Wave Makers - Tempeste politiche, la recensione: la politica delle emozioni

La recensione di Wave Makers - Tempeste politiche, serie sulla gestione di una campagna elettorale dove la politica diventa pretesto per parlare di argomenti di carattere universale come i pregiudizi e i ricatti morali.

Wave Makers - Tempeste politiche, la recensione: la politica delle emozioni

Si creano consensi, si creano scandali: in politica si creano soprattutto onde che riportano a riva segreti tenuti nascosti, e ingiustizie sociali che smorzano il fiato, sgranano gli occhi e portano voti.
Come sottolineeremo in questa recensione di Wave Makers - Tempeste politiche, la serie in otto puntate taiwanese firmata Netflix sfrutta il tema delle elezioni politiche per trascendere in un discorso più ampio, fatto di pregiudizi e ricatti, sfruttamenti e rivendicazioni di carattere femminile.

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Wave Makers - Tempeste politiche: una scena della prima stagione

Possono cambiare i metodi, i linguaggi, ma la politica vive di stilemi di natura universale: è una macchinazione senza identità nazionale, che sfrutta debolezze, manipolazioni tipiche dell'essere umano. Ciononostante, è interessante constatare come nei piccoli spiragli lasciati liberi da tali giochi mentali, si facciano largo altre esigenze tipicamente umane, di coloro che restano in disparte, di pedine sfruttate per far partire il sistema del domino della politica, e poi lasciate mute, immobili, completamente in ombra. Sono assistenti sedotte e poi ricattate; donne vittime dei pregiudizi omofobi e di quelli patriarcali; sono padri di famiglia fedifraghi, e altri completamente devoti al proprio lavoro: nell'oceano di Wave Makers - Tempeste politiche, ogni personaggio si fa onda che si muove in solitaria, nell'attesa che una distrazione, o un attimo di debolezza, le lasci il giusto spazio per re-inserirsi in gioco e ribaltare ogni situazione, unendosi ad altre onde, altre ingiustizie, e distruggere così insieme le fondamenta del passato, per costruire qualcosa di nuovo.

Wave Makers - Tempeste politiche: la trama

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Wave Makers - Tempeste politiche: una scena della prima stagione

Weng Wen-fang è una donna forte, orgogliosa, caparbia; Weng Wen-fang è soprattutto una donna che proviene da una famiglia con solide tradizioni politiche. È stato quasi naturale per lei accettare il ruolo di capo partito in vista delle nuove elezioni di Taiwan. In un percorso a ostacoli lungo otto episodi, Wave Makers - Tempeste politiche segue i dubbi e i successi dello staff capitanato da Wen-fang all'alba delle elezioni, tra imprevisti, scelte complicate e soprattutto dilemmi etici. Ciò che ne risulta è un ritratto onesto e sincero del lato più feroce della politica.

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La campagna della fidelizzazione spettatoriale

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Wave Makers - Tempeste politiche: un momento della prima stagione

È un mondo seriale, quello di Wave Makers - Tempeste politiche, non così distante dalla campagna elettorale che racconta. Si fa conoscere, si fa apprezzare; grazie alle sotto-trame dei propri personaggi simpatizza lentamente con i propri spettatori, per poi farseli amici, complici, sostenitori. Un viaggio in crescendo, tortuoso, lungo una ripida salita fatta di tanti (e complicati) nomi da ricordare, di (apparenti) distanze culturali, e di tematiche non sempre così interessanti. Poi qualcosa succede: il manto della politica cade, rivelando il corpo che stava nascondendo: un corpo composto di argomenti lontani dall'apparato nazionale a cui fanno riferimento, per elevarsi a un linguaggio universale, di emozioni e ingiustizie, sotterfugi e recriminazioni. Ogni barriera linguistica, sociale, crolla, eliminando la distanza tra lo spettatore e il microuniverso raccolto al di là dello schermo; certo, ci vuole tempo e tanta attenzione per non perdersi in questo labirinto narrativo fatto di tante storie, e tante - complicate - psicologie, ma una volta raccolta la bussola e ritrovata la giusta via, diventa quasi automatico affezionarsi a ognuno dei protagonisti di Wave Makers - Tempeste politiche. E così, inconsapevolmente, ecco che il pubblico si tramuta in un sostenitore del partito protagonista, lanciando cumuli di odio agli oppositori, e condividendo ogni emozione, caduta e rivincita con gli uomini e - soprattutto - le donne, che vivono e credono nei valori del proprio partito.

