Se si dovesse riassumere la vita della Grande Dame della Champagne in modo sintetico e d'effetto, nello stile del Tony Stark di Robert Downey jr., si potrebbe dire che è stata un genio, tra le prime imprenditrici moderne e una figura ispirazionale. Poi sì, certo, anche vedova, visto che è proprio così che ha ribattezzato il brand dello champagne prodotto dall'azienda ereditata dal marito, prima semplicemente Clicquot, e poi Veuve Clicquot Ponsardin. Rimasta sola a 27 anni, nel 1805, Barbe-Nicole Ponsardin, con la benedizione del suocero, Philippe Clicquot, prese in mano la proprietà di famiglia, portandola non soltanto a una nuova prosperità, ma rivoluzionando l'intero mercato dello champagne. Ecco perché la recensione di Widow Clicquot, il film di Thomas Napper presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023, è all'insegna della delusione: una figura del genere avrebbe meritato di più.
A interpretare Madame Clicquot è la brava Haley Bennett, che, da sola, vale il film: la sua interpretazione è la maggior forza della pellicola. Purtroppo però gli autori preferiscono usarla come simbolo di devozione e amore romantico, invece che fotografare lo spirito sovversivo di una figura che ha deciso di non risposarsi mai, proprio per poter continuare a occuparsi in prima persona di un lavoro in cui non soltanto ha avuto successo, ma vi ha impresso un'impronta importante. Non si diventa la "Grande Dame della Champagne" per caso.
Barbe-Nicole Ponsardin era una "Morgana", come dicono Michela Murgia e Michela Tagliaferri nel loro podcast dedicato a figure femminili straordinarie, che può vantare diversi primati: suo è il primo champagne vintage conosciuto, l'invenzione della "table de remuage", che permette la produzione di bollicine fini, e il primo champagne rosé per assemblaggio. Era anche bravissima nel marketing: scriveva 7mila lettere all'anno, per mantenere buoni rapporti con clienti e distributori, capì che ci voleva una bella bottiglia, dallo stile distintivo, per emergere. Creò anche un logo, quello della cometa - come quella che si dice abbia portato alla realizzazione della leggendaria annata del 1811, che si chiama appunto Le vin de la Comète - per rendere più difficile la vita a chi cercava di contraffare le sue bottiglie. Tutte cose che oggi forse diamo per scontate, ma all'epoca non lo erano affatto.
Una storia d'amore più che di genio
La sceneggiatura di Erin Dignam e Christopher Monger si concentra soprattutto sull'amore tragico tra i coniugi Clicquot: scomparso prematuramente, François Clicquot, interpretato da Tom Sturridge (il Morfeo della serie Netflix Sandman), viene ritratto qui come un sognatore troppo sensibile, intento a cantare alle viti, in adorazione della moglie. Lei, devastata dalla sua scomparsa, che si intuisce sia dovuta a un suicidio, anche dopo la morte lo vede sempre, ci parla sempre. Come se il suo fantasma non l'abbandonasse mai e lei facesse tutto questo per lui. Nella realtà sappiamo invece che François Clicquot non fosse poi così incline a coinvolgere Barbe-Nicole nei suoi affari, anzi. Fu invece proprio il suocero Philippe a darle il permesso di prendere il comando, a patto che, dopo aver fatto un apprendistato, dimostrasse di essere in grado di gestire l'azienda.
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Certamente far vedere passo passo come la vedova Clicquot abbia messo a punto la sua tecnica per il remuage magari avrebbe fatto annoiare chiunque non si intenda, o non sia appassionato, di enologia, ma almeno far intuire di più la portata delle sue invenzioni avrebbe giovato anche al film, che, impelagandosi tra versi sussurrati sotto la pioggia e occhi sognanti, diventa presto una pellicola come tante, dimenticabile se non per la sua protagonista. Anche il discorso femminista, inevitabile se si parla di una delle prime imprenditrici di successo in un tempo in cui anche solo associare donne e denaro era considerato volgare e folle, è appena accennato in poche scene. Un'occasione sprecata insomma: invece che una bottiglia di pregio è venuto fuori un prosecco del discount.
Conclusioni
Come scritto nella recensione di Widow Clicquot, il film di Thomas Napper non rende giustizia alla figura di Madame Clicquot, figura rivoluzionaria, tra le prime imprenditrici moderne di successo, genio del marketing e della produzione dello champagne, che ha cambiato per sempre inventando la table de remuage e uno dei primi champagne rosé, qui ridotta a una semplice figura romantica, perennemente nostalgica del marito perduto. La forza del film è Haley Bennett, ma la sua interpretazione non basta da sola a rendere memorabile la pellicola.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Haley Bennett.
Cosa non va
- L'interpretazione di Tom Sturridge.
- L'aver trasformato una figura rivoluzionaria come quella della vedova Clicquot in una semplice figura romantica che agisce in nome dell'amore per il marito perduto.