Il superuomo esiste. Ed è americano. Anzi, Dio esiste. Ed è sempre americano. Apriamo questa recensione di Watchmen 1x07 rievocando la bluastra creatura suprema, colui che ammalia come un eroe e soggioga come un essere divino: Dottor Manhattan, naturalmente. Colui che tutto può manipolare, ma è stato soprattutto manipolato. Colui che è stato usato come arma di distruzione di massa in guerra e come fiero simbolo di propaganda dagli Stati Uniti d'America.
Un personaggio-simbolo della saga che la serie tv di Damon Lindelof non ha certo dimenticato. Anzi. È sin dai primi episodi che il fantasma del Dr. Manhattan aleggia sullo show, come se la sua apparizione fosse una promessa continuamente tradita e rimandata. Quel che resta di Jon Osterman si è rintanato su Marte, lontano da quel pianeta che lo ha reso un riluttante disilluso, un supereroe triste e nichilista, eppure non dimenticato. Nonostante siano passati decenni dal suo addio, la Terra non ha dimenticato quell'essere straordinario e spera sempre in un suo ritorno. E noi spettatori facciamo lo stesso. Quel furbacchione di Lindelof questo lo sa, e ha saputo giocare sporco con le nostre attese. Adesso il momento è giunto. A tre episodi dal termine della prima (e unica?) stagione, Dottor Manhattan finalmente c'è, pur non apparendo mai (se non in un breve flashback vietnamita in cui il suo volto non viene mostrato). Il fantasma del superuomo aleggia sotto forma di ricordi, documentari, racconti, merchandising, puro mito. Così il prologo di An Almost Religious Awe decide di mostrare Dottor Manhattan con un tocco di beffarda e raffinata ironia: una marionetta nelle mani di un vietnamita.
Proprio colui che ha disintegrato un popolo intero muovendo un dito viene mosso dalle mani di un giovane terrorista pieno di risentimento. Ed è proprio dal risentimento che parte questo settimo episodio, ovvero dal passato doloroso di Angela Abar, ancora alle prese con le scorie di quella Nostalgia che le infesta la mente. Quella Nostalgia di cui Watchmen non è mai stato affetto.
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La donna che si è fatta da sola
Tornare "alla normalità" (ammesso che in Watchmen ci sia davvero qualcosa di normale) dopo un episodio straordinario come quello della scorsa settimana non è facile. Siamo ancora scossi dal violentissimo viaggio tra le radici della mitologia di Watchmen, ancora frastornati dalla vita tribolata di Will Reeves, per i nemici Giustizia Mascherata. Ecco "l'ammirazione quasi religiosa" del titolo di questo settimo episodio sembra quasi la nostra nei confronti del suo predecessore. Consapevoli di questo paragone, Watchmen 1x07 riprende in parte la stessa struttura di Watchmen 1x06, pieno zeppo di ricordi com'è. Solo che al centro di An Almost Religious Awe, questa volta, ci sono i ricordi e i dolori di Angela Abar. Le scorie dei ricordi di suo nonno si avvertono ancora, ed è significativo come, ancora prima di guardare in faccia l'esistenza del nonno, sua nipote ne avesse inconsciamente seguito le orme.
Accomunati dallo stesso destino infame (genitori uccisi dall'odio), Angela e Will hanno ingoiato rabbia per soddisfare la propria sete di giustizia. Con la maschera a coprire le loro ferite agli occhi del mondo. Se Dottor Manhattan è sempre stato adottato da tutti come tipico modello dell'self made man idolatrato dalla cultura statunitense, Angela Abar ha fatto lo stesso ma in silenzio, con discrezione, come il suo alter ego Sister Night le imponeva. Però, questo episodio non si è solo addentrato nel passato, ma ha finalmente dato molte risposte a misteri presenti. Risposte talvolta stranianti (tra peti ed elefanti), altre scioccanti. Per informazioni chiedere al cranio di Cal Abar.
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Crogiolarsi nel dolore
L'abilità con cui Watchmen passa dal privato al collettivo è sempre lodevole. È un movimento oscillatorio studiato da sapienti orologiai, che passa dall'intimo al sociale sin dal primo episodio. Succede anche qui, quando Lindelof e soci decidono finalmente di fare chiarezza sui piani del Settimo Cavalleria, sulla moralità di Judd Crawford e sui piani dell'enigmatica Lady Trieu. Eppure, nonostante gli schieramenti tra buoni e cattivi sembrino ormai chiari, crediamo che Watchmen non abbandonerà mai la sua passione viscerale per le zone grigie in cui è difficile distinguere le due fazioni. Niente, insomma, è bianco o nero come le macchie di Rorschach. Tralasciando la leggera caduta di stile del processo ad Adrian Veidt, che conferma un effetto grottesco troppo marcato e non sempre riuscito nelle sequenze a lui dedicate, An Almost Religious Awe affonda il colpo quando ci mostra le preghiere inascoltate del mondo distopico di Watchmen.
Tutte preghiere, speranze e richieste lanciate su Marte verso un dio sordo, che forse non le ascolterebbe anche se fosse davvero dall'altra parte della cornetta. Anche perché Lindelof ci tiene a sottolineare (come confermato dalle pillole di Nostalgia) che spesso noi esseri umani ci crogioliamo nell'insoddisfazione, aggrappandoci al nostro dolore per giustificare i nostri fallimenti. E così rimaniamo incastrati nel passato invece di imparare dall'esperienza. È forse questo il peccato originale di una nazione ancora impregnata dello stesso odio che faceva bruciare Tulsa negli anni Venti. Una nazione che si appella ancora a un dio sordo per guarire dai suoi mali. Un dio che non era fuggito. Si era nascosto. E forse ha più bisogno d'aiuto dei suoi fedeli che lo implorano.
Conclusioni
Dopo le vette toccate la scorsa settimana, in questa recensione di Watchmen 1x07 abbiamo confermato un fisiologico passo indietro dello show, tornato ad alternare con maestria passato e presente. Se le origini di Angela Abar ricalcano molto le esperienze di suo nonno, il colpo di scena sul vero intento del Settimo Cavalleria era davvero inaspettato. Senza dimenticare un cliffhanger finale davvero clamoroso.
Perché ci piace
- Il fantasma del Dottor Manhattan che aleggia sulla serie e diventa sempre più incombente.
- I parallelismi tra il passato di Angela e quelli di suo nonno Will.
- Siamo davanti all'ennesimo prologo curato in modo maniacale.
- Il colpo di scena finale è notevole.
Cosa non va
- Ancora una volta le sequenze con Adrian Veidt ci sono sembrate troppo grottesche e con una caduta di stile troppo straniante.