La fatica della conoscenza

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Wave Makers - Tempeste politiche: una sequenza della prima stagione

Otto puntate da cinquanta minuti può non sembrare un percorso di visione faticoso; invece l'attenzione richiesta dai primi episodi di Wave Makers - Tempeste politiche a un pubblico chiamato a orientarsi nella selva politica e conoscitiva di storie, visioni e personalità così divergenti, raggiunge un livello tale da creare un senso di spossatezza e completa fatica. È solo nel momento in cui l'abitudine prende il sopravvento e i volti - più dei nomi - diventano famigliari, che Wave Makers - Tempeste politiche può svelare i propri assi nella manica, giocando con l'empatia e la sensibilità dei propri spettatori. Il revenge porn, i pregiudizi omofobi e di genere, l'inquinamento sono tutti tasselli usati non solo come bandiere e attacchi di carattere politico, ma anche come denunce nei confronti di una società attanagliata da ingiustizie e diseguaglianze. Sfruttando la potenza di tale argomenti, i creatori della serie riescono a partire da un nucleo specifico, per lanciare denunce a livello mondiale, in una campagna di sensibilizzazione di natura apolitica, e prettamente umana.

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La condivisione in formato televisivo

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Wave Makers - Tempeste politiche: una foto

Che il senso univoco di condivisione umanitaria nasce e scorra nello spazio di ogni raccordo di Wave Makers - Tempeste politiche, lo dimostra l'attenta costruzione di ogni inquadratura. I primi piani sono spesso surclassati da riprese ad ampio respiro, volte a coinvolgere e unire, nello spazio di uno sguardo, anime in combutta, o desideri simili, condivisi, a bassa voce rivelati. È un montaggio illuminato da una fotografia accesa e alquanto canonica, quello di Wave Makers - Tempeste politiche, dove ogni slancio tecnico, viene soffocato da un'esigenza più umana volta a tradurre in immagini sentimenti e timori repressi. Sono tutte emozioni tenute sospese nello spazio di sguardi parlanti e che solo un occhio come quello della cinepresa può cogliere e restituire a spettatori attenti. Ogni raccordo di montaggio, ogni ambiente immortalato, o inquadratura pensata e realizzata, nasce dunque per sottolineare la componente umana della serie. Peccato che a volte l'accostamento di questi sottocapitoli dedicati al tratteggio esistenziale di ogni personaggio, confonda uno spettatore ancora insicuro nell'approcciarsi a questo mondo, impedendogli di afferrare con costanza ogni input informativo lanciatogli, ogni slogan urlatogli, e ogni personaggio presentatogli.

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Wave Makers - Tempeste politiche: una scena della prima stagione della serie

In un universo seriale in cui la politica si fa pretesto per trattare argomenti molto più profondi e complessi, Wave Makers - Tempeste politiche tende una mano per inserire il proprio pubblico all'interno di un sistema psicologico tortuoso ed emotivamente complicato. Ci vuole pazienza, ma una volta compresi i difficili parametri sentimentali e personali che vivono all'interno di Wave Makers, si riuscirà ad apprezzare ogni suo passaggio e risvolto narrativo, evitando gli errori e gli inganni; un sistema di fidelizzazione e di intesa, ostracismo e ricatti morali da apprendere, interiorizzare e chissà, applicare in futuro anche in politica.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Wave Makers - Tempeste politiche sottolineando come la serie taiwanese in otto puntate firmata Netflix riesca a distaccarsi dall'universo politico per trattare argomenti di più ampio spettro a livello umano. Peccato che ci voglia del tempo per ambientarsi all'interno di un racconto caotico pieno di sottotrame e personaggi dall'indole complessa e divergente.

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • L'uso della campagna elettorale per trattare argomenti di caratura più umana.
  • Psicologie e caratteri ben delineati.
  • Uso di inquadrature ampie per dare un senso di condivisione e lealtà.

Cosa non va

  • Racconto a tratti caotico, pieno di personaggi e sottotrame.
  • Fotografia e regia canonica.
  • Mancanza di coraggio nell'affrontare certe tematiche.