Vittime dell'esistenza
Non ti muovere è un dramma struggente da leggere in libreria o seguire al cinema con fazzoletto alla mano. Una storia portata in grembo e partorita da Margaret Mazzantini che ha visto la luce grazie a Mondadori e ricevuto il Premio Strega nel 2002. Il film è stato concepito come un figlio da Sergio Castellitto, marito della scrittrice, che l'ha cresciuto durante le fasi dell'adattamento insieme alla moglie destinando a se stesso il ruolo dell'angustiato personaggio principale, Timoteo. Lui stesso afferma che «Margaret entra nella testa e nello stomaco degli uomini in un modo che quasi mi spaventa».
Il romanzo è narrato in prima persona da un uomo di circa cinquanta anni, medico chirurgo, che ha trascorso gran parte della sua vita in anestesia totale vivendo in un isolamento interiore senza esserne consapevole. Una donna, come spesso accade, è la chiave di volta, il suo risveglio dal torpore. Una donna con un nome spropositato, Italia, capace di diventare un amore extraconiugale tanto squallido in superficie quanto travolgente e viscerale. A distanza di quindici anni, in un immaginario dialogo con la figlia sotto i ferri per un intervento chirurgico, Timoteo ripercorre la strada sterrata dei suoi ricordi fino agli anni '80, tra le canzoni di Toto Cutugno e degli Europe, gettando di fronte a se stesso la maschera di cinismo per rivelare il suo lato pusillanime e violento.
Il film di Castellitto evita sapientemente l'uso della voce fuori campo restando fedele al libro ed ha il pregio di estrapolarne la forza visiva e l'imperante carica emotiva. Traspare distintamente che la passione, la potenza della vita e la creazione della stessa siano un patrimonio di dominio femminile e che la personalità maschile, di una caratura ben più modesta, non possa che esserne travolta senza avere una predisposizione genetica a reagire quanto meno dignitosa. È estasiante la bravura delle due protagoniste, Penélope Cruz (che recita in un ottimo italiano) e Claudia Gerini, capaci di trasmettere autenticamente il disagio dei rispettivi personaggi di fronte ad un uomo vigliacco, bugiardo, responsabile ma non colpevole, vittima della crudezza della vita, la cui unica discriminante è di essere un uomo.