettivo, complice anche l'istrionico Willy Wonka di Johnny Depp. Ma la nuova versione non deve far dimenticare il film del 1971 con Gene Wilder, un film più piccolo, delicato, ingenuo, che i bambini però dimostrano sempre di apprezzare. Ho visto bambini, a una festa di compleanno dove è stato fatto vedere il film, completamente affascinati dalla sua visione.
La storia è famosissima: il piccolo Charlie sogna di visitare la misteriosa fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, e riuscirà a trovare nelle tavolette Wonka uno dei cinque biglietti dorati che gli permetteranno di realizzare il suo sogno, insieme ad altri quattro bambini, che sono molto diversi da lui. Il film di Tim Burton, se da un lato rimane fedele al racconto originale, dall'altro esalta gli spunti grotteschi della storia. Ma Burton, più che al piccolo Charlie, sembra interessarsi a Willy Wonka, in fondo un altro dei suoi freaks, un bambino che da piccolo era diverso dagli altri. È normale aspettarsi da Burton una cosa simile, così come una messinscena ricchissima. Ma rivedere oggi il cult di Mel Stuart vale sempre la pena, per una storia più semplice, più diretta. E legata a un cinema ancora artigianale, prima dell'avvento della computer grafica. A proposito del film di Burton, poi, Gene Wilder ha dichiarato di aver apprezzato l'interpretazione di Johnny Depp nei panni di Willy Wonka, ma non gli è piaciuto il film nel suo insieme: diciamo che non era un fan di Tim Burton come regista.
Un grande successo in home video negli anni Ottanta
L'ispirazione della storia che troviamo nel libro di Roald Dahl viene dalla sua infanzia. Lui e i suoi compagni di classe parlavano spesso del fatto che avrebbero fatto volentieri da "cavie" per l'azienda dolciaria Cadbury's, per testare le loro nuove creazioni di dolciumi. L'idea di adattare il libro per farne un film è nata invece quando la figlia di dieci anni di Mel Stuart ha letto il libro e ha chiesto a suo padre di farne un film: Stuart l'ha pagata cinquanta dollari per il consiglio... E pensare che Mel Stuart inizialmente non voleva che fosse un musical. Ma i produttori riuscirono a convincerlo portando come esempio i successi di Mary Poppins (1964) e, più indietro nel tempo, quello de Il mago di Oz (1939). Se la notizia che Fred Astaire avrebbe potuto interpretare Willy Wonka si è dimostrata infondata, è vero che Roald Dahl avrebbe voluto Spike Milligan. E che un certo Peter Sellers avrebbe recitato volentieri in quel ruolo, nel quale oggi ci sembra impossibile non vedere Gene Wilder. Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, in realtà, non andò bene al botteghino. La svolta fu quando uscì in home video, diventando uno dei grandi successi dei film a noleggio negli anni Ottanta. La Paramount, che aveva i diritti dell'uscita cinematografica, non credette molto nel film, e li fece decadere. E così fu la Warner Bros a comprarli per l'uscita in VHS e per il successivo sfruttamento, inclusa un'uscita nelle sale negli anni Novanta e il remake del 2006.
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Monaco di Baviera, come in un libro di fiabe
Visto oggi, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato ha ancora qualcosa di magico, di vintage, di fuori dal tempo. Ma che cos'è che rende questo film speciale? Uno dei segreti del film è che è stato girato a Monaco di Baviera, in Germania. Girare lì era molto più economico degli Stati Uniti. Ma quei luoghi avevano qualcosa in più, un look da "libro di fiabe". A Mel Stuart piacevano molto queste location insolite, e gli piaceva l'idea di filmare in un posto che non poteva essere identificato come nessun tempo o luogo, a differenza di New York, St. Louis o Londra. È anche per questo che, come direbbero i Bluvertigo, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è un film "fuori dal tempo". A proposito, l'intervista ad Augustus Gloop è stata girata in un vero ristorante di Monaco; si chiama Hofbräukeller ed è stato completamente ricostruito dopo che un incendio lo aveva distrutto alla fine degli anni Ottanta.
