Recensione Talk Radio (1988)

Uno dei migliori film mai realizzati da Oliver Stone. Sporco, cattivo, cupo e pericoloso, alieno da ogni compromesso nel tratteggiare con sguardo impietoso la società americana e l'odio razziale e antisemita che serpeggia al suo interno.

Voci nella notte

Oliver Stone adatta per il grande schermo il monologo teatrale scritto dallo "one man show" Eric Bogosian ed ispirato all'omicidio dello speaker radiofonico di Denver Alan Berg, ucciso nei primi anni '80 da un gruppo antisemita. Bogosian interpreta un deejay ebreo di Dallas conduttore di "Voci nella notte", programma radiofonico a telefono aperto su un'emittente locale. È il ritratto sfaccettato di un personaggio contraddittorio, affascinante ed egocentrico. Barry Champlain è un provocatore ruvido e rabbioso, non fa niente per essere amato né dagli ascoltatori né nel privato e man mano che la sua fama cresce lui alza il tiro per colpire il maggior numero possibile di bersagli, dai moralisti ai razzisti, dagli omofobici ai simpatizzanti dell'estrema destra xenofoba, e non risparmia insulti ed umiliazioni a nessuno. Inevitabilmente l'odio ed il disprezzo verso il conduttore crescono proporzionalmente alla fama del programma e la notte prima di andare in onda in diretta nazionale Barry viene ucciso da uno squilibrato.

Uno dei migliori film mai realizzati da Oliver Stone. Sporco, cattivo, cupo e pericoloso, alieno da ogni compromesso nel tratteggiare con sguardo impietoso la società americana e l'odio razziale e antisemita che serpeggia al suo interno. La sceneggiatura scritta dall'ottimo Eric Bogosian insieme a Stone, che attinge in parte al libro di Stephen Singular "Talked to Death: The Life and Murder of Alan Berg", è acuta ed intelligente, l'interpretazione di Bogosian semplicemente incredibile. L'attore abbandona tutte le proprie difese calandosi completamente nei panni di Barry Champlain, impossessandosi interamente dello schermo fino al monologo isterico e autodistruttivo che precede l'amaro finale dove il conduttore realizza inaspettatamente la trappola che si è creato da solo ed ha un improvviso blocco in onda. Il protagonista di Talk Radio è molto più di un semplice "provocatore calcolato" pagato per scioccare il pubblico, egli è il fustigatore delle psicosi nazionali, un profeta che non ha paura di dire la verità e, dal suo microfono, grida al pubblico ciò che questo non vorrebbe mai sentirsi dire sentire: che la società americana è bigotta, piena d'odio, stupida e violenta, che è permeata da molteplici forme di razzismo e che non ha imparato niente dal proprio passato (il vero Alan Berg, infatti, morì per mano di un componente del Ku Klux Klan negli anni '80).

Come molti altri film di Stone, Talk Radio è un'amara satira sull'America e sulla direzione intrapresa dalla sua società; la voce messianica che il regista sceglie per incarnare il suo pensiero non è però pacifica e moralista, ma appartiene ad un personaggio ambiguo e ricco di sfaccettature, allo stesso tempo eroe e cattivo, carnefice e vittima, molto spesso sgradevole, ma ferocemente sincero. Lo stesso film risulta tutt'altro che facile da assorbire sia per il messaggio contenuto che per la natura della vicenda: Talk Radio si svolge infatti per la maggior parte all'interno di uno studio radiofonico, dove nel corso della trasmissione notturna la tensione e il senso di minaccia che incombono sul protagonista aumentano progressivamente fino al parossismo. La macchina da presa si muove costantemente intorno a Bogosian accentuando la dimensione claustrofobica della pellicola fino allo scoppio di violenza del finale asciutto e lapidario. Nessuna concessione alla pietà o alla commozione, ma piuttosto un'acuta riflessione sulla direzione intrapresa dalla società e dagli orrori della natura umana.

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4.0/5