Una sveglia che suona alle 5 di mattina, una fuga, una madre e una figlia. E sì, ecco l'ennesima storia di un passato (violento) che torna (violentemente) a tormentare i protagonisti, sfruttando i cliché di genere per rendersi - a tratti - interessante e inaspettata. Fin dal titolo, e fin dalla sequenza iniziale, la serie ci pone dinanzi un interrogativo. Nel titolo c'è un punto di domanda, che resta fisso nelle sette puntate che compongono la miniserie in streaming su Netflix, chiedendoci: ma chi è Erin Carter?. Anzi, molti si interrogano "chi sei tu?". Già perché Who is Erin Carter? si veste immediatamente da thriller (colorato), applicando alla sceneggiatura i giusti cardini per suscitare immediata ed effimera attenzione. Il punto, però, è che l'attenzione stessa è materia fragile, ed è complicato mantenerla costante.
Creata da Jack Lothian, la serie - come spesso accade - parte da un pretesto per allargarsi poi verso altri punti di vista. Certo è, e lo ripetiamo all'inizio della recensione, la costruzione teorica di Who is Erin Carter? è di quelle che catturano il pubblico, scrollando la home di Netflix. Ed è proprio la teoria il punto forte e il punto debole della serie: la scrittura è pervasa da un totale "già visto" (esempio: c'è la classica protagonista che crede di essere seguita da una macchina), tuttavia la scrittura stessa è oggettivamente ordinata, lineare e funzionale a ciò che lo show vuole mostrare. Nessuno sforzo, solo intrattenimento, e prezioso tempo speso dagli utenti su Netflix. Ecco, riassumendo l'introduzione, Who is Erin Carter? è un compito ben fatto a cui, però, manca lo spessore e la fondamentale forza cinetica.
Who is Erin Carter?, la trama della serie Netflix
A proposito di "già visto", Who Is Erin Carter? non si sforza a cercare troppo l'originalità, delineando un confine, a suo modo, confortevole. Che vuol dire? Che tutto accade seguendo le semplici intuizioni del pubblico. Come se fossero gli spettatori ad indirizzare la storia di Erin (Evin Ahmed, che dimostra di avere un'ottima faccia e un'ottima presenza scenica) e di sua figlia Harper (Indica Watson). Nel primo episodio le vediamo fuggire dalla piovosa Inghilterra, ritrovandole dopo cinque anni in un'assolata Barcellona. Cornice speciale, peccato non sia abbastanza centrata.
Del resto, Who is Erin Carter? va dritta al sodo, e mentre la protagonista prova rifarsi una vita, viene casualmente coinvolta in una rapina in un supermercato. Uno dei rapitori, ferito, sembra riconoscerla. Cosa sta succedendo? Perché Erin, che dice di essere "solo un'insegnate", pare esperta di combattimento corpo a corpo? Come fa a tenersi dentro i suoi segreti, tenendo all'oscuro suo marito Jordi (Sean Tale)? Provando a mantenere un basso profilo, Erin viene comunque trascinata nell'indagine: il detective Emilio (Pep Ambròs) scava nel passato venendo a conoscenza della verità (o così sembra) - ad un certo punto la serie diventa un buddy movie, e sono i momenti più riusciti -, intanto che i flashback uniscono poco a poco i puntini, tra discutibili cliffhanger (quello che chiude il primo episodio è decisamente ridicolo) e scontati colpi di scena.
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Guilty pleasure o mediocre serie thriller?
Su questa strada, la miniserie Netflix prosegue dritta su una strada che non prevede chissà quali deviazioni, riempiendo gli spazi da numerosi personaggi secondari e da diverse e diversificate sottotrame che allungano il racconto (un esempio, la boriosa e pettegola vicina di casa, Penelope), e creando i momenti di stasi e di respiro che dovrebbero - condizionale è d'obbligo - far instaurare un certo rapporto con la scapigliata protagonista. Il problema è che non basta la bravura di Evin Ahmed: Erin è un personaggio marcatamente già visto, che attinge da un campionario vastissimo di figure femminili che si sono alternate le scene di conseguenti e innumerevoli serie simili a Who is Erin Carter?. Di conseguenza, e al netto di uno sfumato interesse, che ci spinge a proseguire la visione, non c'è un trasporto diretto e sincero, dissipando il legame sotto una coltre di patina (entrando nel vivo solo alla terza puntata, quando irrompe una pedina fondamentale, ovvero una vecchia conoscenza di Erin, Lena, interpretata da Denise Gough, che porta con sé la chiave del puzzle).
E c'è pure da dire che la rigidità visiva non aiuta: non c'è un guizzo, non c'è uno sforzo estetico degno di nota. Dall'altra parte, e molto sommessamente, riflettiamo sul verso elemento portante: il passato. È il tempo a dettare le regole, ed è il passato ineluttabile a creare abbozzi di tensione e riverbero seriale da binge-watching. Anche qui, una domanda: cosa saremmo disposti a fare pur di tenere chiusi gli scheletri negli armadi, proteggendo ciò che di più caro abbiamo? La risposta non ce la da certamente la serie, tuttavia, seguendo le pieghe del guilty pleasure, vogliamo andare fino in fondo, per capire chi sia davvero 'sta Erin Carter. Per cominciare, un piccolo indizio: no, questo non è il suo vero nome. Qualora ce ne importi davvero...
Conclusioni
Domanda nella domanda: guilty pleasure o mediocre thriller? Già perché Who is Erin Carter? è la più classica delle serie, costruita seguendo schemi già visti e conosciuti, e sfruttando personaggi marcatamente standardizzati. L'attenzione, però, visto il tono e vista la linearità, potrebbe agganciare il pubblico, davanti ad una miniserie che non richiede nessun tipo di sforzo, né celebrale né emotivo.
Perché ci piace
- Evin Ahmed è una buona attrice protagonista.
- Potrebbe divertire...
- Barcellona (che non si vede).
Cosa non va
- Nessun picco visivo.
- Tutto è telefonato...
- Le sottotrame e i personaggi secondari, poco interessanti.
- … e tutto è già visto.