Quelle reazioni spontanee degli attori
Ma, oltre a quel look da fiaba che assicuravano le location in Baviera, un altro punto di forza del film è quel senso di meraviglia, di stupore tutto infantile che si legge nei volti dei ragazzi, che arriva tutto anche a noi, che si veda il film da piccoli o da adulti. Questo senso deriva probabilmente dal fatto che molti degli oggetti e delle piante che si trovavano nella Chocolate Room erano commestibili, inclusi i lecca-lecca giganti: circa un terzo di quello che c'era nella Chocolate Room era commestibile (ma non la tazza da cui Wilder ha dato un morso alla fine della canzone Pure Imagination: era di cera, e Gene Wilder ha dovuto masticarne i pezzi di cera fino alla fine della ripresa, quando li ha sputati...). Quel senso di stupore è dato dal fatto che le reazioni degli attori e delle attrici in alcune scene sono spontanee. Quando i bambini entrano per la prima volta nella Chocolate Room e vedono i giardini di caramelle, le loro reazioni sono genuine. A proposito di stupore, Julie Dawn Cole, che interpretava Veruca Salt, ha ammesso in seguito di essere stata ingannata dalla scena in cui Willy esce zoppicando dalla sua fabbrica per salutare i vincitori del Golden Ticket. Pensava che Gene Wilder si fosse davvero ferito alla gamba e che le riprese avrebbero dovuto essere temporaneamente interrotte. La sua reazione, e quella di tutto il pubblico della scena, è reale.
Un fiume di cioccolato
Erano tempi in cui non c'erano la computer grafica né gli accorgimenti di oggi in fatto di scenografie. Così il fiume di cioccolato era composto da 150.000 litri d'acqua, vero cioccolato e panna. In realtà la formula prevista era un'altra, ma il risultato era che il liquido diventava rosso sangue... Se fai una crema, però, il rischio è che possa ben presto rovinarsi. E così ci si è ritrovati, alla fine delle riprese, con un liquido dall'odore terribile: Michael Bollner, che nel film è Augustus Gloop, racconterà poi che si trattava di "acqua sporca e puzzolente". Durante la scena dell'auto Wonka Wash, la schiuma usata è stata realizzata con degli estintori. Anche qui c'era un inconveniente: la schiuma era irritante per la pelle degli attori, che dopo le riprese si è gonfiata; ci sono voluti diversi giorni per curarla. Ma sono anche questi effetti artigianali un po' ingenui che contribuiscono all'atmosfera del film.
Il triangolo no...
Gene Wilder, cioè Willy Wonka, non appare mai per i primi 12 minuti del film, nei quali viene continuamente evocato. E questo riesce a creare un senso di attesa, di curiosità per il personaggio che finalmente appare, con l'andatura zoppicante di cui parliamo sopra. Ma la riuscita del film si deve anche ai bravissimi attori che interpretano i bambini. Sui quali vi raccontiamo una curiosità. Denise Nickerson, l'attrice che interpretava Violetta Beauregarde, e Julie Dawn Cole, il volto di Veruca Salt, si erano prese una cotta per Peter Ostrum, l'attore che impersonava Charlie Bucket. In quei giorni c'è stato un piccolo triangolo amoroso, con Denise e Julie che ogni giorno facevano a gara per sedersi accanto a lui. Julie Dawn Cole, per il suo personaggio di Veruca Salt, si è ispirata ad alcune ragazze della sua scuola privata, delle "mean girls" che non poteva sopportare.
Roald Dahl: Sequel? No grazie
Ma forse un altro aspetto che ha fatto del film un cult è che, fino al remake di Tim Burton del 2006, non abbia avuto dei seguiti, e questo probabilmente ha lasciato intatta la magia del film originale. Il fatto è che a Roald Dahl, l'autore del libro da cui è nato tutto, il film, e soprattutto la sceneggiatura di David Seltzer, non piacquero per niente. La storia era troppo centrata su Willy Wonka e non abbastanza su Charlie (ma che cosa dovrebbe dire, allora, della versione di Tim Burton?). E poi, secondo lui, Seltzer aveva apportato troppi cambiamenti alla trama. È anche per questo che Dahl non concesse mai i diritti del sequel del libro, Charlie e il grande ascensore di vetro, che così non diventò mai un film. Ma sul rapporto tra Roald Dahl e il film le voci sono discordanti. C'è chi dice che Dahl non abbia mai voluto vederlo dall'inizio alla fine, neanche quando, in un hotel, lo vide per caso in tv. Ma nel "dietro le quinte" del DVD si vede felice mentre visita il set, e pare che abbia anche partecipato alla premiere del film. Allora, siete pronti per un rewatch del film anche se non è ancora Natale?