Una laurea in scienze, una in legge e un dottorato in giurisprudenza - con lode - conseguiti entro i 25 anni. A 29 era già presidente della sezione cable and domestic TV di NBC Universal, nonché supervisore della distribuzione dei nuovi media dell'emittente. Lavoratore infaticabile ed esperto conoscitore del mercato della comunicazione e dell'intrattenimento, David Zaslav rimane a NBC fino al 2006, quando gli viene offerto il posto di CEO alla Discovery Communications. Una volta lì, rivoluziona la compagnia dall'interno, rafforzando le reti principali del network e lanciando la società nel mondo azionario nel 2008 (in America si dice "go public"), già nella prestigiosa Fortune 500 nel 2014 e da lì mai spostatasi.
Tutto questo per dire che David Zaslav sa il fatto suo. Non è l'ultimo arrivato nel settore ed è stato proposto a inizio fusione come CEO della conglomerata Warner Bros. Discovery proprio per il suo modus operandi amministrativo, in grado di istigare in breve tempo un rinnovamento attivo della compagnia da lui supervisionata, al netto di polemiche e discussioni fisiologiche a seguito di scelte anche spietate e poco condivisibili se ragionate col cuore. Di testa, invece, è tutt'altra storia.
Un progetto concreto
Nel 2018 AT&T acquista ufficialmente l'ex-Time Warner per 85,4 miliardi di dollari (compresi i debiti della società) e già tre anni dopo, nel maggio 2021, la compagnia valuta l'offerta di cessione della partecipazione nella loro controllata della nuova WarnerMedia a Discovery. L'accordo viene confermato poco dopo dalle parti e la fusione successivamente strutturata in un cosiddetto Reverse Morris Trust, dove in sostanza un'azienda quotata in borsa votata in quel momento a una riorganizzazione divisiva (AT&T) vende un asset (WarnerMedia) a un'altra società quotata in borsa (Discovery) che punta invece a una riorganizzazione acquisitiva (di fatto a una fusione legale).
In sostanza, un vero e proprio disinvestimento economico necessario da parte di AT&T, che ricevendo 43 miliardi di dollari in contanti ed estinzione dei debiti ha però mantenuto il 71% della partecipazione azionaria della ex-WarnerMedia, con diritto di nomina di 7 membri del consiglio d'amministrazione, mentre la ex-Discovery detiene invece il restante 29% e la nomina di sei membri del board. Forse a causa dei problemi che hanno dilaniato il settore cinematografico nei due difficili anni di pandemia da Coronavirus, o forse perché Warner versava in condizioni creative disastrate ed economiche non proprio convincenti: fatto sta che AT&T ha scelto di tirarsi fuori dal ramo dei media in tempi record, passando la palla bollente a Discovery e a Zaslav, consapevoli di dover mettere in piedi un progetto di rilancio e crescita concreto a seguito di una curatela tanto commerciale quanto artistica fin troppo caotica, sia dal punto di vista cinematografico che streaming. Ed è qui che il CEO ha cominciato a mostrare i muscoli e il cervello.
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La strategia "Pop-corn"
Analizzando la situazione, era evidente una gestione schizofrenica delle proprietà WarnerMedia, soprattutto per quanto riguarda le IP più importanti legate al mondo DC o al Wizarding World. Non solo per quanto concerne l'aspetto puramente creativo e organizzativo di un asset multi-mediatico come il DC Universe (inteso nella sua generalità), ma anche in relazione a investimenti poco coscienziosi su titoli con un rientro economico probabilmente insoddisfacente. Si andava praticamente a tentoni, cercando di mettere in piedi progetti che potessero rinvigorire gli interessi del grande pubblico in sala e invitarli al contempo a sottoscrivere l'esoso abbonamento a HBO Max all'interno della strategia che l'ex-CEO WarnerMedia, Jason Kilar, definiva "Project Popcorn".
Di fatto, la pandemia ha spinto la compagnia a puntare tutto o quasi sullo streaming, introducendo il modello di distribuzione ibrida che tanto male ha fatto a prodotti come The Suicide Squad o Tenet (spingendo addirittura Christopher Nolan ad abbandonare la sua casa ventennale in favore di Universal) e ai relativi incassi, dando però un boost clamoroso agli abbonamenti HBO Max, dai 73,8 milioni di fine 2021 ai 92,1 milioni globali confermati lo scorso 4 agosto. In sostanza, un calo vertiginoso dei profitti dei titoli da maxi-schermo, bellamente "regalati" in streaming - e alla pirateria -, dirittamente proporzionale a un aumento sorprendente delle sottoscrizioni alla piattaforma, legato però principalmente alla possibilità di vedere dopo una finestra temporale di 45 giorni dall'uscita in sala grandi produzioni come The Batman o Godzilla vs Kong già comodamente seduti sul divano. E tanti saluti al cinema, "tanto lo vedo in streaming tra un mesetto". Il progetto di Kilar è però piaciuto così tanto ai fruitori medi che ha guidato in prima linea il rialzo degli abbonati, promettendo poi un aumento significativo degli HBO Max Originals, annunciando titoli a pioggia senza reale ragion d'essere con esosi investimenti.
