Progettata e realizzata con ambizioni anche superiori a quelle del primo ciclo di episodi, la seconda stagione di Westworld mostra, soprattutto nel finale, qualche debolezza di scrittura in più, nel momento in cui l'articolata e convoluta struttura narrativa non viene giustificata dalla qualità delle rivelazioni e dall'impatto emotivo delle soluzioni in un pingue finale da 90 minuti. Nel suo complesso, tuttavia, la storia continua a sembrarci ben architettata sul lungo termine, con scenari nuovi (anche se derivativi, ma questa è sempre stata una caratteristica di uno show fortemente imparentato con tanta fantascienza impegnata e radicato nell'esplorazione delle potenzialità delle AI) che si aprono alla vigilia della già confermata terza stagione.
Questo episodio finale, intitolato The Passenger e lungo quanto un film, porta a compimento i fondamentali archi narrativi senza sbalordire o spiazzare più di tanto (c'è un unico twist davvero efficace e riguarda Charlotte Hale) attraverso una serie infinita di salti temporali e depistaggi, e lasciando molti elementi senza spiegazione. Chi è davvero e cosa sa Ashley Stubbs? Come mai il corpo di Teddy Flood era nel lago che ha occupato la Valle dopo l'allagamento della Forgia? Ci si è materializzato dopo che, in qualche modo, Dolores ha spedito la sua "anima" nell'Oltre Valle? E alla fine, quando Dolores si è ricostruita il suo corpo originale nella casa di Arnold Weber a Hong Kong, qual è la coscienza che abita le sembianze di Charlotte e che sarà indubbiamente centrale nei piani di conquista a venire? Ci sono due Dolores, una interpretata da Evan Rachel Wood e una da Tessa Thompson? E la "scena post-credits", in cui di fatto ci viene detto che l'Uomo in nero (almeno a questo punto) è un host e che sembra ambientata anni dopo la distruzione della Forgia, è una sadica chiusa per l'abietto personaggio di Ed Harris che richiama l'inferno della ripetizione a cui aveva condannato James Delos, o apre a una nuova storyline ambientata in un futuro non meglio precisato per la terza stagione?
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Dio è femmina
Nonostante le sue farragini, questo The Passenger non lesina momenti emozionanti e anche poetici, quasi tutti focalizzati su personaggi in cui a un buon lavoro preparatorio di caratterizzazione si accompagnano ottime performance. E non è un caso che facciano quasi tutti capo a Maeve, il personaggio più efficace sin dalle prime battute, il più umanamente vicino allo spettatore tra gli host, e anche uno dei meglio interpretati, come l'incantevole Thandie Newton dimostra anche in questa occasione, canalizzando una forza, interiore, morale e fisica, e una serenità che consacrano il suo status di unico vero successo dell' "esperimento" di Robert Ford (insieme ad Akecheta, con cui, dopo gli scambi "telepatici" e i contatti onirico-mnemonici c'è un bellissimo sguardo di intesa e addio).
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La liberazione di Maeve dal Mesa è sanguinosa e spettacolare, ma a definire il personaggio è la compassione - anche nei confronti della terrificante Clementine versione cavallerizza dell'Apocalisse - la determinazione a conseguire il suo scopo, la capacità di sacrificarsi per ottenerlo, ma anche la capacità di toccare profondamente gli altri: Maeve ha la fedeltà di Hector e Armistice fino alla fine, ma soprattutto riesce a coinvolgere in un percorso di comprensione e umanizzazione quello che nella prima stagione era stato un personaggio assolutamente spregevole come Lee Sizemore.
Siamo morti molte volte. Se moriamo una volta ancora almeno sarà nella nostra storia.
Così, accanto al sacrificio di Maeve, alla crudele fine di Elsie Hughes, all'abbraccio tra Akecheta e Kohana, allo sguardo desolato di Teddy Flood che si risveglia in paradiso senza la donna che ama, forse è proprio ad appannaggio Sizemore il momento più toccante dell'episodio, perché, anche se è l'ultima cosa che fa, riesce a diventare l'eroe che fantasticava di essere nei suoi scritti spesso trasandati e ripetitivi, ma qualche volta anche sinceri, riesce a portare a termine una redenzione autentica ma anche a mettere in discussione quella che nel viaggio di Dolores e Bernard della Forgia sembra stabilire come verità assoluta: gli esseri umani non possono mai davvero cambiare, sono creature spezzate destinate a ripetere sempre gli stessi errori. Solo i loro successori hanno la possibilità di evolversi.
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La battaglia delle volontà
E a proposito di Dolores e Bernard, The Passenger azzera e riessesta le dinamiche tra i due personaggi che abbiamo visto sin dalla prima scena dello show impegnati in conversazioni ricche di fascino e mistero. Arnold ha creato Dolores e Dolores ha creato Bernard; si inseguono senza sfiorarsi, si ostacolano, si uccidono, e si riportano in vita reciprocamente. Ma se Dolores, come Maeve, persegue a testa bassa il suo obiettivo, Bernard appare per buona parte dell'episodio tormentato da un conflitto irriducibile, sospeso tra due popoli, due identità: emancipatosi da Ford, torna a sentire il bisogno del suo aiuto al punto di immaginarlo (della discussione sulla spiaggia fatichiamo a trovare un senso che non sia quello di lasciarci la speranza di rivedere Anthony Hopkins nella terza stagione) e solo alla fine di un lungo e doloroso percorso riesce davvero a "liberarsi": Bernard Lowe, come entità indipendente, come membro di una nuova "razza" nasce in questo momento, e lui e Dolores saranno non falsi amici, come Dolores e William, ma avversari consapevoli, che hanno bisogno l'uno dell'altro per consentire la sopravvivenza della loro specie.
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Dopo il loro viaggio nel sistema della Forgia, accanto a una volontà organizzatrice che ha il gradevole aspetto di Logan Delos, Dolores è sempre più ferma nei suoi propositi e ha i mezzi per sopravvivere nel mondo di fuori; per Bernard invece aumentano i dubbi, anche perché non ha memoria del proprio contributo alla costruzione della Forgia e dell'Oltre Valle; ma di fronte alla conferma tangibile, ineludibile della crudeltà della razza umana, con l'assassinio di Elsie, è indotto a fare la sua scelta. Per questo la sua è una delle "perle" di coscienza che Dolores porta con sé nel mondo che volevano negarle, aprendo una nuova via di conoscenza e conquista alle AI di Westworld e allontanando lo show dai suoi presupposti iniziali. Chi sono le altre? Difficile immaginare un Westoworld 3 senza Maeve, anche perché Felix e Sylvester sembrano pronti a rimetterla in sesto, ma per il resto Lisa Joy e Jonathan Nolan potrebbero avere in serbo delle sorprese. Dolores è l'inarrestabile volontà di vendetta e di conquista per gli oppressi, ma la sua rabbia rischia di portarla a ripetere gli errori dei suoi creatori. Bernard è un potenziale mediatore ma, su quella soglia, è all'inizio del suo percorso, e non ha il completo controllo di sé. Ma Maeve lo ha; Maeve può toccare con amore le umane imperfezioni, creare dialogo e comprensione, ha solo bisogno di uno scopo. E noi abbiamo bisogno di lei, dentro e fuori Westworld.
Movieplayer.it
3.5/5