Whisky e libertà
Quando si trova davanti al giudice in attesa di ascoltare la sentenza per aver selvaggiamente picchiato alcuni teppisti che lo avevano provocato, Robbie è convinto di non avere scampo e di essere in procinto di tornare in galera; ma la rassicurante presenza della fidanzata Leonie, incinta di otto mesi, e soprattutto la prospettiva di paternità e di una nuova vita sembrano convincere il giudice ad essere clemente e a dare un'ultima possibilità a questo giovane così diverso dal tipico bullo di quartiere.
E' così che Robbie, astuto e determinato e soprattutto pronto a qualsiasi cosa pur di raddrizzare la propria vita e diventare il miglior padre possibile, si trova con altri ragazzi "difficili" ad affrontare il servizio civile sostitutivo ed è lì che conosce Harry, il supervisore del gruppo, una persona buona e generosa, quasi certamente il miglior adulto che Robbie abbia mai avuto la fortuna di incontrare. Harry porta Robbie e il resto della gang a scoprire le meraviglie del whisky prima in una distilleria e poi ad una degustazione, così che i ragazzi scoprono l'esistenza di una botte rarissima, il cui contenuto, venduto alle persone giuste, potrebbe fruttare centinaia di migliaia di sterline.
Proprio come la bevanda alcolica al centro del plot, anche Ken Loach (in coppia con Paul Laverty, fedele sceneggiatore da 15 anni) con il passare degli anni sembra quasi cambiare sapore ed acquisire sfumature e toni inediti per un regista che dopo quasi quarant'anni sembrava essere ormai confinato esclusivamente in un cinema di denuncia; e invece negli ultimi anni Loach, pur non trascurando mai le problematiche sociali che sono comunque il punto di partenza di ogni suo film, ha ampliato il suo orizzonte e si è avvicinato a generi "nuovi" come la commedia e il thriller delle ultime due opere, sempre viste a Cannes negli anni passati. Con questo The Angels' Share, in competizione per Cannes 65, il regista britannico si spinge ancora di più lungo i binari della commedia, ma aggiunge anche un tocco di heist movie sui generis ed un finale talmente lieto e lieve da far sembrare il tutto quasi una moderna, ma alcolica, favola. Chi si aspetta quindi il classico drammatico racconto della working class loachiana rimarrà deluso, perché sebbene ci venga mostrata, anche in modo piuttosto crudo, la violenza che sembra non voler mai abbandonare Robbie, nella seconda metà del film un contagioso ottimismo sembra pervadere tanto i protagonisti quanto gli stessi autori, tanto da lasciare volutamente sul fondo non solo l'aspetto sociale ma anche quello morale: il protagonista non sembra porsi mai alcuna domanda e non sembra curarsi di eventuali conseguenze, semplicemente va avanti per la propria strada e per il proprio interesse. Se quindi né l'approfondimento né l'accuratezza dell'intreccio sono il punto di forza di questo film, perché mai questo La parte degli angeli è un film da non perdere? Semplicemente perché riesce a essere a tratti gioioso ed esilarante, e grazie ad alcuni personaggi davvero azzeccati - su tutti l'adorabile "idiota" Albert protagonista sia all'inizio del film che sul finire di almeno due sequenze subito di culto - e ben resi anche da attori in parte non professionisti (come il convincente Paul Brannigan che interpreta Robbie) scalda il cuore e l'anima proprio come un buon whisky.
Movieplayer.it
3.0/5