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Caso per caso
Entrando nel particolare, in appena due mesi dall'ufficializzazione in borsa di Warner Bros. Discovery, Zaslav ha fatto un repulisti generale del Poject Pop-corn, passando a una strategia "caso per caso" sia al cinema che in streaming. Ha dichiarato infatti il CEO: "Questa idea di film costosi distribuiti direttamente in streaming non ha alcuna giustificazione economica per noi. È in atto un cambiamento strategico che vi vedrà molto più impegnati nelle uscita cinematografiche, con molti più titoli lanciati in finestre temporali più brevi". Cinema nuovamente al primo posto e l'integrazione di HBO Max in Discovery Plus, con l'eventuale lancio di un nuovo servizio nel 2023: la distruzione totale dell'ideale kilariano e l'inizio dell'era zaslaviana, cataclismatica e per questo sovversiva rispetto al passato.
Scendendo ancora più nel dettaglio, ogni tipo di HBO Max Originals è stato eliminato dalla piattaforma in abbonamento, disponibile sono a noleggio o per l'acquisto (come ad esempio Le Streghe di Robert Zemeckis). Secondo poi, l'accetta di Zaslav ha tagliato i progetti rischiosi o più sinceramente "deboli", sommerso per questo da innumerevoli critiche, soprattutto per non aver dato modo agli stessi di essere distribuiti in sala. Ma è qui che si vede la reale capacità amministrativa pragmatica del CEO. Sia per quanto riguarda Batgirl che per il prequel di Scoob! (che sono i film cancellati più discussi perché praticamente ultimati), il motivo del loro "decesso" è sì legato in minima parte ai test screening insoddisfacenti, ma in larga a un'ingente detrazione fiscale.
Spiegato meglio secondo esperti finanziari: Warner Bros. può tirarsi fuori dall'investimento in un determinato film per utilizzare le detrazioni ad esso correlate per generare profitto da altri progetti. In pratica, creare dei tesoretti da re-investire in titoli in cui si crede di più. Ma per farlo, il film non deve essere distribuito in alcun modo, motivo che spiega le cancellazioni. Non è un caso che un produttore oculato e intelligente come Jason Blum abbia dichiarato di "aver compreso le ragioni della società, di capire le loro motivazioni soprattutto da un punto di vista creativo". Al contrario, Walter Hamada non è stato per nulla contento delle scelte di Zaslav, tanto da essere pronto a dimettersi come presidente DC Films non appena uscirà al cinema Shazam! Furia degli Dei, a fine anno.
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Dieci anni di lungimiranza
Warner Bros. Discovery non ha infatti cancellato tutti i progetti DC in ballo, elemento che dà credito all'idea della detrazione fiscale. Salvi e anzi appoggiati dal CEO ("li abbiamo visti, sono fantastici, ci crediamo") praticamente tutti i progetti cinematografici DCEU: Black Adam con The Rock, il già citato sequel di Shazam!, Aquaman e il Regno Perduto di James Wan e persino The Flash con l'ormai contestato Ezra Miller, anche se quest'ultimo è probabilmente ancora vivo per ragioni di budget (non si possono gettare via 200 milioni di dollari). A dimostrazione di questa presunzione c'è comunque la cancellazione del film su Supergirl, pensato proprio come spin-off del titolo diretto da Andy Muschietti. Nelle intenzioni di Zaslav, comunque, al cinema si punterà molto sulla Trinità DC composta da Batman, Superman e Wonder Woman, compresi personaggi ad essi strettamente connessi. Per questo non ci sono problemi correlati al "corso qualità" DC Label Black, che comprende The Batman 2 di Matt Reeves e anche l'annunciato Joker: Folie a Deux con Joaquin Phoenix e Lady Gaga nei panni di Harley Quinn, in uscita nel 2024. Il terzo film su Wonder Woman con Gal Gadot dovrebbe trovar ugualmente concretizzazione, e magari il Batman di Ben Affleck essere in qualche modo reintegrato in quello che il CEO ha definito "un nuovo progetto a lungo termine da qui a dieci anni" ispirato al MCU di Kevin Feige ma tenendo conto degli errori del recente passato.
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Si salveranno probabilmente anche Blue Beetle e Black Canary, ma stando alla strategia "caso per caso" di Zaslav bisognerà attendere comunque i test screening ed eventuali o possibili problematiche per capire se saranno scartati o meno. E andando oltre la DC, sotto la nuova gestione è quasi certo l'addio al franchise di Animali Fantastici, economicamente deludente e creativamente caotico. Il Wizarding World di Harry Potter sarà probabilmente rilanciato sia al cinema che in streaming esattamente come il DCEU, con nuovi progetti "credibili ed entusiasmanti", che sembrano essere i due aggettivi più emblematici e rappresentativi della nuova era appena instauratasi in casa Warner Bros. Ci sarà tempo per capire se la strategia sarà vincente o meno, ma tutte le scelte prese finora fanno pensare all'ideazione di un piano che possa trainare nuovamente verso lidi più luminosi la società. E in questo, come spiegato all'inizio, Zaslav è un esperto da più di 30 anni.