Un ragazzino e sua madre sono seduti in cucina. Parlano di droga, spaccio e tatuaggi. Tutte cose da cui il giovane afro-americano Ronaldo deve tenersi alla larga per non fare la fine di suo padre ed essere un buon esempio per il fratellino Titus. In questo spaccato di quotidianità, però, c'è un dettaglio che colpisce: sulla testa di Ronaldo c'è la maschera di Spider-Man. Persino quel ragazzino che sembra aver capito come gira il suo mondo balordo e smarrito ogni incanto, si aggrappa ancora ai suoi eroi, spera che qualcosa di straordinario possa accadere persino a lui. Il suo idolo, forse, non sarà Peter Parker, ma quel Miles Morales che nell'Universo Ultimate è stato il primo afro-americano a indossare il costume dell'Uomo Ragno. Partiamo da qui per raccontare come What You Gonna Do When the World's on Fire?, il nuovo docu-film di Roberto Minervini in Concorso a Venezia 2018, racconti quanto l'America odierna sia ancora lontana anni luce dai sogni di Abramo Lincoln.
Una società che deve ancora sottolineare con l'evidenziatore che un ragazzo nero possa diventare un supereroe o urlare con rabbia il potere black quando Black Panther sfonda al botteghino, è una società ancora invischiata nel fango del razzismo. Dopo la trilogia texana (The Passage, Low Tide e Stop the Pounding Heart), il regista marchigiano (che l'America la vive davvero nel cuore del Texas) fa della contraddizione la costante di un'opera figlia di un'urgenza sociale.
Il titolo, variazione di una celebre canzone gospel, prende atto di un incendio in atto (l'odio razziale) e pone una domanda difficile. What You Gonna Do When the World's on Fire? non ha risposte in serbo, perché vuole soprattutto sollevare e spargere la necessità di tanti, scottanti interrogativi.
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Fiamme nere
Immersione in uno spaccato sociale vivo, ferito e pulsante, il film di Minervini è il frutto di lungo lavoro di ambientamento. Per girare questo docu-film è stato necessario guadagnare la fiducia di una comunità black piena di doveroso sospetto verso qualsiasi mezzo di comunicazione manipolato da un bianco. Soltanto dopo aver instaurato una connessione umana e spirituale con tutti loro, Roberto Minervini è riuscito a girare un film che non ha una storia lineare da raccontare. Fatto di squarci e di dialoghi rubati, What You Gonna Do When the World's on Fire? è fatto di schegge, di momenti in cui la cinepresa entra nei silenzi e nelle urla di gente consapevole di essere molto lontana dal paradiso. Il titolo apocalittico prende atto di tante tragedie quotidiane: ci sono omicidi assurdi, teste tagliate, l'ombra ancora lunga del Ku Klux Klan e donne stuprate, costrette ad annegare il dolore nella tossicodipendenza. Minervini si muove con naturalezza dentro tre storie: quella di due fratelli cresciuti lungo strade pericolose, quella di una combattente costretta a lottare con un passato doloroso e le pattuglie dei New Black Panthers, un gruppo organizzato che lotta per la verità, contro l'indifferenza di una polizia sorda e cieca davanti agli orrori subiti dai neri. Emerge così uno spaccato capace di essere sia familiare e intimo che sociale e politico; uno spaccato in cui non è necessario prendere posizione perché i fatti bastano a farsi un'idea di un incendio in cui molti si tappano il naso pur di non sentirne la puzza e far finta di niente.
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Pugni nello stomaco
A volte la consapevolezza nasconde il rischio dell'abitudine, cela lo spauracchio dell'assuefazione. Quello che colpisce dei dialoghi taglienti ma a tratti ridondanti del film è la naturalezza con cui anche un bambino parli di sparatorie, cadaveri e pistole. La normalizzazione dell'assurdo è il dramma silenzioso di questa gente calata dentro una serie di paradossi inestricabili. Difficile che l'odio subito non crei altrettanta intolleranza, difficile non cadere nella trappola del "razzismo al contrario", quello che dichiara con orgoglio il potere dei neri e delle donne attraverso forzature altrimenti non richieste in una società equa. Involontario ma curioso, in tal senso, il richiamo all'infanzia senza spensieratezza vista di recente in quel Moonlight premiato con un Oscar che aveva significati altri dai suoi meriti strettamente artistici. C'è bisogno di dare spazio, ossigeno e grandi schermi alla questione razziale. Minervini questo lo sa bene. C'è bisogno di qualche pugno nello stomaco ben assestato per scuotere e tornare a sentire la puzza di bruciato. Scritto da un montaggio narrativo e fotografato da un necessario bianco e nero, What You Gonna Do When the World's on Fire? poteva forse essere più incisivo senza qualche ripetizione di troppo e talvolta fa nascere il dubbio sulla totale spontaneità dell'operazione, perché qualche sequenza sembra troppo scritta e didascalica. Questo non toglie al film la forza di un urlo urgente e il tatto delicato e potente di un regista addentrato nel cuore di quelle fiamme.
Movieplayer.it
3.5/5